ARTICOLO PUBBLICATO SU IL GIORNALE OFF
Uno dice Courbet e pensa all’origine del mondo, col sesso femminile aperto sul mondo là fuori e all’io/mondo di chi lo guarda. Ma non è vero. Nel senso, oltre a Courbet c’è di più.
Googlate queste due parole semplici semplici: arte ed erotismo. Risultato: quattrocentosettantaduemila pagine in mezzo secondo.
Una cornucopia di linee e forme audaci, gigioneggianti o sfacciatamente lussuriose, dall’arte che ti aspetti (le pitture erotiche di Ercolano e Pompei, le stampe giapponesi, Klimt, Schiele, i disegni di Guttuso, Picasso e Dalì e le foto di Helmut Newton e Thomas Ruff e le sculture di Marc Quinn e Jeff Koons) a quella che non ti aspetti (Giger l’oscuro, che disegnò una penetrazione dalla prospettiva dei testicoli, che nel suo insieme sembrava una gigantesca architettura, per non parlare dei disegni erotici di Füssli e Hayez) è tutto un darsi convegno alla scuola di Priapo e, come ben sanno gli aficionados dell’arte, anche fra gli artisti giovani e ancor-giovani i contributi del supercontemporaneo non mancano.
Non è il caso di tediarvi con dotte disquisizioni intorno alla distinzione fra erotismo e pornografia, perché questa con-fusione è come la bellezza, sta solo nell’occhio di chi guarda ed è materia buona per topi di biblioteca.
Certamente possiamo dire che l’arte abbonda di riferimenti in tal senso e a voler essere estremisti della categorizzazione potremmo inserire nel tal filone anche il grandissimo Franko B e i prodromi dell’Azionismo Viennese, nelle cui performance il corpo grondava e gronda sangue quasi erotofilo.
Ma arte/erotismo/pornografia è anche divertimento e non solo pensose riflessioni (ma dove le potremmo inserire le esibizioni tristi di Milo Moirè?): se siete milanesi o in procinto di esserlo, fatevi un giro alla mostra di Massimo della Pola e provate a entrare nella sua Dark Room (informazione di servizio: io ci sono stato ieri sera, la stanza era un buco naturalmente buio dove in tre si stava stretti stretti ed io ero solo soletto con due visitatrici trovate lì dentro non per caso).
Ma in questo epicentro dell’arte che è Milano, ribattezzata con gran pompa the place to be, potreste vedere anche i disegni su carta e caffè di Giovanni Manzoni, di cui OFF si è già occupato.
I lettori di OFF già lo sanno, Giovanni Manzoni è esteticamente malato di gigantismo, muri e grandi superfici sono spesso le “tele” lungo cui si dispiegano le sue anatomie michelangiolesche rivisitate alla luce del contemporaneo, tributarie (ma con risultati assolutamente personali ed elaborati) dei più grandi maestri del disegno e della pittura.
Sostenitore (e noi con lui) di un’arte per il popolo e non solo per gli snob imbucati alle vernici della varie biennali (l’arte senza il mercato non esiste, ma anche il mercato rionale è di fondamentale importanza), realizza un’arte erotica e pornografica aggraziata, poetica e gaiamente lieve in quel suo essere magma proteiforme di segni, macchie e linee che definiscono i corpi nella sontuosità di pose che in altri contesti ricadrebbero nel vietato.
Perché l’arte è (anche) questo: non che il contesto sia tutto, ma sicuramente svolge un ruolo dirimente. Se «una rosa, è una rosa, è una rosa», allora un cesso smette di esserlo quando viene esposto in una mostra.
Così, il senso del proibito si svuota di tutta la sua gratuità una volta che l’arte ci fa aprire gli occhi. E chissà che un dì nella vita “borghese” smetteremo di stupirci davanti a quelle immagini di YouPorn da cui sovente i nostri artisti prediletti traggono ispirazione (corsi e ricorsi: se nel tempo i Papi han ceduto il passo prima agli imperatori e poi ai collezionisti, così le modelle sono passate dall’atelier fisico e privato del pittore a quello pubblico e virtuale dei consumatori d’immagini).
Di questo e molto altro, sull’artista Giovanni Manzoni e su un concetto estetico di erotismo e pornografia che rifugge dal “già sentito”, si parla nella sua intervista OFF: perché, mutuando dallo slogan che James Carville coniò per Bill Clinton, «it’s the art, stupid!»
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