Ho lo gramma!
Come l’arte incontra la tecnologia, per far girare l’economia
Ultimamente sono stato un po’ frenato da questo tempo continuamente incerto -o dall’assiduità con cui gli ausiliari della sosta mi perseguitano, regalandomi simpatiche parcelle in risposta ai miei “parcheggi creativi” (oh, tutto è arte). Ma al grido di “chissenefrega” raggiungo il mio mentore, ancora una volta per scoprire e omaggiare gli impagabili sforzi e sudori dei curatori-barra-galleristi meneghini, che riempiono gli orari degli happy hour di Arte -semplicemente, nella sua bellezza.
Impegni come quello di Anna D’Ambrosio, proprietaria e curatrice dello spazio Amy-d, spazio artistico nel centro della fatiscente e imparcheggiabile Moscova. Al mio arrivo, ovviamente sempre preceduto dal mio saggio mentore, mi ritrovo in un ampio spazio, quasi agorafobico per dimensioni e candore. Un giro veloce e incontro chi di dovere.
Anna tende a precisare fin da subito di non voler essere considerata una gallerista, ma una Project Manager. Un arduo parallelismo, se non fosse per il suo impegno affinché l’arte diventi elemento incisivo nell’economia moderna, creando le connessioni tra enti o aziende come NANESA (con l’artista adatto, nanoecnologie e piume ridisegnano il concetto di gravità dando vita a estetismi minimali e stravolgenti).
Oggi Anna ci presenta Dora Tass, romana di origine ma giramondo nel sangue, che ci ripropone una delle tecniche più interessanti della fine del secolo scorso. Anni di va e vieni, dalla stratificata Capitale all’illuminata Santa Fe, New Mexico, incontra August Muth, che la introduce al suo mondo, fatto di sostanze chimiche e sperimentazioni.
La collezione di Dora, la numerata serie Holivetti dei Perturbing Objects, ci propone una destrutturazione delle prime macchine per scrivere, stampe di quotidiani, profondità di campo, un organica dissolvenza tra i colori primari.
La tecnica di creazione viene spiegata attraverso un video, che mostra le similitudini con la più nota tecnica di impressione fotografica, qui dettata però da luce laser e composti liquidi homemade.
Le opere spronano lo spettatore a un’interazione quasi comandata, a voler penetrare gli effetti ottici che si estrudono dal supporto bidimensionale, invitandoci a infrangere la più nota regola appresa in età adolescenziale del “non toccare”.
Dopo aver disquisito per lungo tempo con Dora di tecniche, diversità di architettura urbanistica e possibilità di ottenimento del visto permanente americano, saluto i presenti, abbraccio il mentore e mi incammino verso il focolare, vagando con i pensieri su quanto Arte e innovazione tecnologica possano (e debbano) camminare sempre più a braccetto.
Maledetti ausiliari, non hanno apprezzato nemmeno questa volta.
No comments