ARTICOLO PUBBLICATO SU IL GIORNALE OFF
Facebook fa il presidio democratico nell’epoca delle grandi e zoppe democrazie, si premura di garantire la liberà d’espressione difendendo l’indifendibile ma censura l’incensurabile e trascura ciò che andrebbe censurato. Su Facebook puoi bestemmiare, pubblicare i proclami dell’ISIS e scrivere post antisemiti, ma la Maya desnuda non puoi postarla, pena il rischio di epurazione dalla “comunità” a mezzo segnalazione anonima.
La difesa degli “spazi di sensibilità” (altrui) riduce a carta straccia la più elementare delle libertà, che consiste non solo nel poter esprimere le proprie idee senza tema d’esser linciati dal canaio forcaiolo degli indignati speciali a difesa di sensibilità diffuse, ma anche postare la foto di una fanciulla ignuda esposta a una mostra di arte contemporanea.
Il Rijksmuseum di Amsterdam, in nome della “Regolazione della terminologia coloniale”, ha modificato i titoli di circa duecentomila fra dipinti e sculture in un lessico politicamente corretto: provate a cercare sulla pagina Facebook del Museo i titoli originali delle opere del XVII e XVIII secolo convertiti in linguaggio “ rispettoso”…
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