Nei disegni di Simona Bramati emerge la commistione fantastica fra la forma umana e quella vegetale. Simbolicamente, l’artista ci chiederà di tornare alla dimensione appena primordiale della vita? I disegni mostrano che la forma vegetale in prevalenza si percepisce come accogliente. Le chiome immediatamente s’apriranno verso la più riposante dimensione dell’infinito. In basso, avviene che le radici perdano il loro attaccamento alla terra. Sospese nel vuoto, esse potrebbero quasi fluttuare. Gli ultimi residui della terra alla fine saranno “pompati”, mentre soffierà il vento, in alta quota. C’è un disegno in cui le radici si confondono virtualmente fra i capelli, sciolti, di tre donne. Sempre la pettinatura si può percepire come ondeggiante. Un altro disegno ci mostra che le radici si sostituiscono al costato di più uomini. Sembra che loro possano tornare a respirare, contro la secchezza solo nichilistica del teschio. Ove fluttuassero nel vento, le radici ricostruirebbero un “polmone rivitalizzante”, dentro il costato.
Fantasticando, l’uomo idealmente tornerà agli albori di se stesso. Nell’infanzia abbiamo la percezione d’essere più immersi nel mondo. L’assunzione delle proprie responsabilità si richiede massimamente agli adulti, ma solo quella insegna a distinguersi, nella vita con gli altri. Simona Bramati cerca l’avvicinamento fra le forme dilatanti e (di contro) restringenti. Le articolazioni solo scheletriche della persona magicamente si rivitalizzeranno, acquisendo d’intensità, se percepite dentro lo sviluppo rigoglioso della chioma. I sogni avvengono quando i pensieri si succedono gli uni sopra gli altri, nell’immersione di se stessi, sotto gli istinti primordiali dell’inconscio. Nessuno potrà davvero distinguerli, se la riflessione concettuale si limiterà a sorvolare (comprendendo poco e male). L’artista ama raffigurare i corvi, o forse le cornacchie. Avendo il piumaggio nero, tali uccelli simboleggeranno un sorvolo assai inquietante, fra gli scandagli d’un mero pensiero osseo (senza il rivestimento del significato concettuale) sugli istinti primordiali dell’inconscio, con le loro chiome (in quanto capaci d’esplodere da un momento all’altro). Qualcuno immaginerà che sia le radici sia le ramificazioni a volte fungano pericolosamente da miccia. Essa brucerebbe la vitalità delle persone (sino a mostrarcene lo scheletro), entro l’esplosione dei desideri primordiali.
I disegni di Simona Bramati si devono percepire in chiave dialettica. L’atmosfera sospesa nel vuoto (col “pompaggio” delle radici che evocherà quello dei tentacoli nella medusa) sembra più riposante, laddove si sorvoli l’infinità. Nel contempo, le ramificazioni sarebbero state bruciate (nel proprio scheletro), a valle d’uno sviluppo esplosivo (sotto la vitalità delle chiome). Nei disegni di Simona Bramati pare che sognando l’uomo torni alla fanciullezza. Giocando con le parole, a lei interesseranno gli albori della coscienza come gli alberi della vita. Nella fanciullezza, noi siamo semplicemente “impiantati” nel mondo. Ancora ci mancherà la responsabilità di prenderne le distanze, giustificando su quello la nostra visione soggettiva. In sogno, con la successione continuamente “impiantata” dei pensieri (nel radicamento dei desideri repressi), passeremmo l’illusione di tornare all’età più “disimpegnata” della fanciullezza. Certo Simona Bramati ci esibisce anche l’inquietudine degli scheletri e degli “uccellacci”. Le persone vivrebbero così un incubo. Qualcosa che spaventa soprattutto i bambini.
Il filosofo Gaston Bachelard ricorda che il volo è sia leggero sia pesante. Sempre esso pare nella “turbolenza” di se stesso. Dentro la vena più immateriale dell’aria, si dà la resistenza alla gravità. Il volo simboleggerà bene la psiche umana. Questa è tale per i suoi “sbalzi” espressivi, nella continuità dell’esistenza. Per Bachelard l’immagine del cigno sembra dialettica. Le ali quasi a raggera, complici gli avviluppamenti delle piume (ad ispessirne la forma), si percepiscono come le incandescenze del Sole. Ma la colorazione è d’un bianco pallido, col collo visto a calare se stesso (ove s’inarchi all’indietro). Il cigno avrà una vena anche “lunare”. Per Bachelard, dentro l’illuminazione solare vale la metafora della coscienza. Di contro, la Luna si percepirà come la mente che sogni.
Nei disegni di Simona Bramati il “sorvolo” della soggettività (con la sua riflessione concettuale) sulla vitalità primordiale degli istinti repressi (nell’inconscio) avverrà tanto lievemente quanto pesantemente. Varie figure si restringeranno come le piume, dopo la loro “bruciatura scheletrica” (favorita tramite l’utilizzo della matita). Esse guadagneranno in leggerezza. Nel contempo, noi percepiamo la propulsione dentro le chiome e le radici, con tutta la “pesantezza” della repressione psicanalitica (contro la liberazione degli istinti primordiali). L’artista avrebbe disegnato una sorta di turbolenza vitalistica. Se le radici e le chiome fungessero da “reattori propulsori”, allora le ramificazioni (complici le ali degli “uccellacci”) permetterebbero d’assestare il sorvolo.
Visivamente, Simona Bramati non raffigura i cigni. Tuttavia, le persone si doterebbero “di ramificazioni ad ali” aventi una loro eleganza. La donna può indossare un capello lievemente appuntito come la piuma e i capelli sciolti finiscono virtualmente a ondeggiare. Le figure inoltre hanno il corpo che si restringe (verso lo scheletro). Alla fine, l’artista ne mostrerà il solo allungamento incurvante, sulla muscolatura in tensione. I corpi avranno una loro eleganza. Nei cigni, noi conosciamo l’allungamento incurvante sulle piume, sul collo e sul becco. I disegni di Simona Bramati hanno uno sfondo “pallidamente bianco”. Il sorvolo dagli albori della coscienza agli alberi della vita simbolicamente avverrà nel plenilunio, con tutti gli incubi del caso.
Il filosofo Georges Bataille ci chiede di riflettere “sentendo” di farlo, ovvero tramite la nostra interiorità. E’ basilare che il soggetto abbia in sé una coscienza di tipo appena impossibile. Bataille invita ad abbandonare la riflessione concettuale. Questa si pone tramite la delimitazione. I concetti inquadrano ogni cosa pensata, per cui ce la rendono possibile. Nell’esperienza del riso, dell’estasi, dell’erotismo o dell’arte per Bataille accade che la coscienza si dia unicamente sentendo se stessa, e dunque nella sua interiorità. Qui il pensiero concettuale ci illumina il “buio” di sé. Bataille scrive che l’esperienza interiore del riso, dell’estasi, dell’erotismo o dell’arte è per la nostra coscienza simbolicamente la “notte” del non-sapere. Enrico Ghezzi vi ravvede il “corpo nudo” alla fine della riflessione. La passionalità (la sensualità) si dà nella “macchia bianca” di se stessa: noi perduriamo ad illuminarla col pensiero, che tuttavia “si disperderà” dentro quella. Così l’esperienza interiore rende impossibile pure la liberazione della corporeità.
Nei disegni al plenilunio di Simona Bramati si percepirà una “notte” del non-sapere. La capigliatura nera può avvolgere la testa, quindi simbolicamente la mente. Se le ramificazioni “s’accendessero”, rispetto alle loro chiome (come i filamenti per il bulbo, nella classica lampadina), noi percepiremmo solo la “bruciatura scheletrica” del tratto nero, al “buio” della riflessione concettuale (ovvero, sotto “l’esplosione” dell’inconscio). L’artista esibisce una “corporeità nuda” alla fine dei desideri repressi. Alle radici manca naturalmente la chioma rigogliosa. In quelle, pare che l’albero sia comunque “nudo”, in quanto “rivestito” solo attraverso la “repressione” dell’interramento. In certi disegni, succede che il corpo umano si restringa, sino a diventare un piccolo fusto. E’ una nudità che deve virtualmente “accendere” il rivestimento delle chiome (come il filamento rispetto al bulbo, nella classica lampadina). Qualcosa che permetta alle radici sottostanti di “sorvolare”, in chiave fantastica, abbandonata la repressione dell’interramento. Il busto “a fusto” della persona ne “accenderebbe” i desideri più inconsci.
Prolusione realizzata da Paolo Meneghetti il 18|04|2013 presso Komà Art Gallery
Simona Bramati | I pensieri regolari mi distruggono
a cura di Togaci
Komà Art Gallery
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