Gaspard Felix Tournachon (1820-1910), parigino d.o.c. meglio noto come Nadar, raffinato indagatore della fisiognomica umana (aveva condotto studi sul viso per un lavoro del medico e neurologo Duchenne de Boulogne), è considerato il Tiziano della fotografia per quella inconfondibile patina vellutata che conferiva un’aura d’immortalità ai ritratti delle celebrità del diciannovesimo secolo che posavano nel suo Atelier, con la caratteristica insegna illuminata a gas durante la notte, al 35 di Boulevard des Capucines, a pochi passi dal luogo della prima proiezione dei fratelli Lumiere.
Giornalista e caricaturista, forniva bozzetti e articoli a riviste satiriche e aveva fondato La Revue Comique, nel 1851 progettò di pubblicare quattro litografie di caricature di un migliaio di parigini illustri, cominciando così a collezionare centinaia di ritratti per il suo Pantheon Nadar. Dal 1854 l’esuberante fotografo fu precursore dell’uso del flash al magnesio e il primo a documentare i sotterranei, le catacombe e le fogne di Parigi, conquistando immediata fama con la prima veduta aerea di Parigi (1855), effettuata a bordo di un enorme pallone d’aria che ispirò perfino l’amico Jules Verne per il suo romanzo Cinque settimane in pallone.
Per “toccare con gli occhi ” la qualità e il processo di lavoro dell’Atelier Nadar, dove nel 1874 esposero gli impressionisti (Monet, Manet, Sisley, Pissarro, Morisot, Degas, Cézanne e Renoir, pittori rifiutati dai Salon ufficiali ), basta andarealla galleria milanese Cà di Frà, dove è esposta una ventina di fotografie provenienti dalla collezione del Museo Ken Damy di Brescia, realizzate tra il 1860 e il 1875. Nella sala illuminata con luce naturale da grandi finestre sarete accolti dai ritratti in bianco e nero di uomini e donne impettiti nelle loro vesti austere secondo la moda del tempo, borghesi con barba bianca e cravatta annodata stretta al colletto bianco inamidato e panciotti con orologio nel taschino.
Restano impressi nella memoria gli sguardi di volti espressivi che emergono da fondi scuri, dai tratti ben definiti, come quello di EugéneViolett-Le-Duc, celebre architetto, noto per il restauro della cattedrale di Notre Dame e della basilica di Saint Denis, il commissario del Teatro Nazionale Baron Taylor, lo scrittore Eugéne Scribe e altri personaggi dell’epoca. Nadar, immortalato in una caricatura mentre fotografa Parigi dall’alto sull’aerostato dell’amico Honorè Daumier, come Warhol è attratto dal nuovo, dalla realtà, in particolare dai personaggi-icone del loro tempo.
Tra le fotografie originali esposte provenienti dall’Atelier Nadar, montate sul loro caratteristico cartoncino nascosto dal passepartout bianco, cercate uno dei primi esempi di riproduzione meccanica dell’immagine, una sperimentazione che a distanza di tempo ancora ipnotizza per abilità tecnica (oltre che per l’indiscutibile fascino del passato). Nell’Atelier Nadar hanno posato intellettuali, pittori, attrici, cocottes, borghesi, liberi professionisti, aristocratici dandy, ma anche Manet, Delacroix, Millet, Coubert, Baudelaire, Victor Hugo (fotografato anche nel suo letto di morte), George Sand, Auguste Rodin, Jules Verne, Giuseppe Verdi, Louis Pasteur, Sarah Bernhardt e altre celebrità della società borghese del diciannovesimo secolo, quando la fotografia si sostituisce alla pittura e al monumento, diventando, come scrive Roland Barthes in La camera chiara, “luogo moderno della memoria culturale che contribuisce potentemente ad una nuova concezione della celebrità che sempre di più – nel Novecento – andrà verso il successo e il divismo”.
Felix Nadar | Atelier Nadar
Galleria Cà di Frà
via Farini 2, Milano
gcomposti@gmail.com
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