Per raccontare di Cesenatico bisogna certamente raccontare del suo mare. Quella distesa argentata delimitata da un lato dalla scogliera, dall’altro dalla banchina di sabbia. Racchiuso tra queste due estremità, il nostro mare è un’opera d’arte dentro una cornice, è l’essenza del nostro paese e l’andirivieni delle sue onde da sempre determina il ritmo della vita dei suoi abitanti.
Il nostro mare, l’Adriatico, di inverno è argento puro, silenzio, ovatta soffusa nei banchi di nebbia, rabbia che si sprigiona nei temporali; d’estate, invece, è la musica di sottofondo che accoglie i turisti della Riviera, che li fa ballare e sognare nelle calde nottate.
Il mare sprigiona il profumo di salsedine, che si deposita addosso a chi ci nasce e che non lo abbandona più. Il mare invade le strade di Cesenatico, nelle mareggiate picchia sulle porte delle case, attraversa il paese risalendo il Porto Canale disegnato dal maestro Leonardo da Vinci che anima il nostro centro storico, giunge fino alla dimora che ha dato i natali al poeta crepuscolare Marino Moretti, accarezza i capanni, costruzioni uniche nel loro genere – le casette dei pescatori – muniti di grandi reti per la pesca, culla le navi d’epoca (trabaccoli, bragozzi, una lancia, una paranza, un topo, una battana) che costituiscono l’unico museo galleggiante in Italia.
Il mare. Scaglie argentate in cui si rispecchia il nostro paese. Scaglie argentate in cui turbinano i banchi del nostro pesce, il pesce azzurro, che luccica al sole sui pescherecci che rientrano al porto avvolti dai gabbiani.
Per questo, Mauro Pipani, nelle 37 tavole artistiche che costituiscono il libro d’autore Al Porto del Paese c’era un Pesce Grigio, non a caso pone al centro di ogni opera una scaglia di mare argentata, una lamina di alluminio da cui inizia a realizzare i suoi lavori. Ogni tavola porta con sé un pezzetto di mare, facendo si che ognuna diventi un tassello di un mosaico che ricostruisce un spazio reale e immaginifico al contempo. Pipani in questo pregiato libro d’artista racconta di Cesenatico, il paese che gli ha dato i natali, ne coglie l’essenza, rivelando così i segreti di ogni paese marittimo. Quello di Pipani è il racconto di un’utopia, insieme di un non-luogo e di una meta paradisiaca, è il dualismo fra pieno e vuoto, materia e energia, bianco e nero. Coppie dinamiche di opposti che generano impulso creativo nel compenetrarsi.
L’artista dunque gioca con le sfumature del grigio, l’argento dell’alluminio, il luccichio delle sarde al sole, quel tono di colore che è innato in lui e che richiama le radici marinare mai recise. L’utilizzo di allumini è una tecnica perfezionata da diversi anni ed è ormai la sua matrice caratteristica. La lamina è arricchita da sovrapposizioni di garze e carte in disuso, che creano un base materica irregolare e avvolgente, in cui si dispiega la narrazione, fatta di segni, immagini e parole. Una narrazione lirica in cui si alternano visioni e apparizioni, atmosfere rarefatte e suggestioni, in cui emergono a poco a poco, in filigrana, le storie del paese, del porto, dei pescatori, dei bagnanti. La stratificazione materica si dissolve nei toni monocromi del bianco e del grigio, quando all’improvviso un segno plumbeo di inchiostro o di grafite prende vita in una parola o in un’immagine, il guizzo inaspettato di un pesce che fuoriesce dall’acqua. E quando invece compare un tono di colore più acceso non è mai casuale, c’è il giallo e il rosso delle vele delle navi dei pescatori e degli ombrelloni che dipingono la spiaggia in estate, trasformandola in un’opera di Signac.
Nelle 37 tavole di Mauro Pipani l’elusività dei riferimenti e la presenza del segno/figura si compenetrano fino a fondersi, prediligendo la semplicità e la purezza del racconto e dell’estetica.
La sua essenzialità compositiva abbraccia l’intero ciclo, nulla è superfluo o incoerente, ma vi è la ricerca dell’estrema sintesi che distilla l’ebbrezza della brezza di mare che accarezza il viso.
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