L’HASARD. CHRISTIAN BOLTANSKI

0 Posted by - May 5, 2012 - Interviste

Nato a Parigi nel 1944, Boltanski è, insieme alla sua compagna Annette Messager, uno dei principali artisti francesi viventi. Artigiano della memoria e dello scorrere del tempo, inserisce nelle sue opere continui riferimenti materiali alla propria vita e a quella di persone comuni, souvenir e ricordi grezzi a forte carico emozionale. Attraversate da una religiosità diffusa, esse sono vetrine di oggetti eterocliti, muri di ritratti anonimi, vestiti consumati. Il tutto concorre a creare un ambiente colmo di patetica nostalgia.

Le principali tematiche da lei affrontate ruotano attorno al concetto di memoria, l’aspetto reliquale della testimonianza, il concetto di assenza. Ma secondo lei ve ne sono altre nascoste e capaci di riassumere in maniera più adeguata la sua ricerca artistica.

Io non affronto o sviluppo tematiche, preferisco definirle questioni di carattere universale. Sicuramente fra le principali questioni vi è il concetto dell’hasard, in altre parole un avvenimento che non possiamo spiegare e di cui non possiamo impedire il verificarsi. Le ultime opere si focalizzano su questo concetto, ovviamente connesso alla morte.

Le sue opere più recenti sono installazioni capaci di avere un forte impatto sul pubblico, crede che le grandi dimensioni siano un requisito essenziale per trasmettere il messaggio da lei voluto? E ancora, pensa che sia importante questa relazione-partecipazione emotiva o anche di natura pratica (penso ad esempio agli Archivi del cuore) da parte del pubblico?

No, non credo che la grande dimensione sia un requisito essenziale delle mie opere. Ad esempio l’ultimo lavoro (Storage memory, n.d.r.) è una semplice serie di video. Tutto dipende dalla questione posta alla base del lavoro. Ciò che m’ interessa delle installazioni è che il pubblico non si trovi di fronte a un’opera, bensì dentro. Fa parte dell’opera. Per quest’utilizzo, o cerco di utilizzare, tutti i sensi umani, udito olfatto e vista, proprio per far immergere il pubblico all’interno dei miei lavori.

Storange Memory rappresenta un cambiamento importante. Il concetto di biografia e di memoria sarà nuovamente affrontato nei suoi video, ma perché ha deciso di dare la possibilità a ogni persona di possedere una sua opera?

Io penso che oggi un argomento interessante sia quello che si possa entrare in contatto con qualcuno che si trova dall’altra parte del mondo. Vi sono migliaia di persone che non hanno potuto mai vedere una mia opera e attraverso il video, internet, la comunicazione globale potranno accedervi. Ciò che ritengo importante oggi è la trasmissione della
conoscenza – di questioni – che può esser fatta ovviamente con diversi media.

Lei è cosciente del fatto che attraverso queste “trasmissioni di conoscenza” ha raggiunto così una svalutazione totale dell’opera come oggetto?

Io credo che non vi siano più oggetti da trasmettere. È molto più importante la trasmissione della conoscenza, penso ad esempio all’installazione realizzata prima a Parigi, poi a New York poi Milano: nulla è stato trasportato, ma l’installazione realizzata in tre diverse location era sempre la stessa. È come una composizione musicale che si basa sulla conoscenza del modo in cui eseguirla.

La “forma”, ovvero l’aspetto esteriore dei suoi lavori, si è profondamente evoluta nel corso degli ultimi quindici anni. Questo è legato al cambiamento della sua posizione riguardo al ruolo dell’arte nella società?

Una forma deve, a mio avviso, costantemente evolversi, perché nel momento in cui è riconosciuta come “artistica” non sarà letta più nello stesso modo. E’ ovvio che si evolva in parallelo all’ evoluzione del mondo circostante, della società; non per nulla il peso della storia si manifesta nell’attività’ di ciascuno. La situazione nel 1969 era completamente diversa da quella di oggi. In quegli anni, nel mondo occidentale era in corso una grande trasformazione. Gli intellettuali avevano la percezione di essere alla vigilia di una mutazione culturale legata a una rivoluzione sociale. Oggi le ideologie hanno perso la loro forza, non crediamo più a una vigilia di rivoluzione e viviamo in un clima d’inquietudine. L’impressione, a mio avviso, è che molti artisti deviano per questa ragione verso una posizione ottimistica: spiegare e teorizzare l’arte, ricreare strutture anonime per migliorare la cornice di vita. Cercano di affrontare le preoccupazioni più schizofreniche: rifiutare la realtà e rinchiudersi nel sogno. Oggi, ma lo penso da sempre, l’arte non cerca più di influenzare la vita. L’arte è solamente l’arte e la pittura subisce il mondo ma agisce molto poco su di esso. Tuttavia l’arte rimane la chiave di lettura per un miglioramento di questo mondo in caduta libera.

Parliamo ora di un tema attuale come quello della crisi economica che ha colpito il mondo occidentale. Crede che questa crisi possa esser una conseguenza di una più ampia crisi morale della nostra società?

Questa crisi morale non so se sia legata all’attuale crisi economica. Ciò che so, è che l’arte ora è profondamente legata alla questione economica. Quando ero giovane la questione economica non aveva quasi importanza. Ora invece è la priorità.

Le sue origini sono ebraiche e cattoliche, vorrebbe parlarci del suo rapporto con la religione?

Io non sono assolutamente religioso o credente. Ho avuto un’educazione cattolica, ma non posso definirmi per questo credente. M’ interessano sicuramente le religioni, perché tutte pongono delle questioni. Penso all’opera Personnes, in cui l’immensa gru prende e sposta i vestiti: potrebbe essere intesa come metafora di Dio, ma in realtà io la definirei più come il destino cieco che colpisce, ammazza, schiaccia la vita di una persona e non di un’altra. E’ il caso, non c’è risposta. L’Hasard.

La sua compagna, Annette Messager, è anch’essa una delle principali figure dell’arte contemporanea francese. Potrebbe parlarmi delle vostre affinità e diversità dal punto di vista artistico?

Penso che siamo profondamente diversi. Certo è della stessa generazione ma da anni io non entro nel suo atelier nè partecipo ai suoi vernissage e lo stesso vale per lei. Ciascuno ha preso la propria via di ricerca. Guardando dal di fuori vi sono dei punti in comune, come la particolare dedizione alla costruzione degli spazi. Ma fortunatamente sono molte di più le differenze che le affinità fra me e Annette.

Che cosa crede si ricorderanno di lei le generazioni future? E cosa accadrà all’arte negli anni a venire?

L’arte è in continuo cambiamento, certamente accelerato dagli sviluppi degli ultimi anni. Quindi non saprei davvero cosa dire. Su dieci artisti conosciuti oggi, quattro saranno ricordati nei prossimi cinquant’anni e altri quattro non conosciuti oggi saranno riconosciuti domani. Ciò che penso, nonostante io non sia un “vero pitture”, è che la pittura ritornerà con forza. La pittura non è assolutamente scomparsa, la vera pittura ha ancora tanto da svelare. Inoltre ciò che spero è che l’utopia, la riflessione, il lato intellettuale dell’arte ritornino ad essere di primaria importanza per l’arte stessa, e quindi anche per gli artisti.

Valentina Sciarra è curatrice e ideatrice di installazioni multimediali, vive e lavora tra la Francia e l’Italia. Ha
studiato Giurisprudenza, Fotografia, Storia dell’Arte, Curatela e altro ancora. Scrive per Kritika come corrispondente dalla Francia e collabora come corrispondente italiana per Performarts di Nizza.

 

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