Ivano Sossella diverso per…Verso: The Format Gallery di Milano ha presentato il 5 marzo scorso la sua personale, Sine baculo. L’intervista che segue è stata realizzata al contrario: dopo la studio visit di prammatica, il sottoscritto aveva ricevuto le risposte e poi s’era fatto le domande.
Caro Ivano, parlaci di questa tua nuova produzione d’arte che andremo a guardare da The Format Gallery. L’impressione è che, nella novità, tu sia rimasto fedele a te stesso: un colpo d’occhio preliminare sul mondo, per dirla alla Heidegger. E in fin del conto, l’arte è come la filosofia: cambiano le risposte, ma le domande son sempre le stesse.
Il lavoro è sempre lo stesso: dare luogo ad un ponticello di contatto tra mondo reale e mondo vero. Il contatto, lo si sa, ha natura pervasiva: dalla carezza al pugno, dalla relazione al blackout. Ma siamo sempre lì. Non si tratta di un lavoro che riguarda solo me, sia chiaro. La differenza nel lavoro è l’invenzione, l’immaginabile se vuoi, ma è sempre lo stesso. L’arte nel nocciolo del proprio prendere parte al mondo non si è mai mossa di un centimetro. E per fortuna. Il lavoro è sempre lo stesso. Ed è questo semmai da tutelare.
E qual è il ruolo dell’artista rispetto all’arte? Non è mai un intellettuale. E’ un prestidigitatore. E’ un cretino. In fin del conto il titolo stesso della mostra lo dice…
Ma sai, la tentazione e l’inganno nel lavoro di un artista è quella di prendere delle scorciatoie. E’ facile farlo. Se prendo dei fogli bianchi li butto in un fiume, li recupero, li lascio asciugare e una volta così “lavorati” dall’acqua li espongo, beh, ci si crede. Se combino gli scarti di colate di acciaio industriale e li semino quale piante prive di crescita in una galleria, beh, ci si crede. Se lascio che volute di fumo colorato di adagino mischiandosi in una galleria, beh, ci si crede. Un artista sa che in realtà è un trucco. Una scorciatoia. Non conviene mai fare quello che verrà, facilmente, creduto. L’ arte non è credibile. E’ vera semmai: in questo risuona con la poesia.
Tu sfuggi. Mi parli di massimi sistemi, ma come le leggi son fatte dagli uomini, così l’arte è fatta dall’artista. Non è che si debba sapere se sia nato prima l’uovo o la gallina, ma capire qual è il ruolo del gallo in tutta questa faccenda. L’artista lavora, produce, creerà valore, insomma basta con quest’idea del pittore con le pezze al culo ed ebbro d’ispirazione che…
Siamo tutti fermi con una tela bianca e qualcosa da fare: di fronte a questo abisso a questo punto di condensazione dello spazio, della parola, del cuore, della vita non occorre fare un passo, una danza. Occorre semplicemente “fare”. Occorre però avere un lavoro in tasca e non solo dei pezzi, altrimenti si danza ma si fa niente. Il valore di un pezzo è il lavoro a cui rimanda.
Ma non c’è solo l’artista, che pure è necessario (senza, i galleristi dovrebbero cambiar mestiere): c’è tutto un sistema fatto di operatori del settore che concorre a determina il valore di questo “fare”.
Ma che ne so io… Ne so nulla
Ivano, dicci in breve il senso del tuo operare con l’arte. Dobbiamo farci stupire anche da te?
Con poche parole, con uno slogan il lavoro è questo: prendere distanza per aderire. Prendere distanza da una forma per corazzarla di una particella di vero. Via dal quadro e finire per indossarlo. L’ arte è per sua natura implosiva: nessuna esplosione. L’arte o presunta tale che gioca sull’effetto dirompente è roba da cameriere.
Secondo me (anche) l’opera d’arte è sempre un’autobiografia. Quanto c’è di Ivano Sossella in Sine baculo?
C’è niente di me nei miei lavori: non sanno, non si interessano e non hanno alcuna relazione con me. La gioia della poesia è semmai la tenue e talvolta illusoria occasione di scrollarsi l’io di dosso. Ma sai, l’arte è luogo di bugia: non esiste weltanschauung che un opera possa ospitare. L’arte ospita nulla: abita semmai il mondo, pretende e conquista essa stessa ospitalità.
Cosa dobbiamo aspettarci da questa mostra? Che guardando le tue opere si resti con la boccuccia a culo di gallina?
Non ho idea di cosa si possa pensare ad una mia mostra. Intuisco di cosa si possa fare esperienza emotiva o no che sia. Ma non ho mai pensato e desiderato che ad una mia mostra si sia travolti da emozioni, pensieri e azioni. Una vanità (nel senso di vanitas) mi porta piuttosto a desiderare che se si vede una mia mostra si senta assolutamente nulla: ma proprio niente, tanto siamo abituati a profumi e colori. Niente. Però…. però la notte, chissà come mai, non si riesce a dormire. Questa la mia vanitas. Rimando a una lettura per chi ha occhi per leggere: L’intervallo perduto di Dorfles.
Ultima domanda: che mostra suggeriresti di visitare ai nostri (e)lettori?
Come mostra consiglio La pace perpetua editata da Luca Sossella, regia Jacopo Gassmann. Pregherò per chi se la perde. Se poi proprio si vuole insistere c’è Massimo Kaufmann da Scognamiglio. Ma son tutti amici e forse non vale.
Diavolo d’un Sossella…
Guarda qui la videorubrica Praline. Prelibatezze dal mondo dell’arte, a cura di Sergio Mandelli dedicata a Ivano Sossella.
Ivano Sossella | Sine baculo
The Format Contemporary Culture Gallery
via Giovanni Enrico Pestalozzi 10, interno 32, Milano
theformatculturegallery@gmail.com
www.theformatgallery.com
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