MIA PHOTO FAIR 2017

0 Posted by - March 10, 2017 - Kritika segnala, Recensioni

La settima edizione di  MIA Photo Fair continua a proporci nuovi e confermati talenti del mondo della fotografia contemporanea.

Giunto alla mia seconda presenza in compagnia dell’infinita conoscenza del mio prezioso mentore e dell’affermato occhio critico della talentuosa Giulia Gasparini, erriamo vagabondi tra i due affollati corridoi della fiera, composta da più di 200 espositori. Ritroviamo alcune conoscenze, come Katsu Ishida, Nico Mingozzi, Dora Tass e la galleria Amy-d, i quali presentano nuovi scatti e confermano robuste collezioni apprezzate dai più.

Deambulando a corte falcate con gambe bene aperte, come navigati mozzi di vascello durante un mare forza 5, cerchiamo di diminuire il nostro senso di nausea causato dall’irrefrenabile tsunami di esseri umani che invade il nostro percorso di regata, focalizzandoci su dei punti fermi attorno a noi.

Il primo a catturare il mio occhio è il finlandese Pasi Orrensalo, tanto per la sua arte quanto per la sua stravagante acconciatura. Con un inglese raffazzonato e decisamente marcato da un accento nordeuropeo, avendo notato il mio interesse nei suoi scatti, mi si avvicina per presentarmi la sua collezione Life Behind The Waste. Questa sua avventura dettata dalla necessità di un cielo terso e limpido (non facilmente ottenibilie nelle terre finlandesi) e da un budget di una certa importanza (ci potremmo comprare un bilocale in Cairoli con lo stesso investimento), presenta scatti di materiale da discarica “congelati” nell’aere, sparati ad un’altezza di 20-30 metri da una gigantesca piattaforma a molla. L’utilizzo di macchine digitali gli ha dato la possibilità di molteplici scatti in sequenza con uno shutter molto rapido, cogliendo cosi tonnellate di frazioni di secondo tra cui decidere quale potesse diventare parte della sua innovativa collezione. Automobili, materassi, pezzi di computer e ferraglie compongono interessanti casualità, che vedrei bene come copertina di un album per una band di indie-rock.

Proseguendo sulla murata di tribordo, mi imbatto nelle Traslazioni Metropolitane di Andrea Simeone, presentate da Studio Berné. Fotografia di strada e ritratti pubblicitari si incontrano in un’affascinante soluzione artistica, dove staticità e movimento coesistono in poetica armonia. I soggetti sono volti o personaggi di affissioni pubblicitarie che compaiono dietro al passaggio di mezzi di trasporto, percepibili attraverso la trasparenza dei loro finestrini o degli spazi vuoti tra un vagone e l’altro. Anche qui come per Orrensalo è tutta una questione di cogliere l’attimo, con l’ostacolo in più della definizione dell’inquadratura perfetta dovuta dal passaggio in velocità del mezzo. I colori e le sfumature di movimento fanno da perfetta cornice ai vari soggetti in questione, rendendo questi scatti estremamente interessanti.

Come ogni buon equipaggio di pirati che si rispetti, c’è sempre il momento dei racconti del vecchio lupo di mare ad allietare le fredde serate oceaniche tra un sorso di grog e l’altro. Ed è qui che entra in scena Arturo Delle Donne con i suoi Racconti di Mare, un’affascinante collezione di scatti raffiguranti scene di diversi racconti marinareschi, dai quali poi ogni pezzo prende il nome del libro a cui sono ispirati. Tutto viene creato in una densa produzione scenografica, tra modellini in plastilina e strabilianti setup di luci, con l’intento di evitare completamente l’uso di software per la post produzione. Il risultato è stabiliante, i colori sono vividi e genuinamente accostati, trasportando lo spettatore all’interno della composizione, quasi a ridisegnare e a ricolorare i nostri ricordi associati alla lettura dei relativi racconti. La voglia di tornare a sfogliare “Ventimila Leghe sotto i Mari” di Jules Verne è ora più intensa che mai.

Approdati in un porto sicuro e avendo gettato l’ancora dopo lunghe ore in un mare di creatività, con la voglia di ubriacarmi in una bettola e buttare i miei pezzi da otto in gioco d’azzardo e prostitute, il capitano di fregata mi arpiona con il suo uncino e mi ritrascina a bordo, ammonendomi di non aver prestato abbastanza attenzione ad una particolare esposizione.

In effetti aveva ragione. Mi sbatte di prepotenza davanti alle fantastiche opere monocromatiche di Gabriele Croppi, presentato da Glenda Cinquegrana. Con le sue Series ci porta in un surreale viaggio tra Italia, New York, Parigi ed altre icone dell’architettura classica e moderna. Croppi presenta una visione quasi metafisica di queste ambientazioni, con un gioco di luci sovraesposte e cupe ombre nere che guidano lo sguardo sui soggetti da lui predisposti, bilanciando pieni e vuoti con un rapporto aureo, guidato da un senso drammatico di malinconia e solitudine. Tra tutti, decisamente la collezione più ricca di emozioni per lo spettatore.

Fattasi una certa, strette le dovute mani e scambiati i giusti omaggi e convenevoli, è ora della mia bisca. Avrò però decisamente anch’io qualcosa da raccontare, al prossimo imbarco, tra grog e violini, nelle notti in mezzo al mare.
 

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