Una nuova intervista via Facebook dell’artista Ivano Sossella all’artista Sergio Padovani. Repetita iuvant: le interviste tradizionali sono troppo noiose e le leggono solo gli intervistati, ma ora le applicazioni della tecnica favoriscono una metodologia del comunicare e del condividere che, sebbene non più inedita, se realizzata da personcine in gamba ci induce naturalmente a godere lo spettacolo.
Ivano Sossella Usw
Bei disegni: magari a lungo andare una punta noiosi ma belli. Molto gusto, il dovuto autocompiacimento e un soggetto che è di tendenza mi pare… mi riferisco all’onirico-favolistico-surreal-popolare che è un po’ epidemico adesso…
Sergio Padovani
Ti ringrazio del parere che mi sembra sinceramente radicato nel suo giudizio… l’epidemia critica e’ di solito buonista nel suo affaccendume da ricerca ingaggio, ogni tanto e’ piacevole vedere che c’e’ chi parla senza altre direzioni in mente. Per quanto mi riguarda cerco di raccontare come ne sono capace, non favole, ma strutture dell’uomo moderno filtrate dal mio modestissimo ma pur esistente bagaglio umano…e uso tutto ciò che trovo…autocompiacendomi della noia dei miei soggetti. Per le malattie pseudo-generalizzate non me ne curo,mi barrico in casa e aspetto che la mia personale (ognuno la vive come sua..) infezione abbia il suo corso…
Ivano Sossella Usw
in casa o su una torre ? intendo dove ti barrichi… ? E poi: Carmelo (Bene, n.d.r.) ha detto che in fondo si parla sempre e solo di cazzate. Questo può dare ragione al fatto o che tu parli (racconti) dei fatti tuoi ?
Sergio Padovani
la torre subito, potessi…se non altro sai che sottile piacere far fare le scale ai poveri avventurieri che vogliono venire a trovarmi? A dir la verità l’idea era raccontare a modo mio dei “fatti/strutture” vostri, tirandomene fuori e saltellando nella torre, ma, ahimè, magari qualcosa nel pentolone ci finisce lo stesso e quindi, in fin dei conti, Carmelo Bene ha ragione da vendere. Ma il giudizio e’ cosa sana et justa..allontana le false promesse che quel che approcci non sia cosi misero come sembra! A parte tutto…sul tuo provare a “capire dopo”…comprendo…
Ivano Sossella Usw
comprendi ? Ludovico (Ludwig) (Wittgenstein, n.d.r.) diceva che dire a qualcuno, ti capisco è una balla. Plausibile dire: ci credo. Che è meglio. Ma per tornare: La torre significa nel fondo-profondo-e-vero che qualcuno dovrà portarti acqua e pane e che nessuno, se non te, dovrà averne le chiavi. Nel senso: i disegni finiscono per essere così piacevoli-a-te che ti impediscono di fare quadri. Per far cose belle, non rischi poi di farne troppe che alla fine sono più “carine” che belle tanto tu… stai nella tua torre
Sergio Padovani
a dirla tutta la torre e’ bella se ogni tanto qualche anima pia viene a vedere se sono ancora vivo! Non pensare che non ci abbia pensato a pensare di “raccontare” meno e forse meglio, ma un po’ gli impegni con le persone con cui vale la pena impegnarsi e un po’il sentirmi solo nella torre hanno creato il modus operandi che ancora mi appartiene. Ma e’ in cantiere un approccio più..respirato!
Ivano Sossella Usw
Il quadro è la porta spazio-temporale dell’arte lo si sa. Ma tu pare voglia starne al di qua, fisso nel disegno. Ma disegno e pittura spesso sono cose lontane ed estranee. Il quadro non permette di nascondersi nel soggetto (del quadro) a differenza del disegno. Il surreal-nazional-popolare dei tuoi lavori parlano di disegni. di scorciatoie in fondo…. la maledizione della torre direi…
Sergio Padovani
devo dirlo, a sorpresa, il tuo notare un mio legame stretto col disegno, mi fa davvero piacere. Per due motivi… Il mio modo di dipingere,senza disegni preparatori o immagini preesistenti,si fonda essenzialmente nel riconoscere un immagine all’interno di un’anarchica ricerca, per tentativi, che la tela a malapena (vista la presenza di bitume, resina ed altre autarchiche sostanze..) sorregge. Questa immagine è soggetto ma anche luogo (i miei soggetti raramente interagiscono o agiscono semplicemente) dove il quadro aspetta stoicamente il riconoscimento spazio-temporale…che arrivi o no. Se alla fine emerge il concetto di disegno, quando non è stato né mentalizzato né preparato,tantomeno voluto, mi soddisfa alquanto. E’ come quando con la chitarra elettrica, dopo mille effetti, distorsioni ecc. si è arrivati a ricostruire il suono della chitarra acustica.. Il secondo motivo è che per un’autodidatta come me, che lavora con una tecnica da esilio dall’albo dei pittori (ce ne fosse uno..) avvicinarmi alla parola disegno è sempre stato ostico e sofferente. Quindi se questa cosa esce,anche se maldestramente, fuori lo stesso…eureka! La torre la si può abbandonare e abbattere,ma mai denigrarla…è come mandare al diavolo la propria culla! Non si fa!
Ivano Sossella Usw
io, con grande rispetto, devo dirti che non ho capito assolutamente nulla. Il rispettosissimo pippozzo non potrebbe essere compreso in 30/40 parole ? Bitteschoen!
Sergio Padovani
Versione bignami posso dirti che se vedi disegno dove c’e solo ed esclusivamente pittura lo prendo arrogantemente e senza permesso come un complimento. Ma era molto più leggiadro il “pippozzo”incomprensibile…almeno creava un’aura da artista contemporaneo che gestisce al meglio il suo fantomatico ruolo nel bailamme delle pitture modaiole italiche. Comunque se era un “dankeschoen” rispondo “bitteschoen, nichts zu danken!”

Sergio Padovani, LA PAZZA, 2013, olio,bitume,resina su tela 25×30 cm, Courtesy Sergio Padovani
Ivano Sossella Usw
nessuna aura: era semmai artistese mentre è sempre conveniente tenere distanza tra poesia e poetese. La sensazione che tu confonda le cose per è forte. Ma le sensazioni non devono per forza lasciare segno. Che poi io veda disegno dove c’è pittura è tua considerazione: avanzo semmai la constatazione che non c’è pittura, e che al contrario è il disegno, con gli escamotage che offre (un disegno ha sempre una sua completezza, anche in una sola riga su un foglio: con la pittura invece è proprio la completezza a darsi sempre come ricerca e dubbio) a divorarla. Disegni surreal-popolari (e, sorry, questo sì è assai modaiolo: ma non c’è nulla di male, si deve pur campare…) nei quali il soggetto rende l’ illusione della pittura che invece nemmeno è considerata. Non c’è possibilità di pittura dove ci si fa sostanzialmente solo i cazzi propri. Domando: Non è che spesso se si finisce per essere presi e avvolti in se stessi (leggi il-mio-io-proprio-io) si confonda in realtà il “carino” con il bello? Non è che in fondo e in questi termini quel che si presenta come proprio stile e forza e racconto (leggasi: corpo) sia invece la quieta e beata adeguatezza ad un buon gusto?
Sergio Padovani
L’artistese non mi appartiene..anche se mi servirebbe, specie per crearmi la famosa aura che sembra interessare spesso più dell’artista. Se quest’aura non l’hai percepita è, dunque, un bene. Mi servirebbe anche per campare col surreal-ectc…di cui mi parli….magari facendo alberi viola e mettendo titoli come “Marta non è più qui” o ancora meglio in inglese, corredato di faccina alla Ryden. Se volessi camparci bene le soluzioni le troverei da altre parti. Tu non vedi pittura, ma chi ha la pretesa che lo sia? Io faccio quello che sento di fare e non dipingo. Se leggi i miei titoli non parlano di me e non raccontano favole, sono parte integrante di un’immagine, disegno, pittura, bue muschiato o macchina del tempo che sia. Ne fanno parte almeno al 50%, quindi, forse, hai ragione, non c’è pittura…c’è quello che risulta. Se i pittori (quelli veri) detti tali non mi vorranno nel loro club a giocare a golf, tristemente me ne farò una ragione e vivo alla giornata… Domando: ma dove trovi i “cazzi miei”? Io parlo di quello che vedo come potrebbe fare il quotidiano della domenica. Certo che se si vuole comunicare lo si deve fare con i propri mezzi,altrimenti si sarebbe falsi e ridicoli. Io mi avvolgo degli altri, neanche morto che vi parlo dei miei problemi, della ragassuola che mi ha lasciato o dell’antipatia che nutro verso gli orsi marsicani che vivono in veneto!!!…l’autocompiacimento di cui posso essere vittima non è certo quello di me stesso…troppo facile vedere così vicino…è invece alimentato dallo sguardo sul resto del mondo..nel presente e nel passato. Poi se tutto può sembrare carino…pazienza…di certo che, fare questi quadri o come li vuoi chiamare, più che “beata adeguatezza” è sempre un percorso di inadeguato e tormentato e struggente affaticamento. Dovrei imparare a scattare qualche foto e ricopiarla “con stile”…sai che liberazione…
Ivano Sossella Usw
Ma credi sia davvero obbligatorio dire tante bugie ? lo dico amorevolmente…
Sergio Padovani
Se mi sono già guadagnato amorevoli consigli, allora le bugie funzionano!…nessuna bugia, nessuna fregatura. Tutte parole sante..
Ivano Sossella Usw
I titoli ?
Sergio Padovani
Anche quelli… nascono dalla volontà di far intuire sibillinamente (anche a me) l’argomento..e per convolare a giuste nozze con l’immagine.
Ivano Sossella Usw
(ti devo una risposta: i cazzi tuoi sono nel fatto che fai disegni e parli di “comunicare”, racconti la barzelletta della tua visione delle cose, ti paragoni alla cronaca di un quotidiano che, certo, farà fremere qualcuno in erba ma è una bugia. Pare proprio che tu sia convinto che i tuoi disegni siano “tuoi”: mah….). Riguardo ai titoli: vabbeh, se credi così. Ti avviso che non ci crede nessuno anche se dicono di sì. Titoli sono niente.
Sergio Padovani
I disegni li chiamo miei perché io li faccio…se parli invece di contagio di altri “disegnatori” allora non c’è limite o fine da quanto sono influenzato. Sicuramente ammorbato dalle immagini quattrocentesche e fine secolo lo sono, ma bugiardo no davvero. Parola di lupetto. Se non ci credono è bello che me lo facciano credere…denota una sorta di gentilezza che,in mancanza di una reale comprensione del mio non mentire,accetto ugualmente di buon grado.

Sergio Padovani, PERNICIOSE STRIDULE CROCIFISSIONI, 2013, olio, bitume e resina su tela, 100×70 cm, Courtesy Sergio Padovani, Ph. Gianluca Muratori
Ivano Sossella Usw
Una favola. Nel senso: altro che titolo, manca il testo. Altro che racconto, manca la storia. Non pensi ? Non pensi che se accanto ci fosse una storia i lavori prenderebbero spazio e sostanza. Che ne so… le illustrazione del, ad esempio, das zerbrochene ringlein… allora sì. Ma senza, il testo manca. Cosa ne pensi ?
Sergio Padovani
Ma appunto non è favola…perché dovrei delimitare la necessità di produrre immagini ad un percorso obbligato da storia e testo?Io nutro un argomento che mi interessa con generose flebo collegate ad altri interessanti argomenti,mettendoli idealmente in comunicazione e sorprendendo me in primis,nel vedere come,ad esempio,un monito di Hindenburg si possa unire ad un ingranaggio leonardesco(non mi chiedere versioni bignamiche e..prendila così..) e spiegarmi la strategia della tensione. E poi la storia del perché e percome me la faccio io mentre dipingo..i titoli vengono fuori in quei momenti. La storia se la può pure immaginare chi vuole guardare,oppure no. Il protagonista di un film o di un libro molto spesso ha un passato che noi non conosciamo ma che l’ha portato a vivere il momento che stiamo vedendo/ leggendo…quello focale,quello che deve essere sotto i riflettori. Ecco..forse è lo stesso per i miei personaggi. Franz Marc disegnava mucche al pascolo e tu mi dici che dovrei riparare anellini altisonanti con illustrazioni. Altra dimensione, altra storia e altre qualità. Comunque non togliendo nulla all’illustrazione non è cosa che mi appartiene. Otterrei risultati ancora più discutibili degli attuali.
Ivano Sossella Usw
Nomini Franz Marc che proprio mette in chiaro e in superficie quanto la pittura non abbia alcuna possibilità di nascondersi. Quanto la pittura sia evidenza al di la del racconto e del commento. E Marc proprio agiva (e agisce) nella purezza della pittura che si presenta ancor prima di rappresentare. Non v’è titolo, racconto, lettera o parole, torre o baluardo nel quale trovar rifugio. Tu parli del tuo sogno di Marc, non della sua pittura. E, infine, che Marc dipingesse mucche al pascolo, come dici tu, fa ancora parte del tuo sogno che, se mi permetti, vale quanto il sogno di chiunque. Anche di chi artista non è. Vale niente, dunque.
Sergio Padovani
Ma il mio nominarlo era proprio nel senso in cui dici…con l’assoluta gratitudine verso chi, nei tempi dell’Arte, ha saputo fare pittura senza storia. Ma invece io ho bisogno di un’impalcatura che sorregga il mio totem di infarcite strutture…impalcatura appunto,ricercata e costruita,non rifugio,bensì sostegno e forse anche anima involontaria del tutto. Hai ragione quando dici che parlo attraverso il mio sogno,ma come puoi credere che qualcuno,pur volendolo, riesca a non farlo(anche quando parla di ricette di cucina e di vacanze al mare..)…e Marc lo sapeva per primo che non era la mucca in quanto mucca ad essere pittura,ma come la mucca era ed è percepita nel suo quadro. Il mio sogno filtra il modo di vedere l’arte,è naturale…è il meccanismo per cui riconosco negli autori morti(da tanto tempo)l’ ”àpeiron” che mi insegna a comunicare e mi fa preferire Kubin o Brus a De Chirico e Koons.Limite mio,gusto mio, etc. etc…ma naturale conseguenza del sogno/setaccio che bene o male tutti abbiamo.
Ivano Sossella Usw
Marc, ma non solo lui sia chiaro, sapeva bene che alla pittura non ne importa niente delle mucche come a loro nulla dell’ arte. Ma non importa in fondo. Cosa vuol dire fare arte senza storia? intendi il racconto cui alludi e che poi sarebbe quel che intendi per impalcatura? Questo per dire che i tuoi lavori hanno motivo e ragione all’ interno di un racconto, a veder dai disegni, favolistico o surreal-pop? Per dirla dritta-dritta? pensi possa fregare a qualcuno? possa essere davvero qualcosa il “soggetto”‘ Possa far differenza se disegni una chiesa o un cavallo con le ali di un falcone che ad ogni battito d’ali si dissipa?
Sergio Padovani
Mah..i miei lavori trovano una ragione in me come effetto di un mio dirigere pensieri verso l’esterno. Talvolta vengono recepiti come io li ho concepiti,altre volte no e anzi arricchiti da personalissime intuizioni che come in un circolo delle delizie ritornano a me come cartine tornasole del mio operare. Queste sono le “storie”che si potrebbero vivere all’interno delle mie tele ,quelle che anche loro stessi non ne sono a conoscenza ma hanno solo l’intuizione degli eventi. Magari non frega granché a nessuno ma io in fondo non me ne curo di questo,altrimenti cosa resterebbe del mio lavoro se non mercanzia nel tempio da buttare all’aria. Il soggetto invece cambia le cose. I miei sono spesso esseri umani senza età, sesso e forma distinta…penso che se al posto di un mio soggetto mettessi una bimbetta col vestito bianco stropicciato con in braccio la bambolina rotta o, non so, facessi Brunetta che balla rock acrobatico con la Santanchè farebbe differenza. Almeno per me.
Ivano Sossella Usw
Non si tratta di mercanzia nel tempio? guarda che di solito nei templi c’è roba niente male, fuori e dentro il rimando biblico intendo…. Mi vengono in mente quegli scrittori che parlano dei loro personaggi con la confidenza di un amico: Tutto questo ha un gusto, alle mie labbra, di artificioso venduto per genuino: sempre a proposito non della mercanzia ma dei mercanti del tempio. Procedendo così finirà per aver interesse il prezzo al chilo dell’ uva dipinta da Caravaggio. L’ arte per far parte del reale deve in un modo o nell’ altro trascenderlo. In altre parole i (presunti) tuoi “esseri umani senza età, sesso etc” sono tali per te. E una volta disegnati la tua parola vale la mia quanto quella di (quasi) chiunque altro. Ma se tu costruisci così quella che definisci la tua differenza bene. Lo saprai tu. Eine kleine Nacht Musik ? vuoi inviare per favore uno di questi lavori ?
Sergio Padovani
Nei templi di qualità c’è davvero,fuori da i templi c’è da valutare mercante per mercante. Che io venda qualcosa di artificioso per genuino è il commento più artificioso che potevi mettere in campo. Poi magari lo pensi davvero e allora non posso che ripetere il tuo cavallo di battaglia delle parole che valgono quel che valgono e così sia. Non fraintendermi..la mia apparente arroganza è dettata dal fatto che so pienamente e chiaramente quello che ho (non ho, purtroppo, più l’età dello “spacco tutto”): sbaglio mille cose e dovrei impararne altrettante ma l’artificioso è roba da ricchi e furbi. Ed io non sono nessuno dei due. Il giudizio degli altri non mi riguarda,s o che vivo 24 ore nella mia pittura e l’artificioso sarebbe dunque il mio intero vivere. Non è il caso. L’assioma eterno dell’Arte “deve”te lo lascio tutto da sviscerare…io concepisco più facilmente il “non deve”. Il discorso del prezzo al chilo…forse non te ne sei accorto ma è così proprio da un bel po’: prendendo proprio Caravaggio…almeno un paio di mostre enormi all’anno(e 15 anni fa non era citato come pittore preferito dal 80%degli italiani perché manco lo conoscevano..)..come Monet, Picasso, Dalì..tutti dati in pasto alle (citando Gaber) “file interminabili coi panini in mano”. Poi un Ribera, un Lotto, Carpaccio, Reni e mille altri che meriterebbero la stessa attenzione, per vederli bisogna armarsi di buona volontà, soldi e pazienza. Si sceglie quale Arte vendere e la si sceglie in base al numero che va a vederla, tra biglietto, ristorante, albergo e catalogo. Si vende al chilo quell’uva dipinta. Comunque sempre vale il…parola mia , parola tua, parola nostra.
Ivano Sossella Usw
Non trovo tu sia arrogante. Ci mancherebbe. Che poi chi fa arte si impartenti con l’ artificio è condizione necessaria. Si Parla di “arte”ficium mi pare sempre. Ma spesso ci si ritrova ad avere a che fare con una presunzione di genuinità e talento il cui solo riscontro non è certo nelle parole ma nel lavoro. E se proprio il lavoro manca, proprio se il lavoro è sostituito dall’ apologia del pezzo, del singolo pezzo tutto ha un po’ l’ eco di un bla bla che poco ha a che vedere con quello che in realtà si fa. Ti descrivi vestito di gusto ottocentesco, attraversato da un ideale di te stesso che ti porta ad abitare una torre, luogo idoneo per l’ artista totale, 24 ore su 24. E questo perché mantieni la capacità e il talento di dar forma e vita ad “esseri” che racconti in figure e disegni. Ed è probabilmente così: mio difetto (che però custodisco) quello di credervi ma per-modo-di-dire. Un artista che reagisce scottato se gli si da dell’ artificioso deve solo augurarsi che la sua mano non sia altrettanto suscettibile dato che lei lo sa bene: la sua genuinità è dar luogo ad un artificio. Ma altro è, l’ artificio, dal bla bla epidittico, rivolto a se stessi. La prima cosa dura e tetragona che l’ arte mette in gioco è proprio che quel che tu sia o creda di te vale zero. Forse meno. Comunque sì: tue parole valgono mie. Alla fine, a ben pensarci, ogni parola ha il peso di un altra. Altra cosa: cosa c’entrano i ricchi ? Affermare che l’ artificio è roba da ricchi, tanto per intendere che questi si nutrano di nulla o stupidate è certo affermazione poco genuina. Un pour parler ma non è così. Viva la ricchezza. Sempre.
Sergio Padovani
Non scottato, che potrebbe, in quel caso, essere vero l'”artificioso”, ma paladino difensore del mio messaggio, altrimenti se non si è pronti a custodire il suddetto attraverso battaglie, insidie e fiere (non quelle d’arte,assai più ringhianti..) o semplicemente il pensiero dell’altro o, ancora, i propri (naturali) dubbi, che messaggio sarebbe? Concordo assolutamente sull’Artifizio e sulla sua fisiologica appartenenza con chi approccia all’Arte, difatti è l’aggettivo che in tempi moderni rimanda al retrogusto plasticoso. Purtroppo delle parole ,in generale,nonostante contino quel che contino,si è perso spesso il significato etimologico primario. Il mio gusto vorrebbe lanciarsi nel’400/500 più che altro..ogni volta che realizzo un quadro mi basta vedere un qualsiasi”artificio”di Brueghel il vecchio o di Van Der Weyden o di Cranach e mi trovo sempre di fronte ai miei innumerevoli debiti. E sono questi a farmi da scudo quando ho la tentazione di autoflagellarmi con pensieri d’ “artista”nel modo di concepirlo oggi. Meglio essere carpentiere o coltivatore di immagini. Ma approvo e sottoscrivo,come avrai notato,i pensieri custoditi e difesi…così ben venga il tuo credo-non-credo..che potrebbe anche risvegliare, “cum magna utilitas”, dei sani dubbi in chi ,artista di piena consapevolezza,”se la canta e se la suona”.. Ah..i ricchi….no,intendevo che l’artificio nel senso allargato di “inganno” spesso e purtroppo fa fare soldi (ovviamente c’è chi i soldi li fa meritatamente..e sono felice per lui). Come anche esser furbi non è certo un difetto…dipende dai casi. L’importante è guadagnarsele le ricchezze,sia materiali che morali…così si vive meglio e più a lungo.
Ivano Sossella Usw
certo occorre guadagnarsela la ricchezza. ma quasi tutto. Il problema, ricordava Carmelo, è che ci sono troppi pazzi in giro che la pazzia non se la sono guadagnata. Forse anche ci sono artisti arrivati ancor prima di partire. Ma davvero anche questo importa poco. Grazie per le risposte, gli interventi. Tu sai in qualche modo quel che fai. Conosci forse l’ orizzonte dei tuoi sogni. Questo è un bene. Buon lavoro.
Sergio Padovani
Carmelo lo era ricchezza…e aveva sicuramente ragione.. Comunque si, importa poco..alla fine,quando si parla d’arte,tutti i salmi finiscono in gloria. Non so se conosco quel che faccio ma so sicuramente come farlo. Grazie a te per il corroborante, stimolante azzarderei addirittura maieutico confronto.
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