ZITTIZITTI | ALESSANDRO BUSCI

0 Posted by - June 14, 2015 - Interviste

Daniel Farson, figlio del leggendario corrispondente americano Nogley Farson, fu giornalista, scrittore, fotografo e conduttore di programmi televisivi di successo.

Mentre lavorava come fotografo per Picture Post, capitò a Soho e conobbe Francis Bacon, col quale strinse un’amicizia durata quarant’anni.

Nel 1958 realizzò un’intervista televisiva (il programma si chiamava The Art Game) col pittore irlandese trapiantato a Soho, che all’epoca era alla sua prima apparizione nel tubo catodico: dalle tre ore originali, durante le quali Farson e Bacon consumarono una quantità incredibile di ostriche e champagne, il girato venne ridotto a quindici minuti.

Ma quell’epica intervista non sopravvisse al tempo: la casa di produzione (si chiamava Associated-Rediffusion, è estinta e quindi non gli facciamo pubblicità negativa), non si sa perché, perse i diritti del filmato originale, che venne distrutto.

Del girato rimasero solo il copione e i dialoghi.

La rubruca ZITTIZITTI riprende (più o meno) le stesse domande che Daniel Farson pose a Francis Bacon quel fatidico giorno (era il pomeriggio del 27 agosto 1958).

A che pro?, si chiederanno i nostri piccoli lettori: né per erudizione, né per compiacimento e nemmeno per imbastire fastidiosi quanto inutili confronti ma, semplicemente, perché le domande di Daniel Farson riguardavano la vita.

Che, come disse Francis Bacon citando Friedrich Nietzsche:

[La vita] è così insensata che potremmo anche cercare di farne qualcosa di straordinario

E anche questa nuova rubrica kritika è un po’ insensata. E, forse, spero, anche un po’ fuori dall’ordinario.

Come un po’ fuori dell’ordinario sono le vedute urbane di Alessandro Busci, che, come scrisse l’ottima Ada Masoero in occasione della sua mostra alla Triennale di Milano, più che “vedute” sono visioni urbane.

Come infatti ci confermerà il pittore milanese (e noi fortissimamente ne conveniamo), l’arte visuale non è mai mimetica (a dispetto di una lunga tradizione in senso contrario avviata da Aristotele), ma sempre “astratta”, nel senso etimologico del termine: togliere da, superare, allontanarsi dalla realtà immediata.

E chi non ne è convint*, vada a rileggersi gli scritti dello storico e critico d’arte Matteo Marangoni!

Del resto, già l’avevamo vista al MAGA di Varese, questa “trasformazione del reale” operata da Busci: pura magia, come scrisse l’illustrissima Dejainira Bada.

Vi proponiamo ora un Alessandro Busci in veste inedita, attraverso un dialogo fuori dal tempo e fuori dallo spazio: come su accennato, le domande che seguono sono le stesse che Daniel Farson pose a Francis Bacon quel memorabile pomeriggio dell’agosto 1958.

I due illustri figuri li poterono vedere e ascoltare, una e una sola volta, gli spettatori britannici di The Art Game.

Ma ora l’eco di quella grande intervista del passato ritorna qui, a noi, riattualizzata con le parole del grande Daniel Farson a colloquio con altrettanto grandi pittori della nostra epoca.

Cittadine e cittadini, Alessandro Busci. Buona lettura e buona visione.
 

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Alessandro Busci, Montagna vento, 2015 40×40 cm

 
Daniel Farson a.k.a. Emanuele Beluffi: Dipingi per denaro?

Il denaro è solo un piacevole effetto collaterale. Dipingere rientra tra i sogni dei bambini, come fare l’astronauta.

Allora perché esponi?

Per il confronto con il resto del mondo.

Vuoi dire che se avessi denaro sufficiente non esporresti?

Al contrario. Esporrei preoccupandomi meno dei costi di produzione e facendo al meglio ogni cosa che accompagna una mostra: allestimento, luci, catalogo, inviti, ufficio stampa et cetera et cetera.

Non ti dispiacerebbe se i tuoi quadri non venissero visti da nessuno?

A inizio carriera ti preoccupi della quantità di persone da raggiungere, con la maturità capisci che è importante la qualità. Non si dipinge solo per gli altri, ma anche per loro. Soprattutto, credo nella comunicazione a distanza, nel tempo e nello spazio, fra menti e sensibilità. Un pittore spagnolo del Seicento può avermi commosso oggi pomeriggio e questa comunicazione a distanza per me rimane il miracolo della pittura.

Ma se non ti dispiacesse, continueresti a dipingere?

Immagino di sì. Rimane comunque un’esigenza intima che non si riesce a domare, per questo i bambini e i pazzi dipingono tanto e bene.

Molte persone si sentono imbrogliate quando visitano una galleria perché tutta la faccenda è molto diversa da quello che credono: non è questa una delle cose che dovrebbe fare l’arte, rivelare cose alla gente?

Non bisogna mai confondere l’arte con il mercato dell’arte.

Come si può stabilire che cosa è buono o cattivo tra tutte le cose che vengono prodotte oggi?

La difficile regola da seguire è quella della verità. Un autore vero sarà alla fine anche buono. Ci sono diversi fattori storici e soggettivi che comunque complicano l’analisi. Il paradosso dell’arte è che si occupa dell’assoluto in un mondo relativo. Solitamente però il tempo stabilisce i valori.

I pittori dell’Action Painting fanno a meno del pennello. E’ solo il fine che conta. Non importa se la tua opera consiste in te che te ne vai in giro in bicicletta o che cosa fai di essa. Non è, questa, una novità in pittura?

In pittura ci sono tante microscopiche novità ad ogni scelta tecnica o concettuale del pittore. Pensiamo alle piccole evoluzioni nell’opera di Morandi. Alla storia dell’arte però piacciono le grandi rivoluzioni. Anche il tremore della matita in una piccola carta di Morandi rimane Action Painting.

Un cattivo pittore può dipingere un buon quadro?

Anche l’orologio rotto segna due volte al giorno l’ora giusta.
 

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Alessandro Busci, aeroporto_china, 2010, china su carta giapponese 40×60 cm

 
Quanti pittori riescono a ottenere quello che vogliono?

I pittori più tormentati rimangono i più affascinanti. L’arte è ricerca e tensione.

Pensi che l’arte sia veramente importante?

Fondamentale.

Ha importanza che la maggior parte delle persone non comprenda l’arte moderna?

Non mi piace il verbo comprendere, sembra più adatto ad un problema di matematica. Si dovrebbe avere passione e la passione di solito nasce con la frequentazione.

Diresti che la fotografia ha spinto l’arte in una direzione completamente diversa?

Immagino sia vero, ma le influenze fra le discipline sono continue, complesse, reciproche, inaspettate e imprevedibili.

Non si potrebbe dire che oggi, più di prima, i pittori dipingano per altri pittori?

Non direi più di prima, ma confermo che sia vero.

E’ necessario essere in grado di riprodurre perfettamente le sembianze di qualcuno per essere in grado di dipingere un grande quadro?

Potrei dire il contrario. Come sosteneva Meret Oppenheim, “la natura è una sorgente che va elaborata, non imitata né rappresentata”.

Credi che abbia senso parlare di arte?

Dipende dal come se ne parla, in generale parlare di arte è come parlare di sesso, non è la stessa cosa che farlo ma può essere divertente e c’è una ricca letteratura.

Se tu potessi dire tutto sull’arte, dipingeresti?

Se quello che si dipinge si potesse descrivere a parole non ci sarebbe bisogno di dipingere, diceva Courbet.

Ha qualche importanza per te il fatto che alcune persone non siano in grado di comprendere i tuoi quadri?

L’osservatore è spesso sorprendente nelle sue valutazioni, per cui ho imparato a non sottovalutare nessuno. Se non capisce adesso, capirà poi. Oppure significa che non c’è niente da capire, le lezioni spesso sono reciproche.
 

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