A Venezia, presso il celebre Palazzo Grassi, è visitabile fino al 31 Dicembre la personale di Rudolf Stingel, con una trentina di dipinti, sia astratti che figurativi (in cui si citano alcune sculture del passato, sulla loro base fotorealistica). L’esposizione, curata dallo stesso Stingel assieme al critico d’arte Elena Geuna, colpisce il visitatore soprattutto nel suo allestimento. Tutte le stanze del Palazzo Grassi sono state (per la prima volta) ricoperte da un unico tappeto. In particolare, l’artista vi ha stampato l’immagine d’un motivo pseudo floreale ed araldico, orientaleggiante, di colore rosso. E’ la sua citazione d’un tradizionale tappeto, il quale simbolicamente spinga i visitatori a volare con la fantasia.
Nei dipinti astratti di Stingel, pare che la tela si faccia strizzare (assumendo dei rilievi). E’ lo sforzo della rammemorazione, contro la perdita del passato. I rilievi diventeranno una rivelazione sinaptica. Il ricorso al tono metallico del grigio (complice l’argento) rivaluterebbe il mero annebbiarsi dell’oblio. A questo si conferirà l’improvvisa ed improvvisata brillantezza dell’immaginazione fantastica. Così il grigio si percepirà volando oltre se stesso, tramite le faville svanenti dell’argento. Il tappeto permette idealmente di modellare il duro pavimento, facilitando il nostro camminamento. E’ l’illusione di percepire la leggiadria del volo, forse, quando gli arti fluttueranno nell’aria. Ricordiamo che spesso il pavimento si ricopre con le mattonelle. Aventi una freddezza biancheggiante o ramata, quelle saranno ammorbidite sulla nuova terra svolazzante del tappeto, in grado di piegarsi (per i colpi di vento) e bruno (rivitalizzato dai motivi pseudo-floreali: quali le foglie, i fusti, le cortecce ecc…). I dipinti di Stingel assegneranno alla durezza dell’oblio (nella nebbiosità del passato, contro la trasparenza del presente) letteralmente una sospensione che si rimodelli (si forgi) continuamente in se stessa. Un tappeto paradossalmente sovraccarica, rispetto al suo pavimento. Ma nel contempo il nostro piede si sentirà accomodato. E’ una sospensione del pavimento, nel suo rimodellarsi per noi. Nell’uomo, la memoria sempre si sovraccarica dei dati esperienziali. Ma questi si sospenderanno, sul trapassare del tempo. Forse, l’immaginazione fantastica sarà argentea nella misura in cui noi la percepiamo a forgiarsi. Una vera e propria favilla della rammemorazione, contro il grigiore della dimenticanza. L’immaginazione fantastica si dà nell’improvvisazione. E’ una sospensione della memoria storica, la quale risplenderà freddamente. L’immaginazione fantastica quasi appesantisce la realtà empirica. La prima sovraccarica la seconda, ma positivamente forgiandola. Con l’immaginazione fantastica, tutta la freddezza della virtualità (nel suo astrattismo) paradossalmente si rivitalizzerà. L’argento in natura è il metallo che meglio conduce il calore e l’elettricità. L’organismo vivente sempre si forgia, oltrepassando le varie fasi della sua crescita. Stingel dunque esibisce una sorta d’astrazione che voli verso la fantasia d’una ri-configurazione. L’argento è un metallo molto duttile o malleabile. Nei dipinti di Stingel, esso si percepirà come il tappeto volante fra la nebbiosità dell’oblio e la lucidatura della rammemorazione. Artisticamente, sembra che lui avalli una possibile metallurgia della figurazione. Un tappeto permette al coevo pavimento di rimodellarsi, almeno a vantaggio dei nostri piedi, ammorbidendone il passo. Stingel persino lo farebbe svolazzare, tramite l’accensione rivitalizzante del grigio oblio, nella sua improvvisazione argentata. Quando l’incudine sostiene la matrice malleabile, il fabbro lo percuote col martello. Nei dipinti di Stingel, si può immaginare che l’astrattismo si scarichi sulla figurazione. E’ il momento in cui compariranno i rilievi. Con questi, l’astrattismo avrà percosso se stesso, cavalcando verso la sua ri-configurazione. Guardando da vicino i dipinti di Stingel, pare che le linee virtualmente coagulino. D’inverno, una cappa di nebbia forgerebbe la volta celeste, appesantendola. Stingel avanzerebbe una coagulazione dell’astrattismo, da rivitalizzare se non altro con l’improvvisazione fantastica. L’argento si percepisce nella freddezza della sua lucidatura. Un pittore classicamente informale come Emilio Vedova ci esibiva il battito delle linee astratte, fra di loro. Ora Stingel avrebbe provato letteralmente a tappezzarle, come se quelle potessero “rimodellarsi”. Le linee informali non batteranno contro l’interiorità del visitatore (come per Vedova), bensì oltre il proprio astrattismo.
Nel bowling, si sa che vinceremo ottenendo lo strike. Ciò avviene quando tutti i birilli siano abbattuti al primo tiro. I dipinti di Stingel si percepirebbero nello strike delle linee informali, tramite l’improvvisazione d’un grigio oblio, che si rimodelli (si forgi) con l’argento. Forse, il bowling davvero simboleggia la metallurgia. I birilli vanno (ab)battuti, con l’incandescenza dell’agonismo. Dopo l’improvvisazione dello strike (in cui il giocatore può solo sperare!), avviene un rimodellamento. I birilli non resteranno a terra, nel loro oblio (nascosti dentro la buca). Li vedremo coagulare, cavalcati dal posizionatore automatico, per ritornare in gioco. Se il tappeto può avvolgere un pavimento, quello fantasticamente volante quantomeno strizzerà il cielo. D’inverno, il grigiore della nebbia appesantisce l’aria. Questa s’arresterà nella cappa. Sfavillante in via argentata, il grigiore dell’aria per Stingel si percepirà fantasticamente nel suo volo verso il rimodellamento del cielo. L’artista esibisce davvero un tappeto avvolgente la nebbia, per “attenuarne” l’oblio. E’ un astrattismo che ri-entra continuamente in se stesso, non solo contro la nostra sensibilità visiva (come per Vedova). Stingel esibisce l’accavallarsi delle linee informali, sfavillanti oltre ogni cappa dell’oblio (sul necessario trapassare della storia).
Gilles Deleuze ama la filosofia del vitalismo. In esso i singoli enti (materiali od astratti) si danno come tali perché allargati (tesi) gli uni verso gli altri. L’intera realtà va percepita nel divenire di sé. I singoli enti s’annullano fra di loro (differenziandosi), nell’apparenza d’allacciare l’accensione della vitalità al suo scarico nell’inorganico. Per Deleuze, noi potremo seguire il flusso universale tramite il modellamento della percezione. E’ il momento in cui il pensiero logico ha un senso, nella sua situazione contestuale. La soggettività accentra in sé l’esteriorità del mondo. Ma la prima necessariamente si trova ad essere, dipendendo così dalla seconda. Per Deleuze, il pensiero logico abilitato ad inseguire il divenire della realtà (sia materiale sia astratta) si percepirebbe come il modellamento artigianale. Qualcosa che persino ricordi il girovagare. La mano del fabbro, ad esempio, è in rotazione sulla superficie del metallo grezzo, dovendola forgiare. Il fluxus universale degli enti si percepirà in chiave macchinosa, scaricando ciascuno di quelli (al momento della loro differenziazione). Qualcosa che ci evochi il modellamento in metallurgia. Pare che il fabbro dia una sorta d’itinerario alla sua matrice. Questa sarà letteralmente spostata di qua e di là. Deleuze avanza la fenomenologia dello spazio liscio o striato. Le mani del fabbro restano continuamente sulla soglia della matrice. Nello spazio striato, i fili della trama saranno mobili, passando sopra e sotto quelli fissi dell’ordito. Visivamente, i primi allargherebbero l’accensione dei secondi. La verticalità dell’ordire si spezzetterebbe, nella profondità del tramare. Allora la prima tornerà all’indietro su di sé, passando sopra e sotto la seconda. L’ordito nella trama alla fine consente di percepirvi una dimensione ad intervalli. Il fabbro avanza un modellamento dove la matrice metallica letteralmente passa sopra e sotto a se stessa, nel suo accavallarsi. Forgiando qualcosa, noi ne distendiamo gli intervalli battenti. La base metallica diventa uno spazio liscio continuamente sventolato in se stesso. Il modellamento si percepisce come una deformazione per eccedenza. E’ quasi la parabola dello sventolio. Qualcosa che rientri in se stessa passando tramite il suo allargamento (eccedendosi). Nella forgiatura, lo spazio liscio della matrice si fa striare sventolandosi. E’ come se il metallo prendesse il possesso di sé. L’attrezzo battente del fabbro non spezzetta la matrice, bensì vi ri-entra (grazie al modellamento). La metallurgia diviene per Deleuze una metafora del fluxus universale fra gli enti, perennemente aperti e chiusi per l’eccedenza del proprio differenziarsi. Anch’essi paiono virtualmente forgiati. Il fluxus universale degli enti si dà nel loro sventagliarsi. La tessitura della differenziazione va percepita solo nel ri-entro di se stessa. Deleuze scrive che la metallurgia, grazie al suo modellamento, quasi rievoca l’armonizzarsi fra le note musicali. Essa pare la coscienza della realtà materiale. Potendo ri-entrare, tramite il modellamento, la matrice metallica prenderebbe possesso di sé, come nella propria autogiustificazione. Se la mente pare liscia (in quanto indeterminata), facendosi striare da tutti i singoli pensieri (con gli inquadramenti del concettualismo), la coscienza si percepirà come l’accavallarsi dei secondi sulla prima. Per Deleuze, la metallurgia simboleggia degnamente il fluxus universale degli enti, perché i sali minerali favoriscono la vitalità sia vegetale sia animale. Assimilandoli, il fusto od il corpo si percepirà quasi forgiando se stesso.
Valutiamo il dipinto di Stingel Untitled 2012 (ad olio e smalto su tela). Il suo tono è classicamente grigio, ma d’una sfumatura più chiara, verso il biancheggiamento. Le pennellate informali si scorgono principalmente in alto, e scaricano al centro il loro (quasi coagulandosi). E’ credibile percepire in quelle lo strike dell’astrattismo, nel suo ri-entro in se stesso. La distensione del colore ci pare strattonare la tela, come i birilli che sfavillino sulla pista (una volta abbattuti). In mezzo, l’accavallarsi delle linee informali avvierà il ripristino d’una figurazione: almeno, geometricamente? Nel bowling i punti per la vittoria si calcolano in base a quanti birilli sono stati colpiti. Il fabbro, forgiando il metallo grezzo, all’inizio deve adoperare il martello. Anche il bowling conoscerebbe esteticamente la dialettica deleuziana fra lo spazio liscio e quello striato? I birilli sono preparati con una triangolazione. Rinveniamo una striatura, che poi la boccia dovrà urtare, passandovi visivamente sopra e sotto. I birilli si cavalcheranno gli uni sugli altri. Nella metallurgia, l’accensione della matrice grezza (e così astratta) ne avvierà il rimodellamento. Qualcosa che si percepisca come il contrassegno d’una figurazione. Nel modellamento, la matrice grezza ri-entra continuamente in se stessa. E’ il suo contrassegnarsi. Il fabbro batte col martello per ri-configurarlo. Si può dire che la forgiatura letteralmente faccia il punto della situazione, in merito alla sua matrice “astrattamente” grezza. Qualcosa che ri-entri certo si stria sopra e sotto a se stessa. Essa visivamente farà “il punto” della sua situazione. Il dipinto di Stingel Untitled 2012 esibisce uno strike dell’astrattismo informale. Esso forgerebbe il punto della propria situazione, provando a rivitalizzarsi freddamente (nella fantasia che il grigio risplenda, tramite l’argento).
Di Stingel c’è un secondo dipinto Untitled 2012 (ad olio e smalto su tela). In esso, pare che il consueto strike delle linee informali possa forgiare un paesaggio naturale. In mezzo avremmo una dorsale montuosa, e sotto forse un prato, oppure persino una città… Pare che le linee informali qui si rimodellino non tanto nella loro coagulazione, bensì depositandosi. La parte inferiore del dipinto (laddove avremmo l’ambiente prativo od urbanizzato) ha la tela stracciata. Sarà facile percepirla nel deposito di se stessa. Se più in alto le linee informali avessero battuto contro la figurazione, adesso la stingeliana metallurgia dell’astrattismo ce ne lascerebbe i sali minerali. Piace la fantasia dell’urbanizzazione, per l’inevitabilità della cementificazione. L’artista provvede a rivitalizzare l’astrattismo informale, accendendolo mediante la sua forgiatura. I sali minerali favoriscono la crescita sia vegetale sia animale. Questa è facilmente percepibile come nel ri-entro della vitalità (che si forgerà). Esteticamente, i sali minerali dell’astrattismo diventeranno le ceneri della sua accensione. Queste si depositerebbero, sul continuo ri-entro verso la forgiatura della figurazione. Nel secondo dipinto Untitled 2012 percepiamo lo spazio striato delle pieghe pseudo-montuose (sopra), col correlato liscio del probabile manto (in basso), erboso o stradale. Stingel conferma la sua propensione a raffigurare l’accavallamento. Le pieghe pseudo-montuose si percepiranno nello strike delle linee astratte, a sfavillare verso il ri-entro della forgiatura. La mano del fabbro perdura a depositarsi sulla matrice grezza, per esempio visivamente palpandola.
A Palazzo Grassi di Venezia, Stingel espone pure un’altra serie di dipinti, citanti certe sculture, d’epoca lontana. Egli utilizza la tecnica del fotorealismo. Simbolicamente, pare che così la raffigurazione voglia riappropriarsi di se stessa (dall’antichità al presente). Torna la percezione estetica del deposito. Guardiamo il dipinto Untitled 2011 (ad olio su lino). Il mezzobusto umano quasi subirebbe il consueto strike delle linee astratte, qui pericolosamente incise sulla pelle (causandone il sanguinamento). Ciò accade in primis nella gola, e più velatamente sulla tempia destra. Noi saremo spaventati, credendo che il mezzobusto da un momento all’altro possa andare in frantumi. La muscolatura del volto, guardata insieme ai taglio in gola e sulla tempia destra, si renderebbe pallida o forse cianotica (dopo un grave soffocamento). L’arte ri-entrerà infinitamente in se stessa, senza distinguere il classicismo dall’avanguardia (percepiti quasi nel loro sottosopra)? Il depositabile favorevolmente è sempre (anche) riprendibile. Una statua ad esempio assumerebbe in sé la grande illusione di riportare in piedi qualcuno, che realisticamente manchi. Ad essa, s’accompagna l’utile colonna. Ma è un ri-entro solo virtuale, di facciata. Modernamente, il sistema dell’arte contemporanea tende a favorire il deposito nelle gallerie e nei musei. Sembra che questi funzionino come le banche, per il denaro… Quantomeno sul dipinto Untitled 2011, la rivitalizzazione dell’arte classica, mediante la fredda lucidatura dell’argento (un materiale caro alla produzione seriale, col postmoderno!), perdurerebbe in chiave negativa a ri-entrare nella necessità che il tempo passi. Il mezzobusto è drammaticamente ferito, parendo sul punto di rovinarsi. Forse, Stingel ha ironizzato contro il deposito dell’arte istituzionalizzata (nelle gallerie o nei musei). Questo comunque ferisce la libertà espressiva.
C’è un terzo quadro Untitled 2012 (ad olio e smalto su tela), in cui da un monocromo grigio (a sinistra) si passa ad una decorazione pseudo floreale od araldica (sia in centro sia a destra). Stingel di frequente infonde la suggestione estetica che il suo astrattismo si forgi facendo riaffiorare la figurazione. La decorazione del quadro sarebbe stata sommersa, almeno simbolicamente, tramite la nebbiosità dell’oblio. Recuperiamo la percezione estetica per cui, nella fucina del fabbro, il modellamento deriva dallo sventolarsi delle faville (che continueranno a ri-entrare sulla matrice). Nel nuovo dipinto di Stingel, vediamo che l’astrazione a sinistra poi si straccerà (sia in mezzo sia a destra), scoprendo l’ornamento. Sembra che la prima si sventoli sul secondo. L’astrazione passerà sotto di sé, facendo riaffiorare una figurazione sommersa, dove curiosamente i motivi pseudo-vegetali si specificherebbero nelle alghe. Immaginiamo che la caratteristica atmosfera pesantemente grigia quasi possa mareggiare. Così, davvero l’astrazione a sinistra avvierebbe il ri-entro di se stessa nei fondali della figurazione. Esteticamente, il nuovo dipinto di Stingel avrà un simbolismo più psicanalitico. La coscienza ri-entra nei fondali del proprio inconscio.
No comments