Non è mia abitudine segnalare i vincitori di un premio d’arte, ma con Francesco Fossati faccio un’eccezione.
Perché questo privilegio?, si chiederanno i nostri piccoli lettori. Vedete, gli è che seguo il lavoro di Francesco Fossati da un po’, praticamente da quando ho iniziato a muovere i miei primi passi nel piccolo mondo antico dell’arte contemporanea.
Chiaro, questa non è una buona ragione, ma aggiungete che il succitato è reduce di un prestigioso riconoscimento: il suo progetto di arte pubblica, di cui discorreremo fra pochissimo, ha vinto il premio del Forum Nazionale di Scultura Contemporanea di Carrara, la cui giuria era presieduta da Michelangelo e Maria Pistoletto, con altri illustrissimi operatori del settore -Laura Cherubini, Giacinto Di Pietrantonio, Giancarlo Politi, giusto per citarne di famosini.
Francesco Fossati l’ha spuntata sui due finalisti (per la cronaca, Nadia D’Alessio e Stefania Caroti), con cui negli storici Laboratori Artistici Nicoli (per dire, qui videro la luce i tableaux vivants di Vanessa Beecroft) ha potuto lavorare i blocchi di marmo che poi sono diventati il lavoro di arte pubblica esposto in vari luoghi del centro storico di Carrara: Fake History, nove targhe in marmo, ciascuna con un’iscrizione relativa a fatti e gesta falsissimi ma possibili di celebrities della cultura mondiale.
Componimenti dedicatorii a Pasolini, Buñuel, Wojtyła, Saramago, Oscar Wilde, Orwell, Kounellis (quella per Kounellis è una fissa di Francesco Fossati: ricordo che la prima volta in cui c’incontrammo, eoni fa, mi parlò con gran fervore dei cavalli che l’artista greco fece entrare nel garage di Sargentini) che oltrepassano la sfera dell’arte visuale per ampliarsi a un universo di discorso universale, ma senza noia, senza fanatismi, senza pose didascaliche.
E’ questo il bello di Fake History, un’impresa che ricorda, dal versante dell’arte visiva, quelle Lettere d’uomini oscuri scritte in latino maccheronico che anticiparono il riso beffardo di Rabelais, anche se nell’operazione di Francesco Fossati non v’è nulla di caustico, anzi, dagli epigrammi promana un’aura nostalgica di mondi possibili.
Cittadine e cittadini, Francesco Fossati.
Caro Francesco, hai appena vinto il Forum Nazionale di Scultura Contemporanea, quindi è andata bene. Ma…come è andata?
E’ stata un’esperienza molto positiva poiché, oltre alla vincita -di cui sono molto orgoglioso, vista la qualità della giuria del premio, ho trascorso il mese di luglio a Carrara, un periodo di residenza che mi ha permesso di scoprire il marmo, materiale che non avevo mai utilizzato prima d’ora. Ho avuto la possibilità di lavorare quotidianamente nei Laboratori Artistici Nicoli e di acquisire importanti elementi dai professionisti della scultura in marmo che lì lavorano. Grazie a Francesca Alix Nicoli ho inoltre visitato le cave di marmo, conosciuto lo storico Beniamino Gemignani che mi ha accompagnato per la città fornendomi alcuni elementi fondamentali per formalizzare il mio progetto e ho potuto collaborare con l’amministrazione comunale e tutti i privati che hanno accolto una delle mie targhe. E’ stato un mese ricco di esperienze reso possibile dall’UNESCO, che ha fortemente voluto questo progetto.
Parliamo della tua serie vincitrice: da dove nasce questa idea? Quali sono state le tue modalità di lavoro?
Avevo in mente questo progetto da alcuni anni e, trattandosi di un progetto pubblico, Carrara è stato il luogo ideale in cui realizzarlo in quanto ho potuto collaborare positivamente tanto con l’amministrazione pubblica quanto con i privati. Il lavoro nasce dall’idea che l’Unione Europea vada rifondata su basi culturali e non solamente su questioni economico-finanziarie.
Ho quindi creato una serie di targhe commemorative che raccontano vicende plausibili di importanti personaggi della cultura europea (ognuno originario di un diverso stato membro EU) e le ho installate in un unico luogo, il centro storico di Carrara, come se questo fosse stato il centro della cultura europea dello scorso secolo
Il contrasto che si genera con quest’opera, tra realtà e rappresentazione della realtà, mi ha portato a ragionare su due ulteriori elementi:
da una parte le modalità con le quali la comunicazione e l’informazione passano attraverso la rete, dove chiunque può diffondere una notizia, ma allo stesso tempo la può anche inventare, senza basarsi su nessuna fonte certa e farla passare per vera. Dall’altra parte c’è la possibilità di stimolare l’immaginazione dello spettatore creando un valore aggiunto per un edificio, una piazza o un luogo in genere. Il racconto di elementi della vita pubblica o privata di personaggi famosi è un modo per renderli più vicini a noi, più umani, più reali anche se la maggior parte dei personaggi di cui parlo nelle mie targhe è morto da tempo e i fatti narrati sono inventati
Per questo ritengo che l’elemento importante di questo lavoro non stia nel fatto che quello che viene narrato è falso, ma che queste opere diventano un dispositivo che ci permette di immaginarci un contesto culturale nuovo, diverso da quello che conosciamo. Quando ci troviamo di fronte a una di queste targhe ciò che guardiamo non è un oggetto, ma una storia che possiamo costruire mentalmente come vogliamo. I proprietari degli edifici che hanno accolto le targhe si sono appropriati non di un’opera in marmo, ma di un frammento di vita di un personaggio della cultura europea del Novecento.
Nell’installare Fake History hai seguito solo un criterio estetico? Subirà dei cambiamenti? Te lo chiedo perché so che “viaggerà” prossimamente in place du Luxembourg…
Preciso che attualmente stiamo lavorando perché il progetto possa viaggiare a Bruxelles in Place du Luxembourg, la piazza antistante il Parlamento Europeo, poiché ritengo che sia il luogo ideale per questo lavoro. Il cammino però è ancora lungo: avere tutte le autorizzazioni necessarie è molto complicato, a Carrara siamo riusciti a fare tutto in meno di un mese perché l’assessore alla Cultura ha creduto nel progetto e ha subito coinvolto la soprintendenza ai beni culturali per il rilascio delle autorizzazioni necessarie, altrimenti i tempi sarebbero stati molto più lunghi. Inoltre, intervenendo sulle facciate di edifici privati, bisogna coinvolgere anche i proprietari nel progetto, allungando e complicando le burocrazie. Mi auguro che si riesca, ma so già che non sarà semplice. Tornando alla tua domanda, l’unico criterio estetico utilizzato è stata la semplicità: nessun elemento decorativo, nessun orpello, nessun colore (solo bianco e grigio), anche il font scelto per l’incisione dei testi è semplice ed equilibrato. Unica differenza per le future targhe per Bruxelles è la lingua dei testi, che ovviamente sarà l’inglese.
Come ti collochi all’interno della scultura? Cerchi una riconoscibilità del tuo lavoro a prescindere dal mezzo espressivo o la tua identità si metamorfizza a seconda del mezzo impiegato?
Non mi sono mai occupato della riconoscibilità del mio lavoro e nemmeno della mia identità come artista: l’unica cosa che mi interessa è produrre delle opere che siano portatrici di innovazione da un punto di vista linguistico. Quando comincio a pensare a un’ opera mi chiedo quale possano essere il mezzo e i materiali migliori per realizzarla, non trovo nessuna differenza nell’utilizzare la pittura a olio, il marmo, la creta, la fotografia, il linguaggio html o qualsiasi altro elemento che sia necessario al mio fine. Per questo ci sono progetti che si concretizzano nel giro di qualche settimana e altri che necessitano di anni per essere completati.
Anche se giovane (in Italia vige l’ottimistica interpretazione di giovane artista fino ai 40 anni), sei sulla scena da un po’, hai fatto una personale al MARS di Milano, al Museo di Arte Contemporanea di Lissone, collettive al Museo della Permanente e partecipato a Dolomiti Contemporanee, hai fatto fiere [fra cui quella (per me) bellissima di Flash Art], hai avuto scambi con galleristi, critici, storici, artisti. Cosa ricordi dei tuoi inizi? E’ cambiato qualcosa nel mondo dell’arte da allora, almeno nella provincia italiana?
Agli inizi c’era tanto entusiasmo e poca consapevolezza del mio lavoro. Oggi un po’ di quell’entusiasmo si è trasformato in una maggiore consapevolezza di quello che faccio.
Impegni per il futuro?
A inizio settembre parteciperò alla mostra Locus, Loci a Villa Terzoli a Brebbia (VA) e avrò un progetto personale da Cantina Montone nel napoletano, dove porterò una propaggine di Fake History -ma relazionandosi solo con uno spazio espositivo privato avrà ovviamente una connotazione diversa da quanto detto fino ad ora, il cui fine sarà quello di “sovvertire” l’identità dello spazio. Attualmente sto progettando un intervento per la facciata di Das KloHäuschen a Monaco di Baviera, che verrà realizzato il prossimo anno e sto seguendo la produzione di una collezione di piatti in ceramica per il progetto Food Vision Project, che verrà presentata a Milano nei prossimi mesi.
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