LA BRUGHIERA AFONA ALLE CALCAGNE DEL NERO
Alla Galleria Apart Spazio Critico di Vicenza, dal 2 febbraio al 12 marzo 2017 si può visitare la mostra Acromate inquieto, con le pitture su tela o carta di Sergio Ragalzi. Esteticamente, pare che a lui interessi “strozzare” il bozzolo, o “stare alle calcagna” d’un virus. Tramite il titolo, ci ricordiamo che l’acromatopsia consente di vedere solo il bianco ed il nero. Qualcosa che si risolva nel chiaroscuro, dove tutta la vitalità del colore si farebbe “strozzare”. Più positivamente un bozzolo favorisce la crescita. Ma noi percepiamo pure la “vivacità” d’un virus, che in quanto parassitario sembra inquietante nel suo “stare alle calcagna”. Spesso, Sergio Ragalzi rappresenta la cavalletta: un insetto infestante per l’agricoltura. Essa poi salta addosso di continuo. Complice il dripping, pare che le zampe giungano a “schiantarsi” sulla parete d’appoggio. Ciò confermerà la percezione dell’infestamento. Sergio Ragalzi raffigura col nero, mentre lo sfondo bianco avrà un effetto “anoressizzante”, quasi stando “alle sole calcagna” d’una propagazione. Certamente, i bozzoli paiono più in ispessimento che in sfilacciamento. Una tonalità nera è “pesante” da percepire. I bozzoli di Sergio Ragalzi in via sinestetica avrebbero il suono tanto “ispessito” quanto “strozzato” d’una fisarmonica. Piace immaginare che, dal “calcagno” del mantice, le “ance parassitarie” ci saltellino addosso. Molti insetti hanno una figura “anoressizzante”: la cavalletta, la formica, la vespa ecc… Nei quadri di Sergio Ragalzi, non ci pare che lo sfondo bianco “disinfetti”, da una propagazione inquietante. Citando il racconto La metamorfosi, di Franz Kafka, quanto l’espressionismo astratto avrà provato a “schiantarsi” (complice il dripping) sugli “ispessimenti” del figurativismo? Con lo stesso nero di Franz Kline, Sergio Ragalzi esibisce il parassitismo dalla sua propagazione, mediante i probabili scarafaggi. E’ una sorta di “calcagno” inquietante, dove l’atarassia delle ombre metafisiche (citando Giorgio De Chirico) prende vita “nell’anoressia” dei “macchianti” virus (pur sempre a rintanarsi). Fra i probabili “scarafaggi” di Sergio Ragalzi, certamente risalterebbero le antenne. La nostra modernità conosce l’invasività del messaggio telematico, spesso allorché noi ci faremo ispessire dal sedentarismo. Sergio Ragalzi ci dipinge un espressionismo astratto che sta continuamente “alle calcagna” del suo propagarsi in figurazione. E’ l’inquietudine della macchia nera, in quanto “anoressizzante” per strozzamento sulla vivacità del cromatismo.
Corrado Govoni scrive che durante la “magia” della fiera, per un piccolo paese (dove normalmente non accade nulla d’interessante!), in fondo vi rimarrà solo la trombettina di latta, suonata da una bambina per i campi. Sembra la metafora d’un piacevole ricordo, che noi vorremmo “riecheggiare”. Nel contempo, Corrado Govoni menziona la “tromba” della grondaia, che continuerebbe a far scorrere l’acqua, nonostante la bellezza dei lampi e dell’arcobaleno sia già passata. La primavera diviene rappresentabile pure attraverso la lucciola, che magicamente accende “l’afona” brughiera.
Sergio Ragalzi avrebbe dipinto un virus letteralmente “di latta”, fra la robustezza ad ispessimento del nero e l’incorruttibile sfilacciarsi del bianco. Quantomeno la cavalletta, avendo le zampe, ci potrà rappresentare la metamorfosi d’una fisarmonica, il cui mantice “si propagherà a saltelli”. I bozzoli a volte parranno “grondanti”, mediante una “tromba” all’afono “calcagno” di sé. Forse, nei dipinti di Sergio Ragalzi, il virus sarà percepibile mediante la “latta” del parassitismo, avendo una lucentezza che ispessisca paradossalmente per “anoressia”. Tutto il “grondare” dei bozzoli non riecheggerà mai come dal più suadente sassofono. La latta si percepirebbe offrendo alla materia inorganica almeno “il calcagno” d’un virus, attraverso una lucentezza “annidata” nel brullo per strozzamento. Sergio Ragalzi quasi esibisce una “brughiera” della maturazione. Il bozzolo si propagherebbe in via ispessita e strozzante, come per un “macchiante” malware. Ricordiamo pure la tonalità pesantemente argentea dello stagno. Qualcosa che Sergio Ragalzi avrebbe dipinto, nel parassitismo del virus macchiante con la carta.
Jules Renard ha scritto che la cavalletta è il “carabiniere” degli insetti. Continuamente, quella s’accanirebbe alle calcagna “d’invisibili bracconieri”, peraltro senza mai acchiapparli… Una cavalletta è fitofaga, ed al massimo può saltare. Sergio Ragalzi ha esibito “l’inquieto accanimento” del dripping sul quadro. Più in generale, ci pare che egli metta l’espressionismo astratto “alle calcagna” del figurativismo, anche tramite “l’anoressia strozzante” del virus. Le cavallette sono dannose per lo stesso “cuore” della pianta, al fiore. Jules Renard scrive che le loro mandibole secernono una schiuma nera, a “sugo di tabacco”. Torna così la percezione del bozzolo rischiosamente “virale”. Il “sugo” del tabacco sembra un “calcagno” per la nostra respirazione. Sergio Ragalzi ricorre proprio al nero, per dipingere le cavallette (colpevoli di trasformare l’orto in una brughiera). Qualcosa che abbia l’afonia d’un mantice allo splatter, anziché il “sugo saporito (suadente)” della campana per il sax.
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