DANIEL SPOERRI. BISTROT DI SANTA MARTA | ANDREA OSCAR BRAENDLI. UN OSSERVATORE DEL MONDO

2 Posted by - January 16, 2014 - Recensioni

Daniel Spoerri (Galati, 1930) inventore della Eat Art, protagonista del Nouveau Réalisme movimento teorizzato da Pierre Restany e di Fluxs, a Milano è di casa: il 19 novembre nel 1970, per festeggiare il decimo anno di vita del Nouveau Réalisme, organizzò L’Ultima Cena, un happening gastronomico memorabile al Biffi in Galleria Vittorio Emanuele, trasformando in opera d’arte i residui di una cena per 500 invitati.

Sappiamo che oggi il connubio arte/cibo è di moda, ma i primi a teorizzare e realizzare opere commestibili furono i futuristi, che con il Manifesto della cucina  futurista, anticiparono anche il food design. Spoerri, dal 1963 nella Galerie J di Parigi, organizza varie manifestazioni culinarie, nel 1970 a Dusseldorf inaugura Restaurant Spoerri e la Eat Art Gallery e da  allora i suoi  tableaux-pièges, con frammenti di tavoli trasformati in composizioni apparentemente casuali di residui di cibi e stoviglie usate, plastificate nella resina e appese al muro in verticale come quadri, si trovano nelle collezioni del MOMA di New York e del Centre  Pompidou di Parigi. Spoerri ha l’aria  di non prendersi mai  troppo sul serio, ma in realtà sa bene come gestire immagine e creatività, aprendo altri ristoranti, uno a Vienna e l’altro a Seggiano, nella sua tenuta in Toscana trasformata in un parco di sculture.

La Fondazione Mudima al piano terra ospita ventuno tavole, assemblage recenti di arnesi vintage da cucina trovati nei mercatini rionali, oggetti  desueti come schiacciapatate, mestoli di diversi formati e colori, grattugge, colini, caffettiere, mattarelli, cavatappi, tritacarne, coltelli, mezzelune, forchette, cucchiai e coltelli di acciaio inox con lame affilate e lucenti o con manici di plastica colorata. Queste composizioni, in bilico tra New Dada e Pop Art, rigorosamente monocrome, rimettono in scena il cibo e il rito delle cene happening che l’artista organizza in diversi luoghi e città per creare le opere tableaux-pièges.  La Fondazione Mudima per l’occasione si trasforma in un Bistrot di Santa  Marta (santa patrona delle casalinghe, delle  cuoche, delle domestiche, degli osti, albergatori e ristoratori) che, oltre alla mostra personale di opere recenti, presenta tre cene su invito con la supervisione di Spoerri stesso. Sarà interessante scoprire chi saranno i fortunati commensali che parteciperanno alle tre serate di cucina d’autore, forse artisti o sedicenti tali, galleristi e di sicuro collezionisti e altri personaggi di spicco, forse Gualtiero Marchesi, noto appassionato d’arte e altri master chef? Nella galleria milanese si mangerà con la  consapevolezza  di fare parte di un processo creativo: chi vivrà saprà, poiché verrà pubblicato un catalogo edito dalla  Fondazione  Mudima.

Lasciatevi alle spalle gli assemblaggi prevedibili e banali di collezioni di arnesi di cucina conservati e classificati per generi, forme e colori, già “consumate” qua e là nelle mostre o fiere internazionali e salite al primo piano della galleria  per scoprire in centoconquanta opere su carta di minuscole  dimensioni il poetico mondo di Andrea Oscar Braendli. Questo sconosciuto pittore autodidatta, nato a Milano nel 1950, studioso a Zurigo di Germanistica che poi abbandona per Biologia, scopre nella pratica dell’acquarello su carta una terapia antidepressiva e contro l’alcolismo, tanto da alternare momenti di crisi distruttivi a momenti iperattivi, come testimoniano oltre 2000 opere, tutte di piccole dimensioni, microscopici “pixel” di energia, mai esposte in spazi pubblici. Della sua vita si sa pochissimo, parlano per lui e dei suoi conflitti interiori brulicanti composizioni di forme archetipate opere in miniatura che rappresentano mondi organici, espressioni consce e inconsce. Fanno tenerezza i suoi piccoli animali, topini, pettirossi, ragnetti rossi di campagna, cinciallegre e altre “presenze” che appaiono e scompaiono senza far rumore. Oscar Braendli nella scelta della carta e  nella difficile tecnica dell’acquarello esprime la propria fragilità e un inafferrabile senso di consapevolezza precarietà. Il suo lavoro, solitario, silenzioso, si traduce in poche, semplici linee e  accostamenti  di una felicità pittorica e compositiva sapiente, solo apparentemente casuale: sensazioni, impressioni, sogni, incubi dissolti in fluttuanti forme organiche e universi surreali, in bilico tra Matisse e Mirò. Questi poetici “arabeschi”, risolti in un linguaggio cromatico trasparente come l’acqua, evocano gli acquarelli su carta del Kandinsky lirico e fiabesco e le composizioni “junghiane” di Klee e Gillo Dorfles; rispecchiano il suo mondo lillipuziano, abitato da particelle molecolari in perenne movimento, come se fossero viste al microscopio, traboccanti di vitalità e di energia. I suoi frammenti di un codice visivo interiore, permeati di  biologia, sembrano cogliere la vibrante essenza del mondo nelle brulicanti composizioni dall’energia primaria in bilico tra astrazione e figurazione. Peccato che Massimiliano Gioni non lo conosca, perché nell’ultima Biennale di Venezia del 2013, tra outsider, dilettanti  e autodidatti di talento sconosciuti, Andrea Oscar Braendli avrebbe trovato il contesto adatto per mostrare il suo sguardo sul mondo, in cui interiorità e universalità lasciano una traccia profonda nella nostra memoria.

Daniel Spoerri. Bistrot di Santa Marta | Andrea Oscar Braendli. Un osservatore del mondo

Fondazione Mudima
via Tadino 26, Milano
info@mudima.net
www.mudima.net

 

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