Teodoro Wolf Ferrari, quel Simbolista che illuminò le tenebre

0 Posted by - March 7, 2018 - Recensioni

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Teodoro Wolf Ferrari, Betulle e glicini, 1919 olio su tela, 165 X 120 cm. Collezione privata

Teodoro Wolf Ferrari, Betulle e glicini, 1919
olio su tela, 165 X 120 cm. Collezione privata

Maurizia Tazartes

Dal buio alla luce. Potrebbe essere sintetizzato così il percorso di Teodoro Wolf Ferrari (Venezia, 1878-San Zenone degli Ezzelini 1945), un pittore di qualità ma oggi poco noto. A riproporlo al pubblico è una mostra aperta a Conegliano (Palazzo Sarcinelli, 2 febbraio-24 giugno 2018), con il titolo Teodoro Wolf Ferrari. La modernità del paesaggio (catalogo Marsilio).

La rassegna, che riunisce per la prima volta settanta opere, dipinti, acquarelli, vetrate, pannelli decorativi dell’artista e contesto, giunti dagli eredi, collezionisti e galleristi, è curata da Giandomenico Romanelli con Franca Lugato.

Teodoro era figlio del pittore tedesco August Wolf e di Emilia Ferrara, fratello del musicista Ermanno Wolf Ferrari, le cui musiche accompagnano la mostra.  Una vita tutta dedicata all’arte, tra studi all’Accademia veneziana, soggiorni a Monaco per affratellarsi con nuovi movimenti europei come Jugendstil e Scuola di Vienna. Partecipazione a importanti mostre come l’Esposizione internazionale per le arti decorative di Torino del 1902 e le Biennali di Venezia. Adesione e sperimentazione nella Galleria di Ca’ Pesaro, crogiolo di pittori antiaccademici, di cui Teodoro diviene uno degli esponenti di spicco. Proprio in quella sede nel 1910 espone 52 opere, che due anni dopo saranno presentate a Stoccolma e ad Hannover.

Nel 1924, inviato in Libia da Vittorio Emanuele III, dipinge paesaggi coloniali. Al ritorno in Italia aderisce a varie esposizioni, vivendo tra Venezia e San Zenone.

Teodoro Wolf Ferrari, L'isola misteriosa, 1917 olio su tela, 76 X 97 cm. Collezione privata

Teodoro Wolf Ferrari, L’isola misteriosa, 1917
olio su tela, 76 X 97 cm. Collezione privata

Uno sguardo alle opere nelle sette sezioni è sufficiente per coglierne bellezza e personalità. Le prime cupe, in ambito simbolista, come Bufera, Paesaggio notturno, Notte, tutte e tre del 1908, L’isola misteriosa del 1917 riprendono L’Isola dei morti di Böklin e le sue varie versioni, in parallelo ad altri artisti europei, come Otto Vermehren, di cui è esposto un analogo soggetto.

Luce e colore irrompono nel secondo decennio con decorazioni su vetro come quelle dei tre pannelli liberty Paesaggio, Case, Betulle, del 1912, negli oli su tela come Betulle, 1916, e Betulle e glicini del 1918.  Opere che risentono dei pittori d’ avanguardia di Pont-Aven, Gauguin, Bonnard, Sérusier, nabis, fauves.

Note gentili e solari arrivano negli anni Venti -Trenta con paesaggi neo impressionisti come la Veduta di San Zenone degli Ezzelini (1921), vibrante di colore, con dense pennellate o con quella suggestiva Sera di Settembre (1933), in cui due pagliai dormono sotto un brillante  e fosforescente cielo azzurro.

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