Occorre ripeterlo? Le interviste come quella che vi accingete a leggere sono state intercettate in remoto da una conversazione via Facebook fra Ivano Sossella (che-ormai-non-ha-più-bisogno-di-presentazioni-qualora-servissero) e un* artista, scelt* a insindacabile giudizio del sottoscritto.
E’ una formula dialogica interessante, questa delle intercettazioni “telefoniche”, perchè permette al* lettor* di scorrere con gli occhi un’intervista effettuata informale (ma sewria) e sicuramente non noiosa.
Ora tocca a Marco Fantini e desidero proprio esprimere un giudizio tranchant: questa volta il Nostro Ivano Sossella ha fatto un po’ troppo il cagacazzi (ma gli vogliamo bene lo stesso). Quindi: onore e gloria a Marco Fantini che, soprattutto quando gli vien contestato l’uso iconografico del teschio, dà una risposta con cui sono totalmente in accordo.
Non ha alcun senso prendersela con l’ecccesso di teschitudine: il fatto che nelle arti visuali di quest’ultimo decennio sia apparso un numero smodato di scatole craniche in tutte le fogge non autorizza a fare critiche non richieste. I teschi ci son sempre stati, in tutte le epoche, non è che basti un Damien Hirst per fare una polemica epocale. Nel Settecento era abbastanza diffusa un’attitudine all’iconografia del Capriccio, ma chi direbbe “che noia queste rovine signora mia”?
Che poi, sia detto inter nos, io ho sempre preferito i capricci ai teschi.
Buona lettura.
(Emanuele Beluffi)
Ivano Sossella usw:
Marco non credi sarebbe cosa carica di auspici fare divieto (penale sia chiaro nn civile) per 3 (meglio 5) anni di proporre teschi in qualsiasi forma o colori, in arte?
Marco Fantini:
Mah, secondo me no…perché?
Ivano Sossella usw:
Un tic personale spero.. è che mi pare un po’ l’invasione degli ultra-teschi ultimamente. Mi sbaglio, forse. In un lavoro tuo C’è un teschio: a chi appartiene?
Marco Fantini:
Da che ho memoria, seppur per fasi alterne, l’iconografia del teschio e’ sempre stata presente all’interno del mio abbecedario iconografico, sia pittorico che scultoreo. Per portarti un esempio, al teatro India di Roma, in una mia mostra del 2004, l’intero corpus lavori gravitava attorno ad una platea di teschi in pietra e ad un grande teschio di plexyglass appeso sulla scena a mo’ di lampadario. Se ti dico che a questi teschi mancava la mandibola e che per me rappresentavano un ibrido con la maschera di Pulcinella, magari suscito in te qualche ulteriore curiosità. Per finire io ritengo si dia eccessivamente importanza al soggetto, il quale può interessare forse gli illustratori ed i collezionisti affamati di senso compiuto, ma non il pittore per il quale esso e’ basicamente un pretesto. Da quanti anni poi la superficie della tela e’ invasa da figure, mani, alberi case, città? Che facciamo allora?, dipingiamo astratto tutti quanti?
Ivano Sossella usw:
Chiara la dichiarazione sulla assenza di senso e la frecciatina ai cattivoni che cercano senso e soggetto. Non che sia un colpo di teatro a dire il vero affermare che del senso e soggetto agli artisti rimanga giustissimamente solo l’oggetto… è cosa buona e masticata assai. Ma di fronte ad una platea di teschi e ad un teschio lampadario tu offri direzioni di senso e orientamento precise obbligatorie quasi autarchiche. Altro che sospensione del senso a mio vedere. Se poi la favola è quella che una cosa vale un altra che un teschio vale un innaffiatoio beh è indubbiamente così proprio perché un artista sa benissimo che così non è affatto. Ma ci sta anche dire una cosa e farne un altra no?
Marco Fantini:
…mica capite bene le tue osservazioni . Non cerco assolutamente il colpo di teatro perché oggi non c’è più pubblico da sorprendere ma solo protagonisti da accontentare. L’unico colpo che cerco e’ il verificarsi di un cortocircuito mentale privato…purtroppo incondivisibile. Non capisco neppure quale possa essere la palese ed univoca dichiarazione di senso nell’appendere un teschio alla maniera di un lampadario. Forse voglio ribadire il funerale delle appliques luminose? La scelta di un soggetto così blasonato come il teschio presta indubbiamente il fianco alle più prevedibili interpretazioni…un po’ come Mikey Mouse. Ad onor di vero comunque Il grande teschio appeso mi richiamava la figura di un deus ex machina…e anche quella protettiva della “grande madre” ( che a ben pensarci poi mia madre amava molto i lampadari di cristallo…)
Ivano Sossella usw:
Mikey lo lasciamo un attimo da qualche parte… Il teschio-lampadario è così carico di offerta simbolica ed evocativa che è obesa di senso. Mette in scena proprio (e solo direi) la ricerca di senso. E questo piace proprio ai “ricercatori di senso” che sopra hai messo all’angolo. Ma non importa e la pittura é sempre astratta. Tutta. Perché no? Tu sei un pittore astratto come tutti noi stracolmo di simboli e senso. Fine no? Mica è una vergogna….
Marco Fantini:
Ok, del tuo discorso ho capito solo che non sei d’accordo… o mi sono rincoglionito ora oppure lo sono sempre stato, ma la tua costruzione lessicale ed il suo senso mi sono indecifrabili. Tipo: “….Tu sei un pittore astratto come tutti noi stracolmo di simboli e senso”… Mi spieghi meglio? Comunque la prima parte l’ho capita…ma evocare possibili sensi è diverso da esser portatori di senso…che la gente cominci ad interrogarsi piuttosto che a chiedere risposte che già conoscono…Questo penso…
Ivano Sossella usw:
Marco perché non fai mostre da qualche anno?
Marco Fantini:
Ho lavorato in esclusiva con una galleria per 15 anni ed ora non siamo più in sintonia. Negli ultimi tre anni ho trascorso parecchio tempo in vietnam
Ivano Sossella usw:
Sono stato solo una volta è solo per vedere le ciotole trieu… Visto nient’altro se non qualche campagna simil-Svizzera. Cosa hai visto tu?
Marco Fantini:
la campagna svizzera? Ma sei sicuro di esserci stato? Io comunque sono sposato con una donna vietnamita…lei ora è lì a dirigere un museo privato di pietre preziose di cui ho curato il progetto e la realizzazione
Ivano Sossella usw:
Qualcuno ci sarà pure stato in Vietnam dunque anche io. Ma nn importa ora in questa conversazione che ha il buon gusto di non portare a nulla. Ritorno da capo allora alla tua allergia verso coloro che ricercano ostinatamente un senso perché, dici sotto soglia, l’arte alcun senso ha. Eppur un teschio-lampadario o a traino di un carretto e così via esortano la ricerca di senso. Paiono arche che sottintendano qualcosa da rivelare, addirittura un messaggio pensa te. I dannati che cercan senso nell’arte trovano nei tuoi lavori stimoli e offerta. In fondo non è il tuo un linguaggio (per così dire ) artistico aderente al linguaggio dei rebus e pubblicitario?
Marco Fantini:
Il senso è comunque secondario…l’arte non è una questione di intenzioni, o almeno a me quell’arte che esorta alla progettualità ed alla messa in bella di tali intenzioni non mi interessa. Non vedo poi quale affinità possa esistere tra la pubblicità ed i rebus. I miei rebus mirano a proporre enigmi senza soluzione. Essi non pretendono una codificazione e non costituiscono un linguaggio. Essi sono la derivata di un innatismo, di un mio particolare modo d’essere sempre ancorato al dubbio. Il linguaggio pubblicitario implica la definizione di un obbiettivo preciso, il voler convincere ad esempio che una data cosa superflua ci sia necessaria. Io non voglio convincere nessuno… I miei lavori in fondo sono scarti… se poi a qualcuno piacciono, niente di male…
Ivano Sossella usw:
Vabbè quel che non ti interessa non è ora che interessi me penso… I rebus tutti i rebus hanno sempre una e più soluzione. Poco importa che la o le si trovi: il rebus è velo su una soluzione che lega le parti che la celano. Altrimenti nn è rebus. Il linguaggio pubblicitario segue nell’offrire accostamenti inusitati, situazioni quasi-surreali che velano una soluzione e un messaggio. Tralascio poi che dire che i tuoi lavori sono scarti e nn ti interessa se piacciono e nn vuoi convincere e questo è quello a me non convince. Per me son balle, solo atteggiamento, detto con rispetto e certo che potrei, come spesso capita, sbagliarmi . Certo un rebus può essere un opera d’arte: è solo il talento in senso pieno a creare distinzione. Qual è il talento dei tuoi quadri e sculture?
Marco Fantini:
A parte che considero le tue affermazioni l’esempio più evidente di rebus privi di soluzione,… sei liberissimo.di capire o non capire, condividere o non condividere le mie affermazioni, che a differenza delle mie opere giudico chiare e correttamente articolate, ti confermo che ho detto di non voler convincere nessuno e di non avere messaggi da comunicare. le mie opere sono scarti poiché tendo all’inazione, ovvero a non agire. Residui inespressi di inattività… Libero di crederci o meno. Il talento è quella cosa che ti fa imparare dagli sbagli fatti…ed io,in tal senso purtroppo, non credo di averne molto. taggo pochi insegnamenti dall’esperienza, tant’è, rispetto parlando naturalmente che continuo a rispondere alle tue domande e ad ascoltare le tue balle da due giorni
Ivano Sossella usw:
Ma si ma si liberalità e magnanimità ti riconosco come tutto quel che vuoi… importa zero questo. Sai si può dire anche che esita un rebus senza soluzione o parlare di “residui inespressivi di inattività ” e lo si può fare correttamente e bla bla ma questo non toglie che siano a mio modestissimo vedere balle. Queste si tetragone e dense come palle di cannone. Palle perché non stanno parlando del tuo lavoro. E lo dico perché del tuo lavoro ne so più io. Io sono un “altro” : non è forse che alla fine son sempre gli altri a saperne più di te del tuo lavoro?
Marco Fantini:
Ah beh…allora l’intervista te la facevo io caro Ivano…ma sai, io pur non sapendo cosa faccio e neppure perché lo faccio, credo di saperne molto sul “come” lo faccio…e qui parlo di processo, non di tecnica. Se poi citavi Duchamp ( l’arte la fa chi la guarda) mi sta bene… Ma se allora l’artista non sa nulla del suo lavoro, allora perché criticarlo se dice di non volere farsi carico di nessun cazzo di messaggio o precisa intenzione? E sopratutto… Perché porgli delle domande se sai già tutto del suo lavoro? La prossima volta che mi chiedono un’intervista passo subito la tua mail…Ps: leggi bene: residui inespressi di inattività,.. non inespressivi…è grande la differenza…Massimo rispetto comunque per l'”altro”… Sempre che sappia di essere “altro ” per l’appunto
Ivano Sossella usw:
La grande e grandissima differenza ( -…è grande la differenza…-) è data dal punto di vista, dal mio non la sento così fondante mah… Critiche nessuna mi pare evidente e scontato critico nulla. La domanda casomai oltre stimolare le tue battute un po’ da remigino ma nn male in fondo è traducibile così (vediamo se riusciamo): Marco parli indifferenza e distacco, di scarti inespressi di lavori che sfuggono alla compiutezza semantica: è dunque destino dei tuoi lavori (come forse di tutti i lavori ) smarrire da subito ogni rapporto col suo autore ? Son gli altri nel nocciolo del lavoro a dare presenza e effettiva al lavoro di un artista ? L’ outre-altro di Lacan è più autore dei tuoi lavori di te ? se preferisci domande così… Prego. (Ah Duchamp non nominarlo ancora altrimenti si che l intervista è finita)
Marco Fantini:
Allora direi che è finita perché io cito chi voglio
Ivano Sossella usw:
Ma non lo hai citato ancora ancora : possiamo continuare no?
Marco Fantini:
Se non mi detti Condizioni possiamo continuare…vedi tu. Per rispondere alla tua ultima domanda relativa l’altro lacaniano…beh, per risponderti bene finirei col far collassare definitivamente questa conversazione remigiana. Ti dico solo che sono stato per 4 anni in analisi da uno psicanalista lacaniano, che quando cominciai non sapevo neppure chi fosse lacan ed ora che lo so ne so ancor meno di prima. Però so chi è PER ME l’altro e ti rispondo che credo di esserne l’ espressione. Quindi considero l’opera conclusa quando smette di essere il riflesso delle mie intenzioni. A quel punto essa mi guarda, la sento viva. Insomma,credo di essere, non l’autore dell’opera, quanto il soggetto della sua rappresentazione.
Ivano Sossella usw:
Qui nel mio asilo tra pappe e balocchi la questione è che io modestissimamente domando del lavoro e tu rispondi (?) e dici di te. E la psicoanalisi e il Vietnam, la moglie e tutto quel che con grande rispetto riguarda zero i tuoi lavori. Che poi debba star a sentire quando affermi che i tuoi lavori sono il riflesso di Tue intenzioni dunque di Te e che Tu sei il soggetto etc etc lo si fa per cortesia ma son storie a mio vedere. I tuoi lavori di te sanno zero e zero loro importa di rifletterti in qualche modo. Sanno nulla. Cambierebbe qualcosa per i tuoi lavori come per quelli del Giorgione se si venisse a sapere che in entrambi i casi era la vecchia zia a farli ? Fosse lei l artista cambierebbe qualcosa al lavoro e al tuo -presunto – riflesso etc?
Marco Fantini:
Ivano, ma ci fai o ci sei? E uso questa formula canonica x cortesia,perché inizio a preoccuparmi x te…seriamente. Hai citato lacan giusto? E cosa lo citi a fare? Perché per sbaglio hai letto il suo nome su Wikipedia?. Ok accontentare il tuo pubblico con qualcosa di divertente, ma qui si scivola nella demenza, perdonami. Mi chiedevi dell’altro lacaniano e ti ho risposto..ora mi dici bando alla psicanalisi ecc…ma nel tuo asilo, quando mangi la pappa ingoi il cibo o la tovaglietta?
Ivano Sossella usw:
Non ti preoccupare, preoccuparsi è niente: se proprio vuoi prega per me: questo sarebbe cosa attiva ed efficace semmai: preoccuparsi mah…Comunque ok demenza, Wikipedia, cibo all’asilo e pubblico (?) da accontentare e tutto quel che vuoi caro Marco ma una prece: risponderesti alla domanda appena qui sopra?
Marco Fantini:
Se mi trovi una zia in grado di farlo non ho nulla in contrario. Magari avrò fortuna come il giorgione
Ivano Sossella usw:
Perché? Perché non credi possa essere possibile? Intendo: è chiaro che la domanda contiene un eccesso figurato ma il punctum è:cambierebbe qualcosa? Che ne sarebbe del “riflesso”?
Marco Fantini:
Leggi bene cosa ho scritto: l’opera una volta finita NON DEVE essere lo specchio riflesso delle mie intenzioni. Io non illustro, dipingo…Devo essere io a liberarmi dell’io attraverso l’opera, non la zia. Se la zia ci riuscisse la rimozione riguarderebbe il suo di-io, non il mio. È questo il processo di una mia opera…mia opera, non della zia, capisci? Della zia non me ne frega un czz…sono io quello che gioca qui…e il gioco si fa sempre più difficile….Diciamo così :Non delegó la rimozione del mio io ad altri io. Perché la dove altri illustrano, concettualizzano(spesso senza nemmeno sapere cos’è un concetto) e raccontano io miro a distruggere ogni possibile discorso. Fine del discorso
Ivano Sossella usw:
Grazie della conversazione Marco e fine ok se credi ma della favola nn del discorso
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