A Palazzo Ca’ Corner della Regina è di scena l’imperdibile When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013 curata da Germano Celant, in dialogo con Thomas Demand e Rem Koolhaas. Non solo le immagini, le opere d’arte, gli oggetti di design, i dischi, i film, gli accessori e gli abiti di moda si riproducono, ma per la prima volta anche le mostre. E’ stata “riesumata” alla Fondazione Prada di Venezia una mostra che nel 1969 cambiò le modalità espositive e curatoriali dell’arte contemporanea:l’emblematica esposizione curata da Harald Szeemann alla Kunstalle di Berna. Una mostra interamente ricostruita, anche grazie alla collaborazione del Getty Research Institute di Los Angeles (sede dell’archivio di Szeemann), con opere originali o ricostruite, documenti inediti, fotografie, lettere di spiegazione degli artisti, con una fedeltà filologica ineccepibile, senza feticismi o nostalgie passatiste.
La mostra ripropone in modo letterale la mostra Live Your Head. When Attitudes Become Form. Work-Concepts-Process-Situations-Information di Harald Szeemann, progetto insuperabile per l’approccio esperienziale tra opera, artista, curatore e visitatori. Per capire questa operazione è necessario rispolverare il concetto di reday made, quando Marcel Duchamp issò sullo sgabello una ruota di bicicletta in Bicycle Wheel (1913) e la collocò in musei e gallerie, spostando così la nostra attenzione dall’abilità tecnico-esecutiva al prelievo, alla decontesualizzazione e riproduzione, attribuendo all’oggetto d’uso quotidiano altri significati: l’arte contemporanea è permeata di vita, ed è ovunque. Digerito questo concetto, sappiamo che l’opera d’arte dipende da come la si percepisce e da dove la si colloca: allora non è così difficile passare dalla riproduzione di un singolo oggetto a un’intera mostra, intesa come medium linguistico. Un dispositivo del pensiero, che funziona come stimolo cognitivo.
Celant, che vide la mostra a Berna, nella ricostruzione nella sede veneziana ha spogliatoi reperti delle utopie proprie dell’epoca della “contestazione” e li ha ricontestualizzati nel nostro tempo disincantato e cinico, che “anatomizza” in maniera critica e scientifica il processo di realizzazione dell’opera stessa. Pochi videro la versione originale della mostra allestita nell’austero edificio museale della Kunstalle di Berna: per tutti gli altri questa è l’occasione di conoscere, scoprire e capire perché essa abbia segnato il nostro modo di concepire le opere in relazione allo spazio.
Come spiega Celant,
il gesto curatoriale produce un ulteriore artefatto che è la mostra
E a Palazzo Ca’ Corner il passato e il presente s’innestano nella ricostruzione in scala 1:1 delle stanze moderne della Kunstalle di Berna – compresi pavimenti, caloriferi, muri e altri dettagli relativi alle installazioni e agli oggetti d’arte ri-presentati e pensati da una generazione di giovani artisti che nel’69 sperimentavano forme e linguaggi alternativi a quelli tradizionali, con l’intento di “occupare” in maniera dialettica gli ambienti della Kunstalle, partendo dalla sparizione del piedistallo, appoggiando le opere direttamente a terra o al muro per creare nuove tensioni, relazioni, dinamiche, alterando la percezione dello spazio.
La mostra “di Celant”, preziosissima sul piano didattico perché ha ricostruito alcune opere mancanti o disperse, è stata trasformata in un gigantesco ready-made e in un reperto archeologico: alla Fondazione Prada vedrete ottantadue artisti, ex rivoluzionari, allora contestatori, contro tutto e tutti, oggi ricchi e fagocitati dal mercato dell’arte (molti di questi sono ancora viventi e hanno collaborato alla realizzazione del remake della mostra). Di diversa provenienza e formazione gli autori che negli anni Sessanta e Settanta hanno condiviso cultura, sensibilità e una nuova idea di fare arte, volutamente antiestetica, non duratura, di area post Pop e post Minimal, in cui erano dominanti la Process Art, la Land Art, la Conceptual Art, l’Anti-form, la Body Art e l’Arte Povera. Queste seconde avanguardie storiche avevano come principali ambiti di ricerca la sperimentazione delle molteplici possibilità espressive e formali di materiali organici e industriali, assumendo col passare del tempo nuovi significati metaforici e strutturali.
Tra gli altri artisti riconoscerete Carl Andre, Giovanni Anselmo, Richard Artschwager. Emozionante la stanza di Joseph Beuys, Alighiero Boetti, Nicola De Maria – scomparso di recente -, Jan Dibbets, Michael Heizer, Eva Hesse, i sacchi di Jannis Kounellis ricolmi di cereali, Sol LeWitt, Richard Long, Mario Merz, Bruce Nauman, Claes Oldenburg, Robert Ryman, Richard Serra, Lawrence Weiner, Pierpaolo Calzolari, Gilberto Zorio, Pino Pascali. Qui troverete una carrellata di opere pubblicate sui manuali di storia dell’arte contemporanea, non sculture né pitture, bensì, come suggerisce il titolo per esteso della mostra di Szeemann, lavori, concetti, processi, situazioni, eventi in bilico tra naturale e industriale. Un’osmosi di storia di vita e di idee materializzate in “attitudini di forme ” attraverso un dialogo tra il curatore e gli artisti.
L’intento di ridare nuova energia a un processo espositivo rivoluzionario inventato da Szeemann si percepisce a partire dal piano terra, dove la radicale sovrapposizione delle piante di due edifici di epoche e luoghi diversi presenta il reenactment delle opere originarie realizzate all’esterno della Kunstalle, mentre al piano nobile e al secondo piano ammezzato si trova la riproduzione della mitica mostra di Szeeman, così come fu allestita ai piani inferiore e superiore della Kunstalle a Berna, incluse le installazioni site-speciic, escludendo i lavori non più esistenti o non disponibili al prestito. Per quanto possibile le opere mancanti sono state ricreate o sostituite con copie dello stesso periodo e simili a quelle originali. Altrimenti, si è denotata la loro assenza con sagome rettangolari tracciate sul pavimento o sulle pareti, associate a una fotografia dell’opera corrispondente. Mentre al terzo piano è stata riallestita la mostra ospitata alla Schulwarte, uno spazio espositivo secondario in una scuola di fronte alla Kunstalle: ma la mancanza quasi totale di documentazione rende questa parte più misteriosa e irriproducibile, perché connaturata allo spazio non finito. Emana un’energia inenarrabile, con opere che si relazionano a un’area della Fondazione Prada prima non utilizzata. Questo spazio potenzia la vitalità intrinseca alle opere processuali, dinamiche, includendo quelle che dovevano essere a Berna, ma che per varie ragioni non vennero esposte e pertanto non furono fotografate. La mostra non è solamente una citazione archeologica di taglio storicistico, pedagogico e divulgativo, ma anche una riproposizione del ruolo critico-curatoriale, che produce pensiero in relazione al nostro tempo.
When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013
Fondazione Prada presso Ca’ Corner della Regina
Calle de Ca’ Corner
Santa Croce 2215
30135 Venezia
Vaporetto San Stae – Linea 1 e Vaporetto dell’Arte
www.prada.com
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