L’inconscio, la pazzia, la malattia, la percezione; sono questi i temi su cui si basa la ricerca di Christian Fogarolli, artista trentino. Il suo lavoro si basa sull’analisi attenta del materiale d’archivio fotografico racchiuso in vari ospedali psichiatrici prevalentemente del Centro e Nord Italia. Egli sembra voler partire da una famosa citazione di Erasmo da Rotterdam
La vita umana non è altro che un gioco della follia
Ma come poter racchiudere la follia e in generale la caducità della vita e, attraverso un atto fisico e meccanico come quello della fotografia?
Nella mostra Clair in corso a Treviso a Ca’ dei Ricchi, promossa da TRA TrevisoRicercaArte e Fondazione Francesco Fabbri, Fogarolli espone degli scatti temporalmente riferibili agli inizi del Novecento, senza mai soffermarsi sulle identità dei soggetti, determinando una cesura con l’ambito documentaristico.
Simili immagini provocano nel fruitore varie sensazioni fino ad arrivare ad un senso di angoscia e talvolta indignazione; l’artista agisce comunque sempre con un profondo rispetto dei soggetti trattati, quasi a volerci dire che noi tutti siamo vittime della fragilità dell’esistenza umana.
Inoltre, non ci sono alterazioni o intromissioni cromatiche sull’opera; l’artista crea così volutamente un rapporto diretto verso l’opera d’arte, l’intervento si fa sublime e discreto, rendendoli nella loro crudezza originale e primitiva.
Questo lavoro si riallaccia e nello stesso tempo si distacca dal progetto Lost Identities, databile tra il 2011 e 2013, in cui l’artista, sovrapponendo gli sguardi in maniera frontale e laterale, creava diversi piani di lettura.
La sua non è un’indagine sociale, di catalogazione medica o criminale, egli cerca in ogni soggetto una verità assoluta, al di là del limite umano: ne sono a dimostrazione Walkers e The Dreamers, soggetti affetti da sonnambulismo i primi, dormienti i secondi, generali patologie cui il sapere umano non riesce ancora a dare una risposta, creando un senso di paura e di sottile angoscia verso colui al quale è diretta l’immagine.
Una diversa forma di “xenofobia”, intesa come paura per il diverso, crea i lavori Jean &John e Androgino, figure di dubbia appartenenza sessuale, ermafrodite; le fotografie volutamente posate a terra, con i corpi ad altezza d’uomo, creano un effetto destabilizzante, come se i soggetti ritratti volessero interagire col pubblico cercando in loro un aiuto.
Tape è costituita da un lungo nastro in carta ritmicamente forato, su cui poggiano delle piccole fotografie, usato nei primi carillon; questo diviene simbolo di un’indagine scientifica di inizio Ottocento, dove si cercava, in maniera che oserei dire banale, di determinare la condizione di una persona umana attraverso i suoi caratteri fisici e somatici; ed ecco che ancora, in Ossimoro, caratterizzata da una bilancia con dei pesi da una parte e una piccolo ritratto dall’altra, lo strumento pende verso la piccola foto, emblema dell’uomo contro la presunta validità scientifica.
Gli sguardi, i ritratti, i volti di queste persone che noi definiamo diverse e che per questo si è sentito il bisogno di catalogare, come atto di sottomissione, ci ricordano che forse molte volte le persone estraniate ed estranianti, siamo noi.
Christian Fogarolli | Clair
Ca’ dei Ricchi, Treviso
a cura di Carlo Sala
Festival F4 / un’idea di Fotografia
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