A tutti coloro che la domenica pomeriggio non vanno al centro commerciale appena aperto, con le super offerte da cogliere al volo, a quelli che non si abbuffano ai noiosissimi pranzi coi parenti di cui si parla solo del meteo e della crisi dell’Italia, a chi accosta la macchina e spegne la voce, per accendere la propria anima: vi presento Hamish Fulton. Artista inglese, nato nel 1946, inizia a farsi strada negli anni settanta con le sue performance: ama camminare e far camminare le persone, attraversando deserti e montagne, o percorrendo il perimetro di una piazza. Il walking artist, come lui stesso si definisce, regala alle persone un momento di meditazione per loro stesse, attraverso il simbolo del viaggio: camminare non è più solo spostarsi da un punto ad un altro, bensì diviene spazio di riflessione personale e di raccoglimento interiore.
Una delle sue recenti performance in compagnia del pubblico avviene in una fredda domenica di novembre, nel cortile di Palazzo Ducale a Venezia. L’evento è organizzato dalla Galleria Michela Rizzo, in collaborazione con i Musei Civici di Venezia. L’opera è su prenotazione e si iscrivono 302 persone, le quali non hanno fretta di comprare i regali di Natale da scambiare con qualche inutile cianfrusaglia, ma preferiscono ritagliarsi del tempo per loro stessi e prendere parte a questa particolare camminata. Quindici assistenti aiutano i partecipanti a disporsi, a distanze predeterminate, sulle mattonelle del cortile del palazzo in modo che ognuno abbia la propria traiettoria di marcia senza intralciare il vicino. Ogni persona ha un suo tragitto da compiere e, alla fine di esso deve girarsi e tornare indietro, continuamente, fino al termine del tempo. La performance ha inizio alle 15.00 del 22 novembre, e, dopo un minuto di silenzio in onore dei tragici fatti di Parigi, Repetitive Walk prende forma. Ciascuno cammina con una propria andatura e la deve mantenere costante per un’ora, senza fermarsi, e, soprattutto, in rigoroso silenzio. Hamish Fulton, in abbigliamento comodo e cappello bianco, sceglie una camminata veloce, per far fronte al freddo; qualcuno si cimenta in passi piccolissimi, rallentando il ritmo frenetico quotidiano, altri camminano speditamente; una ragazza sceglie di camminare all’indietro. C’è anche la scena commovente di una madre con il figlio tetraplegico, in sedia a rotelle: lui si è iscritto e tiene molto a partecipare, contrariamente ai consigli del genitore che non vorrebbe esporlo ad una giornata così rigida: il giovane ha la meglio e la madre lo accontenta, accompagnandolo ininterrottamente e amorevolmente nella sua Repetitive Walk.
A tutti è stato raccomandato di non fermarsi mai, anche se dovessero incrociare dei visitatori che stanno passeggiando nel cortile: saranno questi ultimi a doversi fermare o a dover lasciare la precedenza ai “performers”. A tal riguardo sono interessanti le reazioni dei passanti, inconsapevoli dell’opera in atto. Qualcuno si mette in mezzo e, ignaro, scatta delle fotografie al palazzo, senza rendersi conto che si trova all’interno di una performance; altri, invitati dalle collaboratrici a spostarsi, reagiscono irritati, esclamando che hanno pagato il biglietto e non capiscono perché camminare sia considerato arte; addirittura una signora risponde beffarda “Ma lo sapete cosa significa a Venezia camminare sulla riga bianca?!”. Un gruppo di giapponesi tenta di inserirsi nei percorsi di alcune persone, intralciandole, e, al richiamo di alcune assistenti, non comprendono e si fanno scattare delle fotografie con queste ultime. Ilare la scena di alcuni adolescenti che passano distrattamente in mezzo, finché uno di loro esclama agli altri “ No ragazzi qui c’è qualcosa che non va…guardate questa gente come sta camminando!”.
Repetitive Walk di Hamish Fulton è un modo per vivere il presente, per essere qui ed ora e concentrarsi solo sul momento che si sta affrontando e apprezzarlo per come si presenta. È anche specchio della vita, popolata da persone che compiono il loro cammino con la loro andatura e il loro carattere, ma che spesso vengono intralciate da altre che non comprendono le azioni di chi gli sta davanti, e per questo giudicano e interrompono violentemente la strada del prossimo. C’è chi vive nel rispetto degli altri, accettando di lasciar loro il proprio spazio e il proprio modo di essere, e chi, forse sentendosi escluso, denigra e distrugge ciò che non capisce.
Il rigoroso cammino dei partecipanti si ferma alle 16 in punto, quando l’artista compie l’ultimo passo e il tempo sembra fermarsi per un attimo: un istante in cui tutto si blocca e tace, per poi ripartire con la stessa voracità e frenesia di tutti i giorni.
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