CAROLYN CHRISTOV-BAKARGIEV | BIENNALE DI ISTANBUL

0 Posted by - August 24, 2015 - Approfondimenti, Kritika segnala

Non bastava che Okwui Enwezor facesse una Biennale veneziana di lotta e di governo degna della sinistra al caviale.

La pubblica lettura del Capitale di Marx, fortemente voluta dal curatore che gioca a fare l’antagonista e poi si fa immortalare in un servizio patinato su Vogue come un Giangi Feltrinelli redivivo, è stato solo il teatrino di una grande pagliacciata che riflette, ovviamente, l’ideologia dominante (le nomine sono sempre politiche).

Ora tocca a un’altra fare il beau geste: Carolyn Christov-Bakargiev, neoeletta dai dipendenti statali di Franceschini alla direzione di Catello di Rivoli e GAM assieme, è la curatrice dell’imminentissima Biennale di Istanbul, nomina su cui Franceschini c’entra ovviamente una mazza, ma che è comunque il riflesso dello spirito del tempo.

Già a capo di dOCUMENTA (13), la scrittrice/storica/curatrice italoamericana di origini bulgare autodichiaratasi apolide pare abbia fama di curatrice cagacazzi:

Carolyn Christov-Bakargiev è una fondamentalista della curatela, […] ha nel sangue un istinto dittatoriale che sembra derivare dalle sue origini bulgare (Francesco Bonami)

Fin qui nulla da commentare, ognuno ha il carattere che ha.

Ma gli è che la succitata curatrice ha predisposto i suoi reparti speciali, capitanati da William Kentridge, Pierre Huyghee e Oran Pamuk, con cui selezionare gli artisti di questa edizione della Biennale di Istanbul.

Lista che Christov-Bakargiev non vuole sia di pubblico dominio, ma che una breve ricerca in rete o tra la carta stampata permette di scovare con facilità. Esempio: fra gli artisti una sconosciutissima Elena Mazzi incontrata dalla curatrice in quel di Venezia e gl’immarcescibili esponenti del poveraccismo, un resuscitato Giovanni Anselmo e il presenzialista Michelangelo Pistoletto.

Ora, come sopra così sotto, chi se ne frega.

Ma gli è che l’Italian high school in Turkey ha scelto, fra gli intellò da invitare, nientemeno che Toni Negri.

Ora, lo sanno tutti, ma proprio tutti, che Toni Negri nulla sa di arte contemporanea.

Il suo ultimo (e unico) libro sull’argomento è, come tutti i suoi scritti, un coacervo di frasi senza senso, né vere né false, sofisticherie cresciute nell’etere del suo cervello, una congerie di riflessioni che non hanno alcun corrispettivo né nel mondo là fuori né in quello più piccolo dell’arte contemporanea.

Toni Negri è stato (e lo sarà sempre) un professore cresciuto in una torre d’avorio e a nulla gli serve d’essere (stato) esule in Francia per sfuggire alle (ingiuste, non lo dico per scherzo) leggi ad hoc italiane.

Ancora dubbiosi? Sentite cosa disse questa fanciulla.

Toni Negri è sempre stato completamente ignaro delle reali e materiali condizioni della vita là fuori, ritenendo che l’assalto al cielo iperuranio delle idee si applichi al mondo là fuori, invece assai più complesso.

Dal momento che arte è vita, il suo contributo alle arti visive è dunque ricco di formule teoriche che non corrispondono a nulla se non alle idee di cui lui è innamorato fisso.

E non dubito che l’esito lavorativo delle sue generalizzazioni si tradurrà, per la Biennale di Istanbul della Caroline et cetera, in una proposta artistica da rivoluzionari in pantofole.

Sto parlando di Toni Negri, ma mi sembra di parlare dei curatori d’arte.
 

In seguito alla diffusione della notizia, Elif Obdan Gürkan, International Media Relations Manager della Istanbul Foundation for Culture and Arts, ha tenuto a precisare che l’artista (sic) Toni Negri non è stato invitato a partecipare alla Biennale e che quindi non sarà esposta alcuna opera (???) scelta dalla curatrice Carolyn Christov-Bakargiev

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