Molly Bloom, sedici opere di Chiara Caselli e Claudio Bonichi

0 Posted by - May 25, 2017 - Kritika segnala, Recensioni

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«Perché ciò dimostra che su di noi il tempo non può nulla: in quanto è già trascorso un tempo infinito. È del tutto impensabile che qualcosa che è esistito una volta, per un momento, con tutta la forza della realtà, dopo un tempo infinito possa non esistere»: questa osservazione perentoria di Schopenhauer potrebbe stare in esergo alla presentazione di Claudio Bonichi & Chiara Caselli. Molly Bloom, sedici opere di Chiara Caselli e Claudio Bonichi, mostra “difficile” che mette in relazione due artisti differenti per età, formazione e mezzo espressivo, ma accomunati da quel “punto di vista” che, prendendo a prestito la lingua di Baruch Spinoza, è sub specie aeternitatis, cioè quello dell’eternità.

Avevamo visto Chiara Caselli, attrice, regista e artista visiva, a Milano nella galleria di Federico Rui in occasione della sua personale Ginostra, con una serie di sei fotografie di grande formato che coglievano l’isola di Stromboli – Ginostra, appunto – nell’unicità fissa e sussistente di un lago di nebbia che avvolgeva l’orizzonte, con la luce che fluttuava senza soluzione di continuità fra acqua e cielo.

Ritroviamo ora Chiara Caselli alla sua seconda mostra nella galleria milanese con una serie di opere inedite ispirate al suo lavoro in regia del 2016 Molly Bloom, dall’Ulisse di James Joyce, presentato al 73° Festival di Venezia, un lungo e travolgente “flusso di coscienza” in cui la protagonista dà forma ai propri pensieri e sentimenti sugli uomini e sulla vita, mentre a letto aspetta il ritorno di Leopold. Le fotografie in mostra sono state scattate nella stanza di Molly, dove Chiara Caselli ha realizzato il cortometraggio (e dove è tornata per un commiato finale una volta che la casa è stata venduta).

«Molly Bloom è un percorso fortemente introspettivo, dove i pensieri si mescolano alle parole, i desideri alla realtà. Molly è vitale nella sua solitudine, profondamente e carnalmente donna », scrive il gallerista Federico Rui nel testo di presentazione della mostra, riferendosi a quell’”essenza carnale” (secondo uno schema che Proust anticipò nella sua Recherche) che ritroviamo nelle opere di Claudio Bonichi (di cui ci siamo già occupati), che in questa mostra milanese si coordinano straordinariamente alle foto, che solo per illusione sembrano immagini dipinte (lo stupore di non pochi visitatori alla mostra consisteva proprio nel constatare che NON si trattava di pittura); un’ “essenza carnale”, dicevamo, che ritroviamo nelle opere di Claudio Bonichi, un pittore di prestigio internazionale, considerato uno degli esponenti più interessanti della Nuova Metafisica, che ha esposto in Italia e in importanti sedi pubbliche e private in Olanda, Danimarca, Colombia, Germania, Giappone, Canada, Francia, Belgio, Spagna -dove è considerato un caposcuola, che ha dato tanto all’Italia senza aver tuttavia ricevuto abbastanza (situazione ahinoi del tutto regolare in un paese dove la cultura fa soldi solo con mostre e artisti nazional popolari e giù di lì).

«Entrambi lavorano sull’assenza, dice ancora Federico Rui, sulla metafisica, congelando un istante senza tempo, dove le cose e gli spazi si fissano per sempre. Prevale il silenzio e l’apparente semplicità, la raffigurazione di un istante eterno».

Un tempo interiore che è “altro” da quello lineare: l’«eterno presente» di cui ci parlava Schopenhauer per riferirsi alla vita, agli uomini e al mondo “là fuori”, che in realtà non era là fuori, e che risuona un po’ come un «basso continuo» (tanto per ri-citare impunemente il filosofo di Danzica) nel lavoro d’arte di Chiara Caselli e di Claudio Bonichi, in una mostra che, parola di uno che ne vede tante da anni, è assolutamente imperdibile.

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