LA CITTA’ NUOVA. OLTRE SANT’ELIA

0 Posted by - March 25, 2013 - Recensioni

Como si ribalta, investendo non nelle nostalgiche citazioni di luoghi manzoniani o nella comunicazione gossippara intorno alle frequentazioni della villa di George Clooney, ma nella storicizzazione di cent’anni di città come macchina della visione e icona del progresso.

Il progresso, il dinamismo, l’interdisciplinarità tra tecniche e linguaggi sono ambiti di ricerca alla base di tutte le prime avanguardie artistiche storiche che hanno caratterizzato l’Europa fino al 1945. Nel 1910, in Italia, in seguito alla rivoluzione industriale, l’amplificatore del nuovo che avanza fu il movimento futurista,teorizzato da Filippo Tommaso Marinetti. Umberto Boccioni, nell’opera ispirata a Milano La città che sale (1910), iconizza la metropoli come laboratorio del nuovo, in cui tutto è in vorticoso divenire.

Como rivisita un suo cittadino illustre, Antonio Sant’Elia (1888-1916): architetto futurista, visionario, dimenticato da molti, autore con Marinetti del Manifesto di architettura futurista (1914), Sant’Elia cent’anni fa immaginava ciò che poi è stato fatto da altri negli anni Venti e Trenta. A Villa Olmo, incastonata in una cornice paesaggistica lacustre che non ha eguali nel mondo, è stata inaugurata una mostra dall’emblematico titolo La città nuova. Oltre Sant’Elia (catalogo Silvana Editoriale) a cura di Marco De Michelis. Una mostra che non celebra il passato ma guarda al futuro, dimostrando che investire nella cultura è una strategia. L’esposizione di cento opere, alcune delle quali inedite, tra dipinti, disegni, modelli, filmati, installazioni di artisti, architetti, registi, in bilico tra architettura e urbanistica visionaria, inizia nell’atrio della Villa Olmo, con un plastico di città concepita a imbuto intitolato Intrapolis, di Walter Jons. Il percorso espositivo si apre all’insegna della sinestesia tra urbanistica e visione con il video di Lucia Moholy-Nagy, Berlin, tratto dal fotomontaggio di Laszlo Moholy Nagy del 1929. Solo per questa opera dall’energia ipnotica la mostra vale un viaggio a Como.

Si prosegue nella sala dove si trovano dodici progetti del 1914 per La Città Nuova, indimenticabili frammenti urbani come le centrali elettriche e stazioni di Antonio Sant’Elia, caratterizzati da forme che rielaborano l’architettura industriale americana e quella della Secessione Viennese di Otto Wagner e di Joseph Maria Olbrich. I suoi edifici però sono più innovativi per fughe prospettiche e tagli verticali accentuati da contrafforti e facciate a gradoni, ascensori esterni, funicolari: moderni grattacieli collegati da ponti di ferro e viadotti adottati nelle scenografie di Metropolis, film cult di Friz Lang del 1927 e proiettato in una piccola sala. Completano la sur-visione della città la sala che raccoglie una serie di bozzetti per la scenografia del suddetto film disegnati da Erich Kettelhhut e Otto Hunte e altri paesaggi urbani, fra cui non dovreste perdervi quello di Mario Sironi, un incastro post cubista di Fernand Léger e di Umberto Boccioni, Beata solitudo, sola beatitudo.

Nel 1927, Luis Buñuel dichiarò:

Il cinema sarà l’interprete dei più audaci sogni dell’architettura

Il regista surrealista non sbagliò, a giudicare dall’iconografia visionaria ispirata ai film di Lang, Batman, Blade Runner, Matrix e Prometheus.

Superata questa sezione vi troverete immersi nei progetti razionalisti di Le Corbusier, architetto e pittore, de La ville contemporaine de trois milions d’habitants messa a punto con Pierre Janneret, presentata al Salon D’Automne di Parigi nel 1922, dagli utopistici ma funzionali moduli abitativi. Nella sala successiva si sprofonda in una monumentale spianata di verde: è il meraviglioso plastico di Broadacre City di Frank Lloyd Wright del 1959, considerato tra i progetti più importanti della modernità. Non dimentichiamoci che soltanto nel Novecento si incomincia a sognare il futuro attraverso visioni concrete e la carrellata di opere in mostra lo conferma, con i quattro cicli di immagini che compongono la nuova videoinstallazione di Jan Tichy, Things to Come, ispirata a Moholy-Nagy.

Con La piccola città spaziale di Yona Friedman e di Jean Baptiste Decavèle vedrete un’installazione ambientale che occupa un‘intera stanza: scatoloni per aria sostenuti da fili, a indicare il cielo come possibile piattaforma di sviluppo per le città volanti del futuro, immateriale e intercambiabile. Tra un opera visionaria e l’altra ricordatevi che il tema utopia e architettura a Como si intreccia al laboratorio razionalista tra gli anni Venti e Trenta capitanato da Giuseppe Terragni, autore della nota Casa del Fascio, considerata un modello insuperabile di purezza e funzionalità formale da Daniel Libeskind e altri architetti contemporanei.

Superate le sale con i progetti utopisti degli anni Sessanta, alcuni dei quali critici nei confronti del consumismo e dell’ideale fordista del lavoro, memorizzato il progetto futuristico di Plug-in City di Peter Cook, guru degli Archigram e i progetti di Achizoom, gruppo italiano sessantottino noto per la ferma critica al capitalismo e per le idee radicali intorno a una visione altra della città e della società, secondo un’idea di sviluppo che oggi diremmo sostenibile. Sempre graditi poi il Monumento Continuo. Nel deserto del Sahara e altri utopistici progetti del gruppo fiorentino Superstudio.

Proseguite nella sala dove vi perderete in una videoinstallazione, RMB: City. A Second Life Plannig dell’artista cinese Cao Fei, che rappresenta un collage di città fluttuante su un’isola fantastica dall’aspetto familiare e surreale insieme, dove si riconoscono le architetture di Foster, Koolhaas, Hergoz & Meuron. Vedrete che l’architettura reinventa se stessa e sviluppa città future sulle conoscenze del passato e sulle certezze del presente nel monumentale plastico di Constant Nieuwenhuys, il pittore olandese che tra il 1957 e il 1972 lavorò come architetto dedicandosi a un unico e vasto progetto: la realizzazione di un singolo edificio grande quanto l’intero pianeta. Vi perderete nella sua New Babylon, in cui desiderio e funzione non si intrecciano mai. Godetevi la città volante in plexiglass trasparente di Carsten Holler, ispirata a un progetto di tesi di laurea di Georgi Krutikov, architetto costruttivista tra i primi a profetizzate scenari urbani in cui arte e architettura possono strutturare relazioni e città volanti, attualmente sperimentate da Tomas Saraceno. Chiude il percorso espositivo Pizza City, istallazione cuneiforme di circa otto metri che rappresenta una città in miniatura composta da venti moduli collocati su tavoli uniti fra loro; l’autore è Chris Burden, artista americano attivo negli anni Settanta ed entrato nei manuali di storia dell’arte contemporanea con la performance Shoot del 1971, durante la quale si fece sparare a un braccio da un amico con un fucile. La sua installazione rispecchia il presente, perché è concepita con spirito multietnico e contiene edifici ed altri elementi tipici della città europea mixati con altri di foggia orientale, nordafricana, americana.

Dopo la visita a Villa Olmo non dimenticatevi di fare una giro anche nella Pinacoteca Civica, con la presentazione di cinquanta disegni di Antonio Sant’Elia di proprietà del Comune di Como: da anni sepolti negli archivi, essi rappresentano un patrimonio di inestimabile valore ora totalmente informatizzato (tra pochi giorni sarà attivato un sito accessibile al grande pubblico di tutto il mondo). Questa mostra è la prima tappa di un progetto concepito nel prossimo triennio, che terminerà nel 2015 in occasione dell’Expo di Milano e solo allora vedremo se le nostre attuali visioni di città nuove e progetti legati allo spazio urbano coincideranno con la realtà.

 

La città nuova. Oltre Sant’Elia

Villa Olmo
via Cantoni 1, Como
villaolmo@comune.como.it
www.lacittanuova.it

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