Anche quest’anno la fiera d’arte di Lugano dedicata alla carta (anzi: “The International Art Fair devoted to works on paper”, come recita il claim) verrà commentata non con le parole vane ma con l’occhio che tutto scruta: quello fotografico di Giacomo Vanetti, ormai “colui che vede le fiere d’arte per noi”, rigorosamente in b/n (Instagram giacomovanetti).
Le parole, vane,dette da chi scrive sono invece queste: alla fine della fiera (espressione da prendere in senso figurato e non), la persona che era con noi (e non era una persona qualunque, non possiamo svelarne il nome essendo agente sotto copertura) si è chiesta NON RETORICAMENTE dove fosse l’arte contemporanea lì dentro.
In effetti, se per “contemporaneo” intendiamo il nuovo che avanza (duplice il valore semantico dell’espressione), allora di nuovo nuovo c’era niente.
Ma chi, come lo stesso autore del presente articolo, va alle fiere non per fare cose e vedere gente (e nemmeno per trascorrere un tranquillo weekend di paura), ma perché gli piace e basta, allora avrà i suoi motivi per ritenersi soddisfatto.
Qualità più che buona, qualcuno dirà i soliti nomi -e chi se ne frega -, ma vedere i soliti Busci e Frangi e Music insieme ai meno ageé come Alfio Giurato, Sergio Padovani o Margherita Leoni o Andrea Collesano è sempre un gran bel vedere.
Lugano val bene una messa, anche quando ti chiudono la strada per accedere alla fiera costringendoti a circumnavigare la montagna.
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