Mattia Novello (1985; vive e lavora a Castelfranco Veneto, Treviso) è alla sua prima personale negli spazi espositivi di Amy-d Arte Spazio a Milano, dove ha presentato una summa della sua produzione artistica tra fotografia, installazione e scultura, incentrata sulla contrapposizione fra luce e tenebra e pregna di valori archetipici che rimandano direttamente al viaggio dell’introspezione psicologica.
I rimandi all’analitica junghiana si sprecano e fanno tutt’uno con il concept di fondo della mostra in base al quale, per dirla con l’analista junghiano James Hillman, “il dono dell’immagine consiste nel fornirci un luogo da cui osservare la nostra anima”.
La discesa negli abissi della nostra coscienza è un percorso drammatico perchè ci costringe a confrontarci con le nostre verità inconfessate, ma questo viaggio interiore irto di difficoltà è con ciò stesso il percorso obbligato per ottenere, dopo mesi e forse anni di lavoro su se stessi, la salvazione o qualcosa che vi si avvicini. Non si guarisce mai del tutto, ma questo è un dato di fatto, semplicemente perché in realtà siamo sempre e comunque tutti malati.
La mostra di Mattia Novello ha per titolo Falling Up, un’espressione che suona più o meno come Cadere all’in su e sta a indicare la caduta nel baratro della nostra anima e la successiva ascesa nel luogo ideale da cui si torna a vedere chiaramente se stessi. Per questo motivo tutta la produzione in mostra è contrassegnata dalla diade bianco e nero: le serie delle opere in resina (oggetti d’uso e di lavoro, il lavoro su se stessi: martelli e leve che digradano dal nero al bianco), le fotografie (dettagli urbani totalmente anonimi, ma che immortalati da questo ormai ex enfant prodige assumono una tonalità lirica come la busta di plastica che vortica su se stessa trascinata dal vento in quella scena del film American Beauty; ma anche la prospettiva di sotto in su di un grattacielo americano, negativa e diafana come una radiografia) e l’allestimento della scatola nera, una stanza dello spazio espositivo totalmente ricoperta di pluriball nero e immersa nel commento sonoro di rumori industriali.
Una mostra adulta, coraggiosa, decisamente in là. Vale le pena saperne di più e per questa ragione Kritika ne ha parlato col diretto interessato.
Caro Mattia, per un certo periodo hai vissuto a New York: quanto ha contato questa esperienza nel tuo lavoro?
E’ contata molto, mi ha aiutato a trovare delle linee negli scatti; alcuni di forme astratte cittadine e pareti urbane sono state scattate a New York, ma ha contato altrettanto essere a contatto con molte altre culture diverse dalla mia facendomi capire cose che prima non avrei capito.
Che poi è la stessa cornice della serie di fotografie (Pareti urbane) all’interno di Falling Up. Cosa ti ha colpito di quei dettagli urbani, di per sé anonimi?
All’interno di Falling Up troviamo degli scatti della serie pareti urbane. Sono fotografie a colori che rappresentano un blocco fisico (la parete) che abbiamo in una città, blocco che è stato impostato e crea un percorso prestabilito, una presenza che ci chiude in una direzione.
Sempre per restare nelle fotografie in mostra, Forma astratta cittadina mi fa pensare a una radiografia…
E’ una fotografia in positivo bianco e nero che rompe la fisicità delle pareti urbane dandoci uno sguardo verso l’ alto, l’infinito, mostrandoci le forme in cui posiamo con un cielo nero, forse appunto come una radiografia che vede dentro di noi ciò che abbiamo bisogno.
Nothing to declare è invece una serie di opere in resina: dei passamontagna o qualcosa del genere che digradano progressivamente dal nero al bianco. Vuoi parlarci della scelta di questo particolare soggetto?
Nothing to declare rappresenta il doversi coprire per svolgere determinate azioni, (il passamontagna) ma man mano che si svolge un percorso personale di crescita quel elemento non serve più per svolgere determinate azioni ma solo per rappresentarle.
Nero e bianco sono gli opposti che contraddistinguono il senso complessivo di Falling Up e le ragioni di questa scelta stanno in quell’universo di discorso che fa capo al rapporto luce/tenebra in quello che ho chiamato il viaggio psicologico analitico: vuoi parlarcene più diffusamente?
Bianco e nero sono gli opposti che contraddistinguono le esperienze positive o negative, ma ci sono anche i grigi e i bianchi chiari e il trasparente che appunto rappresenta il punto di libertà, l’ insieme di luce e ombra che genera la chiarezza.
In mostra hai montato una scala irta di chiodi e tutta nera. Senti questa citazione da Ludwig Wittgenstein:
Le mie proposizioni illustrano così colui che le comprende, alla fine le riconosce insensate, se è salito per mezzo di esse, su esse, oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettare la scala dopo esservi salito). Egli deve superare queste proposizioni. Allora vede rettamente il mondo (Tractatus logico-philosophicus, 6.54).
Siamo contenti?
Se siamo contenti non lo so, possiamo essere contenti per troppe cose diverse, materiali e non, ma prima di esserlo dobbiamo capire se siamo o non siamo soddisfatti e ciò muove o blocca tutto
Ma hai anche coperto interamente una stanza della galleria con pluriball nero e suoni industriali allestendo al suo interno un funerale. Siamo nell’ambito del superamento della propria condizione alienata. Mentre nella stanza attigua hai presentato un piccolo pozzo senza fondo, provvisto di specchi e anch’esso coperto di chiodi. Di nuovo, la discesa all’interno del sé. Allora possiamo dire che mentre da un lato abbiamo una rappresentazione catartica dall’altro una crisi? Possiamo dire che tutta la tua mostra in generale è l’oggettivazione del viaggio analitico, un po’ come applicare un vestito a un’idea per renderla visibile?
E’ un evoluzione nel rappresentare la libertà attraverso la “spressione”. Il pluriball è un materiale che serve per avvolgere un oggetto e viene prodotto attraverso due fogli che pressati racchiudono delle bolle d’aria al suo interno, formando bobine infinite, come una ripetizione ossessiva. Strappare un pezzo dalla bobina trasparente, forare tutti questi corpi, fa diventare il pluriball il corpo d’ aria tornata ad essere libera e con questo lavoro come per gli altri il concetto di libertà viene solo in un altra forma, con un altro materiale.La scelta di presentare questo lavoro immerso in una stanza interamente coperta di pluriball nero e con suoni di industra, traffico, voci ripetitive, mi ha aiutato a far entrare fisicamente lo spettatore nel idea di pressione e tensione che viviamo in questo secolo sentendo tutto il pluriball scoppiare camminandoci sopra.
Torniamo al terreno scabro: progetti futuri?
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Mattia Novello | Falling Up
Amy-d Arte Spazio
via Lovanio 6, Milano
info@amyd.it
www.amyd.it
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