Articolo pubblicato su il GiornaleOFF
Quante volte avete visto una mostra incentrata sull’“horror vacui”? Bene, scordatevi tutto e andate da The Flat Massimo Carasi. Qui assisterete alla negazione di ogni sia pur minima concessione al concetto di interstiziale: nelle nuove opere di Michael Johansson, ora alla sua terza personale nella galleria milanese, non vedrete nessun vuoto, nessuna fenditura, fessura, intercapedine o spiraglio.
L’avevamo incontrato due anni fa alla sua mostra Still Life, oggetti d’uso quotidiano scomposti, incastrati e successivamente ri-accorpati in forme geometriche nuove e armonizzate per forma e colore. Ora l’artista svedese torna con Crossroads che, di quel processo di ricomposizione di oggetti eterogenei, è un po’ il superamento alla luce di un’astrazione votata a una geometrica perfezione, facendoci riandare col pensiero un po’ a Vasarely e un bel po’ a Mondrian, ma in terza dimensione.
Il materiale usato per questa nuova mostra di Michael Johansson è lo stesso, cose derivanti dalla produzione di massa. E anche in questa occasione l’artista svedese assembla gli elementi in base a forma e colore. Con la differenza che ora non ci troviamo più di fronte a una eterogeneità di elementi giustapposti, bensì a una loro irreggimentazione. Si tratta infatti di mobili -o elementi di mobili- della celeberrima Ikea, che Johansson, secondo il consueto processo di scomposizione, incastro e ricomposizione,”disciplina” in complessi oggettuali inediti, trasfigurandoli in oggetti dalla struttura intrinsecamente riflessiva: complessi “dimensionali” le cui volumetrie, a partire dai punti nodali in cui le loro linee si incrociano, si ripetono in maniera speculare. Il risultato si può paragonare alle nostre mani quando le facciamo combaciare l’una sull’altra unendo i palmi: la “struttura” si ripete in maniera speculare.
Ma cosa c’è da vedere in galleria? Oltre alla grande installazione monocroma che dà il titolo alla mostra e a quella intitolata 90°/90°, ci sono alcune altre opere colorate di piccolo e medio formato, che testimoniano come Michael Johansson sia un grande artista che, rinnovandosi sempre, sa essere fedele a se stesso . A queste si aggiungono altre opere di dimensioni più contenute, in cui i moduli vengono si armonizzano non solo per linee direttrici ma anche per colore e forma: il risultato è una coordinazione volumetrica per cromie e superfici.
La prossima volta in cui farete una gita all’Ikea sulla tangenziale, forse guarderete quei mobili con occhi diversi: non è (anche) questo il fine dell’arte, cioè vedere il mondo con sguardo nuovo?
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