ELISA CELLA | INTERVISTA KRITIKA

2 Posted by - May 2, 2014 - Interviste

Cara Elisa, attualmente stai lavorando a una serie che definirei “opere al bianco”, prossime al monocromatico, la cui costante è ancora il senso di “ripetizione”, ma come si colloca questa nuova serie rispetto alla tua precedente produzione, caratterizzata invece dall’uso del colore (e in taluni casi del bianco e nero)?

Caro Emanuele, se riguardo tutto il mio lavoro, paradossalmente avendo visto i miei ultimi lavori, è il colore che fa più eccezione. Quando ho iniziato, disegnavo a pallini neri su carta bianca. Solo successivamente ho sentito l’esigenza di passare al colore ed anche al fatto di potere agire sullo sfondo. A quel punto sono passata alla pittura. La maggior parte dei miei lavori rimane comunque nero su bianco ed anche in quelli colorati lo sfondo bianco è predominante. Il colore è spesso funzionale al soggetto, c’è se sento l’esigenza di metterlo. E quando lo uso, uso colori forti e contrastanti. Qualche anno fa in un lavoro nero su bianco per alcuni dettagli ho usato il bianco su bianco, perché volevo che ci fossero ma non fossero evidenti. E come spesso accade, da questo è germinata l’idea di un lavoro tutto in bianco, in cui i volumi e la differenza di medium facessero la differenza fra sfondo e primo piano. Nel frattempo stavo e sto facendo disegni (a colori) di varia ispirazione biologica. Ho unito le due cose passando alla tela ed il risultato mi ha convinto.

Nei tuoi lavori l’elemento biologico è una costante: conformazioni segniche che sembrano – sono – aggregazioni cellulari, connessioni neuronali, linearità epidermiche, strutture che fanno pensare a quello stretto connubio che si realizza fra arte e scienza quando, in ambito scientifico appunto, gli sforzi si orientano alla ricerca della teoria “bella ed elegante” (come ad esempio la formula E=mc2). Del resto, tu ci hai mostrato la bellezza intrinseca del mondo “micro” elevandolo a espressione d’arte. Che cosa ti affascina in senso estetico della struttura, poniamo, delle connessioni neuronali?

Ne trovo “belle ed eleganti” la forma, le diramazioni, le simmetrie, i modi che hanno i neuroni di allacciarsi uno all’altro, di connettersi. Non provo solo un piacere estetico: la cosa che veramente mi affascina è che attraverso quelle connessioni passano le informazioni che il nostro sistema nervoso elabora. Il sistema nervoso, che è formato da più di cento miliardi di neuroni, elabora percezioni, pensieri, emozioni, comandi, movimenti, intuizioni, tensioni, risposte, la gestione del funzionamento del nostro corpo, etc…Tutto quello che siamo è lì, sineddoticamente: nelle connessioni neurali. Nel sistema complesso che è il sistema nervoso. Nei rapporti fra questa enorme quantità di neuroni ed il resto del corpo. Avendo una visione immanente del reale, è proprio il mistero di tutto questo che mi affascina tantissimo. E non solo me, ovviamente: storicamente ed ora nelle ricerche più avanzate delle neuroscienze, una delle domande che l’uomo si è sempre chiesto è proprio: cos’è la coscienza?

Per i Greci l’arte era mimesis, imitazione della natura. Possiamo dunque dire la stessa cosa del tuo lavoro d’arte?

Anche gli stessi Greci avevano idee differenti: per Platone dato che le cose già di per sé erano simulacri imperfetti della realtà delle idee, le immagini artistiche risultavano “copia di una copia” e quindi l’arte non era né rappresentazione né conoscenza, ma confusione. Comunque in generale la natura di cui si occupavano gli artisti Greci era semplicemente quella che li circondava o che immaginavano (gli dei, la mitologia). O per meglio dire ancora: da sempre l’uomo non ha un’immagine diretta della natura. La visione che ha di essa è sempre veicolata dalla cultura, e per cultura intendo tutti gli strumenti che l’uomo ha inventato per relazionarsi col mondo: religioni, scienze, filosofie, miti, credenze, strutture di pensiero, etc. Gli uomini primitivi probabilmente vedevano un temporale, un cielo stellato, il mare in maniera diversa da come lo vediamo noi o gli Incas o i Greci o i Thai. Non si può scindere la visione delle cose dalla cultura di chi le guarda. E la nemmeno scindere la rappresentazione, diretta o indiretta, dalla visione (e quindi dalla cultura) ed inoltre dal linguaggio che poi tutto questo esprime. Adesso la visione della natura che ci circonda sarebbe impensabile senza la cultura, oltrechè la tecnica, che ci ha permesso di vederla come la vediamo: senza le teorie verificate o da verificare, senza i modelli di pensiero a cui siamo abituati, senza la stratificazione verso il sempre più piccolo e verso il sempre più grande, senza l’etica ed i problemi che ci pone, senza la religione per chi ci crede, senza tutto quello che già è stato scritto, dipinto, rappresentato, suonato. Tornando ai miei quadri essi non sono copie figurative di fotografie prese al microscopio di cellule o tessuti. Oltre ai rimandi scientifico-filosofici, risentono di tutta la storia dell’arte che c’è stata nel frattempo, pittura analitica ed astratta compresa: voglio qua solo ricordare il lavoro di Dadamaino, Castellani, Accardi, Bonalumi, il cui lavoro rimanda, nella struttura ripetitiva, alla molteplicità del reale.

La mente. E il corpo?

Il corpo nel suo complesso è protagonista dell’altra parte del mio lavoro, quella che io chiamo Topologia Sensoriale. Lì parto dall’analisi della percezione delle emozioni, ovvero di come il corpo percepisce quei momenti particolari in cui è totalmente dominato da un’emozione. Da come la percepisce e da come la autorappresenta. Penso che l’emozione coincida col luogo dell’emozione, che corpo e mente siano un tutt’uno inseparabile. Non credo nella scissione mente-corpo (né nell’anima-corpo: non credo nella trascendenza). Penso che un’emozione, la sua percezione e la rappresentazione mentale che ce ne facciamo in qualche modo sia un tutt’uno: ne ho una visione olistica. Lavoro sui flussi di energia, sui blocchi di sistema, sui momenti di crisi o comunque di densità. Credo che le emozioni – sensazioni siano il modo attraverso cui il corpo dialoga con se stesso. In continuo scambio ed elaborazione con l’esterno e con l’interno, questo sistema complesso è tutt’altro che perfetto e ben adattato. Spesso s’inceppa, non riconosce i suoi stessi segnali, li mistifica. Disegno e dipingo la crisi che ne può derivare.

Hai una formazione di tipo matematico che spazia fino alla filosofia: a volte i tuoi lavori fanno pensare all’organizzazione visuale di un concetto tipico, il cosiddetto “sistema complesso” tematizzato dal filosofo e sociologo francese Edgar Morin – che tu conoscerai sicuramente –  e che si può sintetizzare nella celebre osservazione aristotelica per cui «Il tutto è maggiore della somma delle parti». Possiamo interpretare i tuoi lavori come una rivisitazione in chiave simbolica di un sistema complesso? (in questo caso: del vivente)?

Sì, certo che lo conosco… (meno male che c’è Wikipedia!) Sì, direi che è proprio così. Ed ogni singola parte rivela la grazia ed il mistero anche del tutto a cui rimanda.

 Dicci qual è la differenza fra grazia e bellezza (se per te differenza v’è)

Forse la grazia ha una componente di leggerezza ed eleganza che non è detto che abbia la bellezza. E la grazia rimanda ad una dimensione altra da sé.

Ma credi anche tu alla vulgata secondo cui arte è conoscenza? Guardando i tuoi lavori, io direi di sì. Ma io sono un bracciante di Foggia e dunque non ci credo, a questa vulgata che ci portiamo dietro dai tempi dell’Estetica libresca del 1700. Convincimi, se puoi, del contrario

L’arte, come la poesia, ma anche la molteplicità di cose che fanno gli uomini, richiede conoscenza e al tempo stesso la promuove. E’ poco pensabile potersi sottrarre ad essa. Anche il mio lavoro è sorvegliato dalla conoscenza, talvolta con discrezione altre volte con maggiore insistenza. In definitiva anche la cosiddetta serialità e molteplicità che offre il mio lavoro è essa stessa indagine conoscitiva, ma di quale forma poi di conoscenza sia, quali siano i suoi confini e paradigmi non è possibile saperlo con certezza. L’esecuzione del mio lavoro ha indubbiamente una suggestione iniziale che ha debiti nei confronti di una conoscenza condivisa; ma la tecnica ed il percorso pittorico stesso del mio lavoro si svincola da subito dai miei riferimenti culturali e conoscitivi per offrire esperienza puramente artistica. L’arte è esperienza dell’arte e da questo nessuno si sottrae, e l’esperienza è una forma di conoscenza.
 

Le opere al bianco di Elisa Cella saranno in mostra sabato 10 maggio in eccellente compagnia (Zappettini, Bonalumi, Dadamaino……): leggi qui il comunicato stampa

 

Leggi anche l’intervista kritika Ivano Sossella feat Elisa Cella

 

1 Comment

  • usw May 8, 2014 - 11:32 am Reply

    like it ! )))

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