Daniel Farson, figlio del leggendario corrispondente americano Nogley Farson, fu giornalista, scrittore, fotografo e conduttore di programmi televisivi di successo.
Mentre lavorava come fotografo per Picture Post, capitò a Soho e conobbe Francis Bacon, col quale strinse un’amicizia durata quarant’anni.
Nel 1958 realizzò un’intervista televisiva (il programma si chiamava The Art Game) col pittore irlandese trapiantato a Soho, che all’epoca era alla sua prima apparizione nel tubo catodico: dalle tre ore originali, durante le quali Farson e Bacon consumarono una quantità incredibile di ostriche e champagne, il girato venne ridotto a quindici minuti.
Ma quell’epica intervista non sopravvisse al tempo: la casa di produzione (si chiamava Associated-Rediffusion, è estinta e quindi non gli facciamo pubblicità negativa), non si sa perché, perse i diritti del filmato originale, che venne distrutto.
Del girato rimasero solo il copione e i dialoghi.
La rubrica ZITTIZITTI riprende (più o meno) le stesse domande che Daniel Farson pose a Francis Bacon quel fatidico giorno (era il pomeriggio del 27 agosto 1958).
A che pro?, si chiederanno i nostri piccoli lettori: né per erudizione, né per compiacimento e nemmeno per imbastire fastidiosi quanto inutili confronti ma, semplicemente, perché le domande di Daniel Farson riguardavano la vita.
Che, come disse Francis Bacon citando Friedrich Nietzsche:
[La vita] è così insensata che potremmo anche cercare di farne qualcosa di straordinario
E anche questa nuova rubrica kritika è un po’ insensata. E, forse, spero, anche un po’ fuori dall’ordinario.
Di Giovanni Frangi qui su KritikaOnline vi abbiamo parlato poco fa, in occasione della sua personale alla M77 Gallery di Milano, dove ha portato 24 lavori di grandi dimensioni in cui le concrezioni erboree, le forme vegetali, i rami, le foglie, gli arbusti e le ninfee si proiettano in uno spazio “oltre-terrestre”, il nero cosmico su cui la giungla sopravviene, dalla terra, come una reminiscenza silvana, trasfigurata, potenziata a livello universale.
Ve lo proponiamo ora in veste inedita, attraverso un dialogo fuori dal tempo e fuori dallo spazio: come su accennato, le domande che seguono sono le stesse che Daniel Farson pose a Francis Bacon quel memorabile pomeriggio dell’agosto 1958.
I due illustri figuri li poterono vedere e ascoltare, una e una sola volta, gli spettatori britannici di The Art Game.
Ma ora l’eco di quella grande intervista del passato ritorna qui, a noi, riattualizzata con le parole del grande Daniel Farson a colloquio con altrettanto grandi pittori della nostra epoca.
Cittadine e cittadini, Giovanni Frangi.
Buona lettura e buona visione.
Daniel Farson a.k.a. Emanuele Beluffi: Dipingi per denaro?
Ho sempre amato vendere i miei quadri, uno dei miei primi quadri col Monte Rosa l’ho venduto due volte. Ti assicuro che non è facile: è un modo di farli viaggiare, possono vedere delle cose nuove, prendono aria e possono migliorare e magari invecchiare con decenza.
Allora perché esponi?
In realtà io espongo da sempre solo perchè mi serve per chiarirmi le idee. Mi piace vedere i miei quadri come se fossero fatti da altri, li giudico meglio. Per questo ho quasi una sindrome espositiva e se non ho una mostra nell’aria soffro di crisi d’astinenza.
Vuoi dire che se avessi denaro sufficiente non esporresti?
Evidentemente no.
Non ti dispiacerebbe se i tuoi quadri non venissero visti da nessuno?
Certamente sì.
Ma se non ti dispiacesse, continueresti a dipingere?
Forse sì.
Molte persone si sentono imbrogliate quando visitano una galleria perché tutta la faccenda è molto diversa da quello che credono: non è questa una delle cose che dovrebbe fare l’arte, rivelare cose alla gente?
L’arte è anche un grande imbroglio, ma quando è necessario allora diventa indispensabile, risponde a una domanda cui non sappiamo dare una risposta.
Come si può stabilire che cosa è buono o cattivo tra tutte le cose che vengono prodotte oggi?
Abbastanza impossibile, l’arte riguarda anche l’eleganza, bisogna solo basarsi solo su se stessi, sul proprio gusto, sullo stile. Sarà il tempo a stabilire se ci eravamo sbagliati. Quanti artisti hanno rivissuto una seconda o una terza vita dopo che non c’erano più? Non è facile prevederlo, ma il valore dell’arte in fondo può essere anche provvisorio e può bastare avere quei famosi quindici minuti di celebrità.
I pittori dell’Action Painting fanno a meno del pennello. E’ solo il fine che conta. Non importa se la tua opera consiste in te che te ne vai in giro in bicicletta o che cosa fai di essa. Non è, questa, una novità in pittura?
In effetti i pittori dell’Action Painting hanno rappresentato uno di quei momenti magici che si ripetono raramente, comunque è certamente chiaro che conta solo il risultato, non il metodo.
Un cattivo pittore può dipingere un buon quadro?
Molto difficile.
Quanti pittori riescono a ottenere quello che vogliono?
Non lo so, io normalmente no ma è molto meglio così.
Pensi che l’arte sia veramente importante?
Per me sì.
Ha importanza che la maggior parte delle persone non comprenda l’arte moderna?
No, anzi è meglio. Il linguaggio dell’arte si deve sempre scoprire: come una lingua straniera si impara meglio da piccoli, ma poi basta imparare ad ascoltare e avere un po’ d’orecchio.
Diresti che la fotografia ha spinto l’arte in una direzione completamente diversa?
Non credo, piuttosto penso che possa essere un grande vantaggio poterla utilizzare. Io ad esempio la uso spesso, mi dà sicurezza e mi indica spesso quello che devo fare.
Non si potrebbe dire che oggi, più di prima, i pittori dipingano per altri pittori?
Credo che i pittori abbiano sempre dipinto solo per se stessi, poi capita che il lavoro di altri pittori possa avere ancora qualcosa da dire e questo messaggio arrivi subito – ma anche dopo molto tempo.
E’ necessario essere in grado di riprodurre perfettamente le sembianze di qualcuno per essere in grado di dipingere un grande quadro?
Credo proprio di no.
Credi che abbia senso parlare di arte?
E’ come dire se ha senso parlare di calcio o del tempo, certo l’arte fa parte della vita di tutti i giorni e ci permette di capire un sacco di cose, spesso ci fare stare meglio, altre volte peggio, ma sempre ci può dare una bussola per orientarci.
Se tu potessi dire tutto sull’arte, dipingeresti?
Ma sì, la bellezza dell’arte sta proprio nel fatto che ci dice qualcosa che non possiamo raccontare con le parole, ma solo con le immagini.
Ha qualche importanza per te il fatto che alcune persone non siano in grado di comprendere i tuoi quadri?
Preferisco quando li capiscono!
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