Le figure de-mitizzate che popolano i lavori di Mustafa Sabbagh vogliono essere uno strumento per problematizzare e comprendere alcuni mutamenti che toccano l’uomo e la società del presente. In occasione dell’esposizione Mytho-maniac allo Studio Crearte di Oderzo è nata una conversazione l’autore attorno alla sue serie di lavori recenti.
Quali sono i tuoi referenti culturali? O anche semplicemente gli stimoli dove abbeveri la tua ricerca?
Ti basta il titolo di un film? Crash (David Cronenberg, 1996).
Uno degli aspetti più significativi della tua ricerca è il rapporto con i topoi espressivi del passato che – citando le parole del grande studioso Georges Didi–Huberman – potremmo definire un «montaggio di tempi eterogenei» all’interno dei tuoi scatti. Come ti rapporti verso la storia dell’arte?
Ieri, oggi e domani non è solo un film. La circolarità nell’arte è un dogma, un movimento continuo verso il futuro. Mi interessa il passato per incidere nell’atto futuribile (l’oggi mi sfugge).
Che cos’è per te il mito oggi? Cosa ti ha spinto a riattualizzare come metafore del presente alcune figure esemplari della tradizione antica?
Il concetto di mito, nel passato, aveva una reale connessione con il divino. Il divino per la generazione 3.0 è accessibile, si tocca, si critica, a volte ci si accoppia – ma il mito oggi è fatto di pixels, di numeri, di connessioni.
Se osservo i personaggi che popolano lavori come Anthro-pop-gonia (2015) emerge una certa decadenza, ma al tempo stesso c’è un amore quasi pasoliniano verso la loro condizione al margine.
L’Accattone è il nuovo Apollo erotico: ci porta ad uno stato di lipotimia, ci fa riflettere sulla nostra condizione precaria. L’uomo è destinato ad essere fatto di carne, ossa e memoria.
Uno degli aspetti più evidenti nei tuoi scatti fotografici è la dicotomia tra realtà e finzione. Perché la utilizzi e cosa rappresenta per te la contrapposizione di questi due aspetti costitutivi dell’immagine?
La realtà è il visto, la finzione è il vissuto attraverso i nostri sensi. Il settimo senso è quello che maggiormente mi interessa: il fattore emotivo che altera i ricettori post-sinaptici.
Stai lavorando alla nuova serie Voyeurismo, me ne vuoi parlare? Dove si sta muovendo la tua ricerca?
Guardare nel buio, vedere e sentire la debolezza di una mente come quella di Pier Paolo Pasolini, mi porta in uno stato nuovo di lettura dell’erotismo. Un alieno che controlla un uomo accumulatore di adrenalina, per poi tornare a toccare il suo simile. Riscoprire il sesso attraverso la vista…
Nella mostra da Crearte Studio hai realizzato un intervento “pittorico” sopra una fotografia, quasi “suturando” le ferite che erano impresse nella carta. Cosa ha significato per te?
Magnificare le ferite – come quelle dal mio ciclo presentato ora in mostra a Forlì, sui gessi bombardati del Canova – attraverso un gesto: lo stilema che cerco di realizzare, da artista; l’atto che cerco di vivere, da uomo.
Travalicando la pratica strettamente fotografica o video, hai un progetto nel cassetto che vorresti realizzare? magari in dialogo con il teatro, la danza, la musica o letteratura?
“Visto che il mondo sta prendendo una direzione delirante, è il caso di assumere un punto di vista delirante” (Jean Baudrillard). Ti chiederei la cortesia di seguire il mio prossimo delirio.
Mustafa Sabbagh. Mytho-maniac
Fino al 12 novembre 2017.
Crearte Studio, Palazzo Porcia, Piazza Castello n°1, Oderzo (TV)
orari: giovedì, venerdì 16.00 – 19.30 sabato 16.00 – 21.30 domenica 9.30 – 12.30 _ 16.00 – 21.30 altri giorni su appuntamento
tel +39 333 7474335 _ mail info@crearte-studio
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