GIOVANNI GAGGIA | INVENTARIUM

1 Posted by - March 9, 2015 - Kritika segnala

Una meditazione sulla Strage di Ustica

a cura di Serena Ribaudo
Presso Palazzo Costantino-Di Napoli

progetto promosso da
Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona e Cesira Palmeri di Villalba

Giovanni Gaggia presenta per la prima volta in Sicilia l’intero corpo di opere ispirate al Museo della Memoria di Bologna, luogo che raccoglie i resti del DC9 abbattuto sopra Ustica il 27 giugno 1980. L’artista marchigiano, di cui conosciamo le intense azioni performative ed i delicati ricami di cuori anatomici, presenta nella Cavallerizza del Palazzo Costantino-Di Napoli a Palermo un progetto che sorprende per le molteplici forme espressive e per la grande coerenza stilistica.

Inventarium, mostra curata da Serena Ribaudo, segna anche l’inaugurazione di Canto217, nuovo spazio nella città siciliana dedicato all’arte contemporanea diretto dallo scultore Giacomo Rizzo e reso possibile grazie alla generosità e alla passione di Roberto Bilotti Ruggi D’Aragona e Cesira Palmeri di Villalba proprietari del palazzo.

Inventario, ovvero “elenco, catalogo, registro, storia di parole e di cose, prove, testimonianze… anche il rosario è un elenco, traccia e preghiera di noi parlanti e mortali”, parole tratte dal piccolo libro di Christian Boltanski che riporta le immagini fotografiche degli oggetti personali appartenuti ai passeggeri del volo IH 870 e che per il museo bolognese ha creato un’installazione di straordinaria poesia. Gaggia racconta la toccante visita al museo di alcuni anni fa e l’assonanza che percepì fra la sua ricerca sul sangue, quale simbolo di forza e di tenacia vitale, e la pervicace volontà dei famigliari di conoscere la verità sulla vicenda.

Il progetto presentato a Palermo prende vita dunque in un tempo lungo; una riflessione fatta anche di inaspettate sincronicità che ne hanno favorito la realizzazione.

“L’archivio non riguarda il passato, riguarda l’avvenire” ci ricorda il filosofo Jacques Derrida; parole che l’artista di Pergola dimostra di avere compreso profondamente con un lavoro denso, che emoziona per la moltitudine di significati nelle cui intersezioni si scorgono il tempo della memoria e le tracce di senso lasciate dal passato.

La mostra è allestita in uno spazio al pianterreno del palazzo Costantino un tempo riservato ai cavalli. Un ambiente suggestivo, con un solido colonnato in pietra e bassi soffitti a volta che ricordano una piccola chiesa paleocristiana. Il lavoro di Gaggia, teso costantemente alla ricerca dell’insondabile mistero della vita e della sua sacralità, non poteva trovare quindi collocazione più felice. Il progetto si compone di nove lavori : sette tavole su carta cotone, un arazzo ricamato ed un’installazione dal sorprendente e misterioso significato esoterico. La collocazione delle opere rispetta un sobrio ed elegante equilibrio estetico che garantisce non solo un affascinante effetto d’insieme ma anche una rigorosa sequenza di significato nel percorso della visita.

Entrando colpisce subito il grande arazzo appeso al tirante della volta centrale in fondo alla sala. La visione ricorda quella di un sipario, come un velo di Maya che impedisca di accedere ad un ideale altare-verità. Qual’è il significato di quell’ermetica frase ricamata “QUELLO CHE DOVEVA ACCADERE” ? Un rimando alla verità che sta emergendo nella vicenda Ustica ? Oppure è riferimento al fato che colpisce indistintamente vite innocenti con il suo strascico di dolore inconsolabile ? L’artista lascia tali domande alla personale e soggettiva interpretazione del fruitore, nella più pura tradizione concettuale. L’opera, che in questa prima esposizione palermitana è volutamente incompiuta, sarà ultimata con il ricamo della E finale il prossimo 27 giugno, trentacinquesimo anniversario della strage, nella Gallleriapiù di Bologna. L’arazzo percorrerà dunque un simbolico volo di ritorno Palermo-Bologna ed il gesto finale dell’artista, con ago e filo, avrà valenza di metaforica sutura e offerta di un atto di guarigione.

Lungo i due lati della sala sono esposte le sette opere del ciclo “Ali squamose”. Sono tavole su carta cotone in cui l’elemento principale è la traccia ematica lasciata da un cuore di maiale, il più simile al cuore umano, realizzate da Gaggia dopo la performance del 2008 alla Fabbrica Borroni di Bollate quando il sangue è ancora oggetto della sua intensa ricerca artistica. In mostra troviamo lavori in cui la traccia ematica si accompagna al disegno di alcuni degli oggetti appartenuti ai passeggeri. Tecnicamente pregevoli, i disegni dimostrano la grande abilità di un artista formatosi alla Scuola del Libro di Urbino dove hanno insegnato i migliori maestri del segno e dell’incisione. Gli oggetti che vediamo in queste opere sono soltanto alcuni di quella lunga lista per immagini presenti nel piccolo libro di Boltanski; alcuni taccuini, un cucchiaio, due tazze, un paio di sandali, alcune chiavi, oggetti comuni divenuti riflessione artistica e quindi patrimonio di una memoria collettiva.

La nona e ultima opera si compone di 81 copie di un numero nove su carta bianca. Questo numero, considerato dalle più antiche scuole esoteriche simbolo di perfezione e di rigenerazione della materia, ricorre sorprendentemente più volte nella tragedia del DC9 e l’artista, proprio con la sua nona opera, ha voluto testimoniare la misteriosa valenza esoterica di un’apparente casualità numerica. Collocate su un piccolo banco di legno in fondo alla sala, dove le pareti si chiudono quasi a formare una piccola cripta, le copie numerate e firmate saranno a disposizione dei visitatori che, portandone una con sé, potranno farsi carico idealmente della memoria di ciascun passeggero del volo IH870.

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