Patrick Tuttofuoco (Milano nel 1974. Vive e lavora a Berlino) torna a Milano con opere pop in omaggio alla sua città, ospitate dentro e fuori lo Studio Guenzani, con riflessioni sui processi di mutazioni culturali e sulle trasformazioni del contesto urbano. Come e perché lo racconta in questa intervista.
Da anni vivi a Berlino, ma da quanto tempo non presentavi una mostra personale a Milano? Perché sei tornato nella tua città con opere collocate nella galleria e fuori dai circuiti tradizionali?
Erano più o meno cinque anni che non facevo una mostra personale in Italia.Questo progetto è fortemente collegato a Milano, l’idea e le riflessioni che ne sono seguite partono da un palazzo storico (Palazzo degli Omenoni, nella omonima via) che spesso andavo a vedere da bambino. Diciamo che in tutta la mostra è presente un forte rapporto con la storia sia privata che pubblica.
Sei stato un allievo di Alberto Garutti all’Accademia di Brera e di Corrado Levi al Politecnico di Milano: quale eredità spirituale ti hanno lasciato i tuoi maestri ?
Non credo che sarebbero felici se li definissi “maestri”, di sicuro sono state due figure importantissime nella mia formazione, potrei dire che hanno due approcci quasi opposti all’arte e soprattutto al modo in cui guardarla.
Cosa significa il titolo della tua mostra Ambaradan di scena nello Studio Guenzani? E cosa esponi?
Amba Aradam è un massiccio dell’Etiopia dove avvenne una battaglia tra abissini e italiani nel 1936. Le dinamiche di questo scontro sono state talmente tortuose che hanno visto le tribù locali allearsi con gli italiani e poi con il nemico creando una confusione di fondo sui ruoli e limiti …AMBARADAN è la fusione delle due parole, è un invenzione che nella lingua parlata ha assunto un tono scherzoso ma le cui origini sono drammatiche. Le opere principali che ho realizzato per la mostra sono cinque, dei liberi ritratti dei volti degli Omenoni, che ho installato in contesti diversi rendendo meno netti i limiti tra i vari luoghi e soprattutto tra i lori significati.
Che senso ha quella scultura “popissima” installata al McDonald’s in piazza Duomo? Forse è lì per dialogare con le austere guglie, instaurando una relazione tra passato e presente?
Come dicevo prima, c’è in tutto il progetto un rapporto con la storia in senso più ampio. L’accezione “pop” credo che abbia più senso se riferita al contesto che alla scultura.
Invece cosa hai esposto nello studio di architettura di Ermanno Previdi? E perché hai scelto questo luogo?
Ho esposto uno dei cinque ritratti. Il luogo è stato scelto in relazione alla persona; da una parte c’è McDonald’s che rappresenta un’idea di spazio “pubblico” e dall’altra ho cercato una singola persona che desiderasse dialogare con me e con questo progetto. Ermanno ha poi scelto come suo spazio “privato” il suo studio.
Le cinque sculture di faccioni-maschere in resina si ispirano ai potenti telamoni scolpiti da Leone Leoni per la facciata cinquecentesca della Casa degli Omenoni, ma come ti è venuto in mente?
Era un luogo nella mia memoria personale che fondeva bene elementi della mia ricerca attuale. Il rapporto tra figura umana, paesaggio urbano, dimensione pubblica e privata.
La mostra comprende anche un tappeto musicale, frutto della collaborazione con Novo Line, progetto musicale di un compositore americano residente a Berlino: ci racconti di che cosa si tratta e perché l’hai coinvolto nel tuo progetto?
Volevo confrontarmi con un altro artista in maniera totalmente libera sui temi della mostra. Assieme abbiamo cercato un brano musicale legato alla nostra infanzia, in qualche modo alla nostra storia personale, che potesse funzionare come territorio comune d’incontro.
Quanti artisti italiani formano un gruppo affiatato e solidale a Berlino? Quali altri giri frequenti? Perché hai scelto di vivere lì?
Ci sono molti artisti in generale a Berlino, credo che la forza di questa comunità sia la sua capacità di dialogare al di là della provenienza nazionale. Sono venuto a vivere qui per curiosità!
Hai nostalgia di Milano?
Beh, spesso mi mancano gli amici che vivono li. Fortunatamente è abbastanza veloce ed economico andare e venire.
Sei diventato padre per la seconda volta: secondo te è vero che gli artisti con figli piccoli sono più giocosi, sperimentali, liberi da condizionamenti del mercato dell’arte e prendono l’arte come espressione di libertà creativa, interpretandola come un divertimento? Perché?
Non saprei, di certo avere dei figli trasforma il tuo modo di vedere le cose. Ma credo che questo sia applicabile a moltissime cose. Ad ogni modo mantenere un approccio sperimentale e divertisti lavorando sono valori importantissimi che si abbiano o meno dei figli!!
A quale progetto stai lavorando e dove ti vedremo attivo prossimamente?
Una nuova serie di ritratti, ma ancora non so dove mi porteranno!
Patrick Tuttofuoco | Ambaradan
Studio Guenzani
via Eustachi 10, Milano
www.studioguenzani.it
info@studioguenzani.it
1 Comment
Peccato che i lavori dei volti sono remake di altri lavori di altro artista 2 anni fa….