Delivering Obsolescence: Art Bank, Data Bank, Food Bank

0 Posted by - July 27, 2017 - Approfondimenti, Kritika segnala

]LA TURBOLENZA CHE STRISCIA AL SUO EXIT POLL
 
 
Dal 26 Agosto al 30 Settembre 2017, a Odessa si terrà la Biennale d’Arte Contemporanea, avente per tema in tale edizione l’estetica della “turbolenza”.

Fra i curatori chiamati a lavoro, segnaliamo l’italiana Camilla Boemio.
 

paolo meghetti, camilla boemio, biennale odessa

Fabio Lattanzi Antinori, Belvedere, Video Installation, 2017, photo realized by Marc Doradzillo

 
La turbolenza si percepisce portando un cambiamento che controlli la sua alternanza. Ad esempio il barocco “avviluppa” quasi ossessivamente le “pieghe” prospettiche, che il Rinascimento aveva svelato. Inoltre il manierismo prova a controllare il “passaparola” delle diverse maestranze. Nei due casi, esteticamente la turbolenza vale inventando “un’esasperazione” del già noto od accertato.

Noi viviamo nella società che da un lato controlla tantissimo (e basta pensare al problema dell’immigrazione), dall’altro lato permette ai “maestri” una diffusione istantanea (via Internet) delle proprie idee, che saranno “cavalcate” per aggiornarsi. Modernamente, la turbolenza del barocchismo ci pare dentro la pubblicità a “scossa” d’assestamento (per la massificazione dei desideri), mentre la turbolenza del manierismo ci pare dentro una politica che “para” il colpo (per l’alienazione dei piaceri).

Il libero mercato si fonda sulla concorrenza che sa cambiare… un po’. Esso deve stare al passo con la moda. Un populista pare “esasperare” l’alienazione dei suoi elettori, che egli controllerà mediante la “maniera” di qualche legge… “a contentino”! Non è un caso che oggi via Internet si diffondono le “turbolenze” delle fake news. Inoltre, un bravo sondaggista “cavalca” il proprio controllo di quanto “s’alternano” le intenzioni popolari (di voto, d’acquisto, d’autoefficacia ecc…).

A Odessa, Camilla Boemio curerà la mostra denominata Delivering obsolescence – Art bank, data bank, food bank, con le installazioni di David Goldenberg (dalla Gran Bretagna) e Fabio Lattanzi Antinori (dall’Italia).

Sappiamo che il vintage desidera “avviluppare” il già controllato. Si tratta di riscoprire qualcosa. L’obsolescenza invece “subisce” un aggiornamento, e soprattutto all’inizio pare “un contentino” di maniera (per chi non possa permettersi di “cavalcare” le mode). Artisticamente, il consegnarla (citando il titolo della mostra) le farebbe guadagnare almeno un assestamento, se la riscoperta appartiene solo al vintage. Noi abbiamo la consolidata abitudine di non riparare più il prodotto obsoleto, quando facilmente possiamo rimpiazzarlo con l’altro al suo aggiornamento. Il banco (citando ancora il titolo della mostra) nella storia umana favorisce il “mercanteggiare”. In qualche occasione, chiediamo di riparare il prodotto obsoleto semplicemente perché ne saremmo affezionati. Questo a noi mai apparirà un “capriccio” di maniera…Così, l’obsoleto può anche valere a prescindere dalla massificazione d’una moda, di contro al vintage, il quale al banco del mercato si trova decisamente “a suo agio”.

L’artista David Goldenberg ama installare materiali “poveri”, in ready-made da scarti della società spettacolarizzata (fra la “vecchia” pubblicità ed il “nuovo” web). Immediatamente, egli si porrà il problema della location. Pare che gli “scarti” esteticamente siano allestiti provando ad “orientarsi”. Sarà la percezione d’una striscia che “faccia i capricci” per consegnare il suo “agio”. L’obsoleto deve giustificare che noi lo possiamo riparare. Uno scarto sempre si percepirebbe di striscio, rispetto “all’agio” del suo funzionamento. David Goldenberg non s’accontenta d’assemblare pezzi di carta o di plastica. A lui interessa rappresentare “di striscio” la catena di montaggio che forma il prodotto da “spettacolarizzare”. Lo scarto è tale avendo ormai perduto l’assestarsi del suo orientamento. Una funzionalità (anche nel campo del commercio) deve mostrarsi diretta od al massimo subliminale, mai di striscio. L’obsoleto può forse giustificarsi attraverso una proporzionalità. E’ ciò che avviene sull’aggiornamento, da immaginare come un cambiamento appena “di striscio”. Pare che a David Goldenberg prema d’installare un loop per i materiali assemblabili. Politicamente, l’uomo conosce il mutamento solo “di striscio” dal colonialismo, dalla globalizzazione, dal liberismo ecc… Qualcosa che s’aggiorna anche “capricciosamente”, dentro l’assestarsi delle democrazie. L’artista prova un po’ ad “intrappolare” il manierismo dei propri assemblaggi. Gli scarti di carta o di plastica saranno piazzati in location già arredate, secondo il funzionalismo.

L’installazione dalle lettere sparse conserva il loop del magnetismo. La “turbolenza” della lavagna si dà aggiornandone materialmente “lo striscio”. La pubblicità “cavalca” il magnetismo dei desideri più reconditi. La preferenza di David Goldenberg per la striscia rossa rappresenta un assestamento sul “fioccare” dell’assemblaggio. Supponiamo che al banco della riparazione ci consiglino di buttar via un prodotto obsoleto. Forse, non rimarrà altro che riconvertirlo nel modo più creativo! La moda di certo arriva “fioccando”: all’improvviso, tutti vorranno acquistare il medesimo articolo. A David Goldenberg interessa la tonalità del rosso, avente il loop d’un materialismo “accendente”. C’è pure la “turbolenza” più disorientante della neve, che per l’artista farà “fioccare” le lettere decostruite dalla loro frase. L’installazione ha un basamento chiaro, in cui “libra” il foglio d’una ricevuta. E’ la metafora d’un assestamento per il mercanteggiare.

Per Massimo Baldini, nell’abbigliamento si riconoscono l’asse sintagmatico e l’asse paradigmatico. Il primo detterà le regole per comporre i vari vestiti. La camicia e la gonna ad esempio si portano sempre nel busto e fra le gambe, rispettivamente. In aggiunta, l’asse paradigmatico ci permetterà d’alternare la qualità di ciascun vestito. Dunque noi possiamo portare una camicia blu o verde, una gonna lunga o corta ecc…

Fabio Lattanzi Antinori espone la videoinstallazione dal titolo United enjoy. Lì, un computer “crea da solo” un poema (!), distribuito per linee irregolari. Gli algoritmi nascono da una combinazione, fra una parola di Theresa May (dalla sua lettera post-Brexit) ed una parola nel titolo di qualche giornale, che tratta il tema dell’immigrazione, in Inghilterra. L’installazione visualizza una lunga fila di linee in verticale. Qualcosa che ricostruirebbe il profilo d’una metropoli coi grattacieli, ma pericolosamente “in gabbia”. Noi vi percepiremmo soprattutto la “turbolenza” della vita politica. Questa di frequente è “appesa” al mero filo d’un exit poll (come accadde per il referendum sulla Brexit). L’artista esibisce una croce di Sant’Andrea, sopra le linee verticali. Così, il puntatore del computer confluirebbe sulla nuova “cortina di ferro” dentro la Union Jack…Politicamente i fautori della Brexit manifestano una forte contrarietà all’immigrazione.

Nel computer dell’artista, la lettera di Theresa May ed i titoli dai giornali inglesi funzionano da un asse sintagmatico. La prima ha regolato davvero la Brexit. Infatti un cattivo giornalismo prova solo a “cavalcare” il populismo del momento. Anzi, al diritto di voto si concederà l’asse paradigmatico. Gli oppositori della Brexit hanno accusato i populisti di sobillare l’ignoranza. Nel computer esposto da Fabio Lattanzi Antinori, l’asse paradigmatico si realizza per caso in una pseudo-skyline. Un exit poll esibisce le sbarre con le percentuali al voto. Tutti noi confidiamo che non ci siano brogli, prima di comunicare i risultati al Ministero degli Interni. Quanto la videoinstallazione dell’artista andrà a percepirsi in via proporzionale? Noi ci lamentiamo degli exit poll, reputati se non obsoleti almeno inutili, in tornate elettorali dalle previsioni interamente stravolte. La videoinstallazione consegna (citando il titolo della mostra) una “confusione” fra le linee, che quasi farebbero “scialacquare” la “crocetta” del votante, in alto. Abbiamo sentito gli oppositori della Brexit lamentarsi perché David Cameron volle comunque concedere il referendum, in merito ad un problema troppo per “addetti ai lavori”, rischiosamente mistificabile dai populisti. Fabio Lattanzi Antinori visualizza un subliminale disorientamento. Le linee irregolari hanno toni perfino preoccupanti. S’accosta il giallastro della mera eccitazione al grigio ed al nero d’una popolazione urbana sempre più chiusa in se stessa.

Per l’antropologo Pastoureau, modernamente la rigatura consente di controllare qualcosa. E’ la percezione del passare e del ripassare. Ad esempio il codice a barre serve ad “obliterare” un certo prodotto. Il classico pettine ordina la nostra capigliatura, la quale naturalmente attesta un look. Per Pastoureau, il rigare pare anche un fecondare. Ad esempio, chi oblitera un biglietto è quasi auto-giustificato nella “bella mostra” di sé (rigogliosamente).
Fabio Lattanzi Antinori lascia che il computer “fecondi” le “barre” del voto (dalla prima sobillazione dei giornali inglesi alla registrazione finale di Theresa May), mediante l’artificio d’un lirismo. Pare che le linee verticali “perdano le acque”, chissà quanto “piangenti” per l’anti-umanesimo (chiuse le porte all’immigrazione, pure dall’Europa). Non è una videoinstallazione che rivendica il suo potere di controllo (prima) e d’archiviazione (dopo). Pare un tentativo perfino grezzo nei toni (esasperati dalla triade del giallo-nero-grigio) di “spettinare” il codice a barre. La poesia può essere “obsoleta” per gli arcaismi e l’ermetismo, ad esempio, contro il moderno assestamento d’una videoscrittura. In chat o sul post, un lettore tollera ampiamente sia i rapidi errori di battitura, sia la “bruttezza” dell’abbreviazione. Il lirismo di Fabio Lattanzi Antinori sembra un po’ splatter, alla “consegna” del suo algoritmo, essenzialmente in quanto “fecondato” da una politica sul “controllo” del populismo, (pericolosamente in funzione anti-umanistica).
 

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