MASSIMO MININI 1973-2013 | QUARANTANNI D’ARTECONTEMPORANEA | TRIENNALE DI MILANO

1 Posted by - November 20, 2013 - Recensioni

Massimo Minini, raffinato gallerista, appassionato di arte e di architettura, si presenta prima con un catalogo autobiografico (a+mbookstore edizioni ) non celebrativo, ricco di flashback, di progetti, di pensieri fluidi intorno all’arte, tutti in divenire, quasi un diario personale “senza capo né coda” in bilico tra ordine e disordine, secondo la poetica di Alighiero Boetti, in cui, oltre alla storia del mestiere di un gallerista anomalo,  tra una riga e l’altra si evince un talento narrativo sorprendente, dal tono leggero e anche un po’ surreale tipo Italo Calvino.

Alla Triennale di Milano invece, con una mostra imperdibile per festeggiare i suoi doppi vent’anni di attività, il gallerista dice di esporre

Le opere invendute, più grandi, più difficili da vendere, che la gente non saprebbe dove mettere

anche se non è vero.

Alla Triennale andateci senza avere fretta di consumare una carrellata di lavori di ottanta artisti noti nel mercato internazionale e osservate bene la regia dell’allestimento, perché in queste algide stanze la vera protagonista è la relazione tra le opere e l’architettura, che manifesta il  modo di “sentire” lo spazio di Minini. E’ un uomo discreto, dai modi gentili, pragmatico e riservato, essenziale anche nel modo di esprimersi, che alla facoltà di legge alla Statale di Milano, negli anni della contestazione, ha preferito le gallerie e la gavetta nella redazione di Flash Art, dove ha lavorato dal 1971 al 1973, l’anno in cui ha inaugurato Banco, la sua prima galleria a Brescia.

Minini, precursore di una politica del decentramento culturale, gallerista per passione, incoscienza e anche per sfida, sceglie la sua città, piuttosto che Milano, come sede della galleria, che negli anni di piombo e della lotta armata non era molto frequentata, come invece diventerà dopo le mostre di Boetti, Toroni, Paolini, Dan Graham, che  la proietteranno in un circuito internazionale (presenza fissa alla fiera di Basilea dal 1976).

Dopo trecento mostre Massimo Minini, quando parla di sé e degli amici artisti, sorride con gli occhi e conserva quell’entusiasmo giovanile di quando ha aperto le porte della galleria bresciana dal nome vagamente situazionista (Banco di prova?)  In ogni caso, un luogo dove si scambiano idee e si comprano opere di artisti concettuali, minimalisti  e dell’arte povera. Dagli anni Novanta subentrano giovani artisti italiani, tra cui Eva Marisaldi, Stefano Arienti, Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft e molti altri. Dal catalogo che racconta la sua storia pionieristica di un “gallerista d’autore” che ha conquistato credibilità nel mondo, fino a questa mostra, concepita come una  scatola dei ricordi, dedicata all’amico Gabriele  Basilico, scomparso di recente, il fil rouge tra le diverse opere è rappresentato dalle relazioni che il gallerista ha intessuto negli anni: incontri, scambi ed esperienze condivise con una rete di “malati” d’arte. Il  fotografo Nino Migliori dice che Minini è dotato una grande sensibilità, lo definisce “ un poeta  della parola” che sa ascoltare gli altri e osservare il mondo nel suo incessante divenire.

Le opere esposte al primo piano della Triennale non seguono un ordine cronologico né tematico e rispecchiano il taglio aneddotico e frammentato del catalogo, con salti  avanti e indietro nel tempo, in cui l’io narrante (Minini) lega insieme opere diverse e si svela con  “favolette” , racconti brevi  basati  su storie vere. Questi “pizzini” del gallerista scrittore appositamente per gli artisti, in sostituzione di aride didascalie, non spiegano nulla, però narrano esperienze di vita, sensazioni, impressioni, ci parlano di incontri e non dell’opera specifica o dell’arte in generale. Qui vedrete installazioni monumentali con opere di  piccolo formato, sculture, dipinti come una grande tela di seta lunga sedici metri, “graffiata” da  vibranti segni a penna Bic di Jan Fabre, che fa da quinta scenografica a  Beauty, un’indefinibile forma organica di peluche bianca di Nedko Solakov (chinatevi e guardate  dentro la pancia ). Sullo sfondo fanno capolino Yona Friedman, Luigi Ontani, Richard Long, Giulio Paolini, Hans-Peter Felmann, Albertro Garutti, Salvo, Luciano Fabro e le fotografie di Francesca Woodman, Ferdinando Scianna, Luigi Ghirri , Mimmo Jodice e tanti altri “vip” dell’arte.

Sono una chicca Circo Massimo, installazione a parete di Giulio Paolini (che racconta la  storia della galleria a  frammenti , alternando immagini  e cornici  vuote) e  le opere site specific come la scacchiera multicolor di Daniel Buren e Ghost, un misterioso tronco nero di Anish Kapoor. Dialogano con lo spazio le opere di Ettore  Spalletti, Alighiero Boetti e Sol Lewitt. Archiviati in bacheche non perdetevi stralci di fax, carteggi, progetti non realizzati, litigi e testimonianze di solide amicizie, schizzi e un centinaio di cartoline firmate da Dan Graham, Alighiero Boetti, Sol Lewitt  e altri artisti. In questo strepitoso parterre non potevano mancare ritratti di artisti  firmati da Ugo Mulas e Paolo Mussat Sartor. Chiude la mostra la scritta Fantasticando a lettere cubitali, un’opera di Giuseppe Chiari, primo artista che ha esposto nella galleria Banco nel 1973 e numerose fotografie di Massimo Minini.
 

 
Massimo Minini | Quarantanni d’artecontemporanea

La Triennale
viale Alemagna 6, Milano
www.triennale.org

1 Comment

  • […] fotografo Nino Migliori dice che Minini è dotato una grande sensibilità, lo definisce “ un poeta  della parola” che […]

  • Leave a reply