Articolo pubblicato su ilGiornaleOFF
Una volta c’erano le quadrerie, ma al giorno d’oggi se per la tua mostra riempi di quadri le pareti della galleria come fosse un suk ti danno di pittoraccio dei Navigli e hanno ragione. Eppure, come dicevano gli Antichi, audax vicit. Pietro Geranzani ha interpretato le pareti della galleria Area35, dove è in corso la sua personale milanese, alla stregua delle pagine di un libro.
Risultato: una mostra estremamente movimentata, dove i quadri non sono appesi secondo tradizione -quote medie di riferimento per l’altezza da terra, formati minori a-metà-grosso-modo di quelli maggiori et cetera-, ma disposti in modo tale che ognuno di essi partecipi all’ordinamento generale della mostra. Ricordate il Padiglione Italia all’Arsenale nella Biennale veneziana del 2011, dove le opere erano appese financo a diversi metri da terra tanto era pieno lo spazio? Bene, lasciate perdere l’effetto magazzino e pensate piuttosto agli allestimenti “creativi” di Wolfgang Tillmans.
La personale di Geranzani spiazza l’osservatore appena varca la soglia della galleria: le opere, dai formati più varii, da due metri per due e mezzo e oltre a 50×70 cm (prezzi da 18000 a 4400 €), sembrano disposte in maniera randomica ma la “follia” dell’ordinamento ha un metodo.
Quadri, tanti quadri, rigorosamente senza cornice, con la pittura che deborda sui lati, collocati ad altezza terra o ad altezza cielo ma senza l’horror vacui: la mostra respira che è una meraviglia ed è un tributo agli aspetti materici della pittura.
Siamo al di là dell’immagine, ma non per via d’astrazione: gli elementi figurativi e astratti concorrono tutti alla costruzione di una forma. Concrezioni e grumi per una pittura tattile, stratificata, vibrante e vitale come carne appena spellata.
KRITIKA legge ilGiornaleOFF
(qui l’articolo originale)
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