POP, REALISMI E POLITICA. BRASILE-ARGENTINA, ANNI SESSANTA

0 Posted by - March 12, 2013 - Recensioni

Alla GAMeC di Bergamo sono di scena i nuovi realismi del Sud America: centoquaranta opere di artisti raccontano il decennio 1960-70 della Guerra Fredda. Alla GAMeC di Bergamo sono di scena i nuovi realismi del Sud America: all’insegna della lute (lotta), creatività esplosiva al ritmo di bossa nova in bilico tra massificazione, contestazione e sperimentazione. Da quando Giacinto di Pietrantonio ne è il direttore, la GAMeC, laboratorio cosmopolita di arte del presente che ha sprovincializzato gli abitanti a colpi di esposizioni brillanti, non sbaglia una mostra.

Qui, attraverso centoquaranta opere di artisti per lo più sconosciuti in Europa, si racconta il decennio (1960-1970) controverso e militarizzato della Guerra Fredda in Sud America, caratterizzato da scontri ideologici, utopie socialiste, lotta armata e resistenza al regime militare, dalla rivoluzione a Cuba del 1959 fino alle dittature in Brasile del 1964 e del 1976, quando l’arte amplifica le rivendicazioni di libertà in Brasile e in Argentina.

La mostra Pop, Realismi e Politica. Brasile-Argentina, anni Sessanta curata da Paulo Herkenhoff e Rodrigo Alonso presenta disegni, dipinti, sculture, collage, fotografie e videoreportage di happening e contestazioni, oltre a libri, riviste, manifesti e altri materiali d’epoca, segue un preciso fil rouge: l’arte come strumento di libertà e critica nei confronti dei mass media e contro il potere militare.

In questi anni gli artisti sudamericani si orientano verso il Pop inglese e quello americano, il  Nouveau realisme, il Situazionismo, le performance e gli happening. Correnti innovative che si mescolano alla Otra Figuración argentina e alle Nova Objetividade e Tropicalia  brasiliane. I temi: consumismo di massa, pubblicità, moda, design, lotta antimilitarista all’insegna di un arte partecipata e condivisa attraverso happening collettivi.

León Ferrari, La civilización occidental y cristiana

León Ferrari, La civilización occidental y cristiana, 1965, Gesso, legno e olio 200 x 120 x 60 cm. Collezione Alicia y León Ferrari, Buenos Aires, Courtesy Fundación Augusto y León Ferrari. Arte y Acervo. Foto: Ramiro Larraín

 

Questa mostra è politica nel senso più ampio del termine, riguarda la società e la cultura del tempo negli anni del dissenso, in cui gli artisti assimilano senza copiare i “poppismi” in modo personale, con opere meno asettiche di quelle di Warhol, privilegiando quindi una figurazione cruenta e assemblaggi di materiali diversi. Tra le icone pop più gettonate dell’epoca Che Guevara, sintetizzato con spirito grafico e codici espressionisti e ritratto da molti artisti. In mostra spiccano un cuore fatto a pezzi da Delia Cancela, il Cristo in croce inchiodato a un aereo militare americano di León Ferrari, la maxi bocca di Sofia Loren di Paolo Menicucci, la concettualissima  composizione  di tre bottiglie di Coca Cola conservate in teca di plexiglas minimalista e trasformate da Cildo Meireles in bombe molotov. Oltre alla pubblicità, la moda è una inesauribile fonte di  ispirazione: lo dimostrano il gioiello-scultura in oro a forma di orecchio di Eduoardo Costa e molte opere di Delia Cancela.

Questi lavori d’arte, peraltro discottante attualità, assurgono a manifesti politici di un’intera generazione che ha rielaborato la cultura pop in modo autonomo in relazione a un panorama sociale complesso. In mostra, oltre a quelli già citati: Antonio Berni, Jorge de la Vega, Antonio Dias, Rubens Gerchman, Edgardo Giménez, Carmela Gross, Roberto Jacoby, Anna Maria Maiolino, Marta Minujin, Hélio Oiticica, Lygia Pape, Evandro Teixeira, Claudio Tozzi.

Roberto Jacoby, Un guerrillero no muere para que se lo cuelgue en la pared

Roberto Jacoby, Un guerrillero no muere para que se lo cuelgue en la pared, 1968, Serigrafia 32,5 x 47,5 cm. Collezione dell’artista, Buenos Aires. Foto: Archivio Jacoby

In particolare gli artisti sudamericani stabiliscono un dialogo con la cultura italiana: lo dimostrano l’esilarante omaggio a Lucio Fontana di Nelson Leirle (con una tela total red dove al posto del taglio c’è una zip a svelare/nascondere la quarta dimensione squarciata del genio nato in Argentina e milanese d’adozione), l’happening realizzato a partire dal film Blow Up di Michelangelo Antonioni e la già citata bocca sorridente di Sophia Loren di Paolo Menicucci. Testimonianze, queste, del valore d’un arte già globale prima della google age.

Dispiace che una mostra carica di contenuti complessi, con opere specchio di questa decade 1960/1970 sudamericana, non abbia pensato di mettere in evidenza i riferimenti storici necessari, magari con brevi testi critici introduttivi, sala dopo sala, o riproducendo la cronologia degli eventi pubblicata sul catalogo edito da Silvana Editoriale, con testi dei curatori e di Gonzalo Aguilar, arricchito da testimonianze e documenti dell’epoca, che purtroppo pochi leggeranno.

Pop, Realismi e Politica. Brasile-Argentina, anni Sessanta

GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea

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