CHIARA SORGATO | FROM FIRST TO LAST – THROUGH VIOLENCE AND DUST

0 Posted by - June 14, 2015 - Kritika segnala, Recensioni

Mi hanno sempre detto che sono una surrealsita, ma non penso di esserlo poi tanto, magari visionaria, ma non surrealista

Così Chiara Sorgato in un video di due anni fa. Non credo che nel frattempo abbia cambiato idea e, per quanto possa essere vincolante il mio parere, concordo in toto con lei.

Ricordando il compianto critico Matteo Marangoni, grazie a Chiara Sorgato, in mostra da Cannaviello fino a settembre (quindi non avete scuse), abbiamo l’esempio concreto di cosa significhi:

1) saper guardare un quadro
2) saper riconoscere il pittore di talento

Chi sa dipingere non ha bisogno di dimostrare nulla, nè con l’enfatizzazione didascalica della forma, nè con la ridondanza del contenuto.

Il bravo pittore, parafrasando Wittgenstein, deve “mostrare“, non “dire“. Tutti gli altri sono dei furbetti.

Di rimando, un quadro è “bello” per i suoi valori figurali intrinseci: c’entra poco il contenuto (il caso contrario: i poster che si appendono in cucina).

Nella produzione d’arte di Chiara Sorgato ovviamente forma e contenuto sono egualmente importanti: il metalinguaggio narrativo delle sue opere ci permette di fare scorribande nel pensiero andando a toccare i luoghi culturali i più varii, dal citazionismo biblico a quello neopagano, passando attraverso l'(ir)realtà contemporanea (fatti di cronaca, esperienze di vita).

Chiara Sorgato ci narra sempre delle microstorie, la sostanza conta tanto quanto la forma e non a caso le sue opere hanno spesso dei titoli che sembrano quelli di un film della Wertmüller.

Le reminiscenze mistico/bibliche (“Bodies crush bodies in space“) si accompagnano a riferimenti alla Wicca (“Tenda nera-nonna luna“) e alla storia della cultura (“La nave dei folli“, citazione nascosta di “La stessa barca ovvero delirio sul mare-labirintite“), senza contare la fedeltà al tempo presente (“Lasciami andare che è il tramonto“); e del resto la (felice) scelta di realizzare una documentazione esplicativa -e dal fortissimo valore simbolico- della mostra attraverso un “canovaccio” di fiabe interpretative di quadri scelti, in luogo del solito testo “non-critico”, testimonia come il grado 0 della produzione d’arte di Chiara Sorgato rappresenti (anche) un terreno fertile di rimandi a quell’apparato culturale universale, che è il nostro, il cui valore simbolico è un po’ lo stesso degli archetipi junghiani.

Per questo ci piace pensare ai suoi quadri come a degli affreschi mitopietici: l’arte contemporanea dev’essere sempre fedele al presente, come diceva il compianto Luciano Inga Pin.

Ma ci si consenta (ahi, il Cav!) di seguire il sentiero della pittura e, quindi, di concentrarci in special modo sul fare-pittura di Chiara Sorgato.

Prendete ad esempio l’opera titolata “Come ti fai prendere la mano” e notate il suo sviluppo discensionale e ascensionale senza soluzione di continuità: la diagonale del braccio si armonizza con il procedimento discensionale della forma nera nella parte superiore, che si coordina con il gruppo dei soggetti in primo piano preservando al contempo l’equilibrio della composizione (che altrimenti penderebbe tutta a destra). Facendola “tornare su”, controbilanciata dalla screziatura rossa alla base del quadro, rispetto alla quale il braccio sembra fisso e sussistente come se in mezzo ci fosse un filo a piombo.

Oppure considerate “La stessa barca ovvero delirio sul mare-misoginia“: possiamo proprio dire “il circolo della rappresentazione“, qui è tutto dinamico, i soggetti sono raccolti in una sfera ideale che scivola sul supporto della traccia curvilinea alla base, mentre la pioggia di luce (ci piace vederla così) a cascata e la scala sulla destra costruiscono una specie di melodia con quel loro ripiegare la composizione sulla falsariga del pentagramma rappresentato dalla chiglia dell’imbarcazione.

Questo non è sterile virtuosismo, perchè la Sorgato, come dicevamo, “mostra” senza “dire“.

C’è tecnica, ma c’è anche quel nescio quid, o, per dirla alla francese, quel certo je ne sais quoi (insomma, in italiano: quel certo “non-so-che“) che sposta in avanti il suo lavoro, rendendolo, semplicemente, opera d’arte: c’entra niente il contesto (crocifiggo un ranocchio), c’entra niente l’idea (per esempio di una sedia).

E’ stile, è eleganza (il dire-senza-dire).

Ma per questa occasione accantoniamo questo approccio meta-pittorico e restiamo sul terreno scabro della pittura, del fare-pittura. Diciamo allora che Chiara Sorgato la teniamo d’occhio, perchè è giovane e in là con la sacra disciplina (un unico appunto, per lei come per ahimè non pochi altri: è giusto preventivare l’internazionale, ma che diamine, perchè questi continui inchini alla Perfida Albione?)

Surrealista o no (e no, che non lo è, signora mia, un surrealista oggi sarebbe come un giapponese nella giungla a guerra già bella che finita), è una che sa dipingere. Tutto il resto è noia.
 
PORTFOLIO E CV DI CHIARA SORGATO
 

No comments

Leave a reply