Con Ignazio Mortellaro, l’arte è riflessione sul cosmo

0 Posted by - March 20, 2017 - Interviste, Kritika segnala
Sintesi dell’intervista su il Giornale OFF

emanuele beluffi, beluffi il giornale, emanuele beluffi il giornale off
 
L’avevamo visto l’ultima volta a Milano nel 2015 a Brera, durante la “Design week”, con una mostra (“Abolito il cielo“) che ci costringeva a cambiare il nostro punto di vista sul mondo esterno sovvertendo quello che è il buon senso comune; così i nostri pensieri andavano per contrappasso alla cosiddetta “filosofa del senso comune” della terra d’Albione, insomma gli empiristi inglesi dell’Otto e del Novecento, per non parlare del “punto di vista logico” del filosofo americano Willard Van Orman Quine autore dell’invidiatissima raccolta “From a Logical point of view” (”Da un punto di vista logico”, appunto).

Quale che sia il vostro punto di vista, sull’arte e sul mondo là fuori, Ignazio Mortellaro  è sicuramente un’eccezione rispetto al mio, di punto di vista: come leggerete nel corso dell’intervista che segue, pur non aspirando a scrivere editoriali per l’Unità e il Corrierone della Sera come faceva il grande Renato Guttuso, Mortellaro lascia di volta in volta un segno non solo nel mondo delle arti visive ma anche in quello delle idee.

emanuele beluffi, beluffi il giornale, emanuele beluffi il giornale off

Ignazio Mortellaro, Scalza varcando da sabbie lunari, 2017, Installation views at SPAZIO22, Courtesy the artist and Francesco Pantaleone Arte Contemporanea, Ph Antonio Maniscalco

Un passo indietro. Anzi, in avanti, al presente: a Milano, da SPAZIO 22FL GALLERYGalleria PACK che ospita la galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea di Palermo per il consueto scambio culturale (caratteristica appunto di questa bella realtà espositiva milanese), abbiamo rivisto Mortellaro con una mostra dal titolo “Scalza varcando da sabbie lunari” / “Barefoot stepping from lunar sands” a cura di Valentina Bruschi,

emanuele beluffi, beluffi il giornale, emanuele beluffi il giornale off

Gregory Bae, One Coinciding Minute, Felt in Rotation on 06.22.16 Milano/06.23.16 San Francisco, 2016, two channel video 1:24:45’’

unitamente alle personale di Gregory Bae (“45° 28’ 0’’ N, 9° 11’ 0’’ E”, prima assoluta in Italia a cura di Rossella Farinotti) da Federico Luger

emanuele beluffi, beluffi il giornale, emanuele beluffi il giornale off

Corrado Zeni, “ICONS”#1, 2016, oil on canvas, 100×200 cm

 
e la mostra di Corrado Zeni (“ICONS”) da Galleria Pack.

Con in più una mostra di sole carte al piano superiore (opere di Adalberto Abbate, Mattia Barbieri, Alessandro Bazan, Thomas Berra, Alighiero Boetti, Danilo Buccella, Gabriele Di Matteo,Igor Eskinja, Franklin Evans, Pino Pascali, Luigi Serafini,  Cy Twombly fra gli altri).

emanuele beluffi, beluffi il giornale, emanuele beluffi il giornale off

Spazio22, Works on paper 2017, Installation view

Un appuntamento da non perdere per globetrotters dell’arte e non solo; del resto Spazio 22 è una delle non molte realtà milanesi che ci sorprendono ogni volta che ne varchiamo l’uscio in occasione di una mostra.

Con Mortellaro espandiamo i confini dell’arte all’antropologia, la filosofia e l’astronomi e la matematica, ma non aspettatevi una mostra indecifrabile. Al contrario, è molto empatica e affascina: anche se non capiamo il senso di quei segni concentrici incisi su lastre, sappiamo che siamo sulla terra, nello spazio.

“Scalza varcando da sabbie lunari”  è una cosmogonia, la versione visuale di un De Caelo aristotelico, o una rivisitazione apocrifa dei dialoghi di Platone in cui ci parlava nientemeno che di Atlantide.

Ma queste sono suggestioni dell’osservatore, inevitabilmente votate all’inclinazione soggettiva. Diamo la parola all’autore, dunque. OFF a tu per tu con Ignazio Mortellaro.

emanueleac beluffi, beluffi il giornale, emanuele beluffi il giornale off

Ignazio Mortellaro, Scalza varcando da sabbie lunari, 2017 Installation views at SPAZIO22, Courtesy the artist and Francesco Pantaleone Arte Contemporanea Photo credit Antonio Maniscalco

Caro Ignazio, due parole sulla tua mostra milanese, a partire dal titolo…

Il titolo svela la struttura metrica della mostra, è il primo verso della poesia “Eco”, tratta dalla raccolta “Sentimento del Tempo”, di Giuseppe Ungaretti. Mi permetto di leggerla, sia perché visivamente aiuta a comprendere la geometria compositiva delle opere, sia perché trovo che la poesia sia lo strumento di espressione privilegiato capace di armonizzare razionale e irrazionale, finito e infinito, animato e inanimato:

Scalza varcando da sabbie lunari/Aurora, amore festoso, d’un’eco/Popoli l’esule universo e lasci/Nella carne dei giorni,/Perenne scia, una piaga velata.

Ho visto la tua mostra due volte e mi hanno spiegato che i cerchi concentrici scolpiti sulle lastre sono in realtà il risultato di una specie di formula matematica: di cosa si tratta?

Vedendo la mostra ti sarai accorto dei continui duali rimandi tra le opere, una sorta di forza nascosta che da un’opera ti rimbalza su un’altra. Ecco che questo motivo si fa passo, e quello che sembra una serie logica matematica in realtà non è altro che un movimento oscillatorio attorno ad un equilibrio instabile. In fondo quei cerchi concentrici che vedi incisi sulle lastre hanno lo stesso passo dei numeri incisi nelle due piccole lastre di fronte, sembra una serie logica, come la serie di Fibonacci giusto per citarne una che tutti conoscono, una di quelle serie che possono essere sintetizzate da una formula più o meno semplice che permette di dedurne qualsiasi numero; in realtà è invece un gioco, studiato in collaborazione con un matematico, in cui la sequenza è generata dalla lettura stessa dei numeri, l’impossibilità di sintesi sposta quindi il problema sul processo, il numero si fa parola, voce, suono, narrazione. 

Di un pittore figurativo si dice: nei suoi quadri non ci sono soggetti umani, solo paesaggi o corpi senza identità. Nel tuo lavoro la presenza umana mi pare solo evocata. E intanto appena scoperto che forse non siamo per niente soli nell’universo: visti certi riferimenti alla cosmogonia e all’antropologia, pensi che il tuo lavoro d’arte potrebbe cambiare alla luce di questa scoperta?

Penso che il problema dell’identità sia in realtà un falso problema. L’uomo mi interessa solo come una delle singolari combinazioni spirituali che la materia può assumere, quella a cui al momento appartengo. La nostra natura è unica e molteplice allo stesso tempo, per questo ogni giorno, non solo nel lavoro d’arte, ma anche nel mio modo di vita cerco di trovare il molteplice nell’uno e l’uno nel molteplice. Come diceva Antonin Artaud nel suo “Eliogabalo”,

aver il senso dell’unità profonda delle cose, è aver il senso dell’anarchia, e dello sforzo da compiere per ridurre le cose riducendole alla unità. Chi ha il senso dell’unità ha il senso della molteplicità delle cose, di quella polvere d’aspetti attraverso cui occorre passare per ridurle e distruggerle

emanuele beluffi, beluffi il giornale, emanuele beluffi il giornale off

Ignazio Mortellaro – Studio (dettaglio) – Courtesy Ignazio Mortellaro

Secondo te un artista può essere anche un intellettuale? (io ti dico la mia: no)

E io ti dico la mia: sì. Anzi, aggiungo che deve esserlo se non vuole ridursi al solo sentimento, all’esperienza e al gusto estetico. L’artista non può che vivere di complessità, e questa si nutre di opposti, di paradossi, di contraddizioni.

Qual è il tuo rapporto con la musica? (raccolgo una tua dichiarazione: «Adoro le basse frequenze della techno ed i suoi ritmi ossessivi perché nascondono qualcosa di atavico, un contatto col suolo e simultaneamente una proiezione nella profondità dello spazio. All’interno di un club è come se il tuo corpo si trasformasse in una cassa di risonanza, un processo di svuotamento e di vibrazione, dove il suono ed il pensiero generati e fatti materia convergono avvolgendo tutto ciò che ci circonda»)

Come si intuisce da questa mia dichiarazione, è un rapporto profondo, fisicamente e concettualmente profondo. Ho la fortuna di confrontarmi spesso con musicisti provenienti da ogni parte del mondo e questo amplia il mio sentimento del suono, ne altera continuamente i confini. Come ricorderai, durante l’inaugurazione della mostra abbiamo assistito alla performance audio di “Roots in Heaven”, ho utilizzato il suono per manipolare lo spazio finito di una caverna sotterranea, per ribaltarlo, generando un’implosione, dimostrando che lo spazio interno è ben più grande di quello esterno, l’intero universo può essere risucchiato in un pozzo o buco, raggiungere una densità infinita. Mi viene in mente la scena della torre nel film “L’Enigma di Kaspar Hauser” di Werner Herzog in cui il protagonista affrontava, sovvertendolo, il problema dello spazio:

…dentro la torre c’è più spazio che fuori, perché da fuori se mi guardo intorno non vedo più la torre, mentre quando ero nella torre (in prigione) ovunque guardavo c’era la torre, e dunque c’è più spazio dentro che fuori la torre

Quanto conta l’oggetto libro nel tuo lavoro d’arte? Se io fossi un collezionista, che parte di te acquisirei se la mia scelta cadesse su un libro?

Probabilmente sarebbe molto simile a questa intervista; nei miei libri d’artista ci sono tante domande, qualche risposta e molti frammenti, insomma tutto ciò che puoi incontrare quando vieni a trovarmi in studio.

Qual è stato il tuo primo incontro con l’arte? E quando hai deciso, fra musica e arti visive, che quella poteva essere la tua strada?

Non c’è stato un “primo incontro”, così come non penso esista un colpo di fulmine in una storia d’amore. E’ una vita che mi faccio domande, che amo e studio l’arte, che osservo il mondo con curiosità. Ho un passato da ingegnere e poi da architetto, ora lavoro come artista, ma se parliamo di strada, quella che percorro ogni giorno è da uomo, magari domani farò un altro mestiere ma le domande non cambieranno, i miei occhi e le mie mani saranno le stesse.

emanuele beluffi, beluffi il giornale, emanuele beluffi il giornale off

Ignazio Mortellaro – Studio (dettaglio) – Courtesy Ignazio Mortellaro

Segui il mercato dell’arte?

Solo il tardo pomeriggio, quando sono stanco e non riesco più a lavorare. Spero che un giorno le cose si ribaltino e il mercato dell’arte segua me, magari tutto il giorno!

Chi merita un tuo lavoro?

Chi lo desidera.

Tutti vogliono andare a Berlino o a Milano o a Londra o New York, tu hai girato un po’ per l’Europa ma vivi a Palermo: perché?

Penso semplicemente che sia un luogo adatto alla mia ricerca. Italo Calvino diceva che i problemi si possono risolvere soltanto indagando la loro periferia.

Poi la Sicilia è un piccolo continente al centro del Mediterraneo e Palermo non è altro che la sua multiculturale capitale; le città che tu elenchi, per quanto grandi e complesse possano essere, rimangono delle città, sistemi architettonici fatti da uomini per altri uomini, non c’è spazio per molto altro, le stelle si vedono a malapena, gli altri animali sono costretti al guinzaglio, è difficile trovare della terra. La mia città offre ancora uno spettro di possibilità che mi fa sentire libero, è radicata ad un territorio, è georeferenziata.

Dove ti rivedremo?

Trovandomi su di un’isola viaggio spesso, ci vedremo nuovamente a Milano, che è la città che amo, durante il Miart e probabilmente a Venezia per la Biennale.
 

No comments

Leave a reply