Kritika onpaper # 1 – Milano – 15 | 09 | 2009
Una rivista unica come Kritika non poteva non ospitare sul numero uno l’intervista all’unico critico liturgico esistente al mondo. Camillo Langone (Potenza, 1962; vive e lavora a Parma) ha scritto i libri Scambio coppie con uso di cucina (ES, 2003), Il collezionista di città, (Marsilio, 2006), La vera religione spiegata alle ragazze (Marsilio, 2007) e Guida alle messe (Mondadori, 2009). Collabora al Foglio, Il Giornale, Panorama e Ventiquattro del Sole 24 Ore. Sul Foglio ha curato le rubriche di enogastronomia Maccheronica e La diva bottiglia, nonché l’esclusiva rubrica dedicata alla recensione delle celebrazioni liturgiche, da cui è stato tratto il libro Guida alle messe. Camillo Langone è uno scrittore. E già questo dovrebbe bastare. Ma oltre a intendersi di ristoranti, vini e messe, è piuttosto ferrato nelle arti visive.
Caro Camillo, quando andavo a messa mi annoiavo a morte. Invece quando seguivo le messe preconciliari in latino, che fino a ieri venivano furtivamente celebrate in qualche chiesa decentrata, stavo sempre attento. Secondo me, l’estetica aiuta a cogliere il senso del sacro e del mistero. La tua Guida alle messe serba particolare attenzione al piano estetico della liturgia. Evidentemente, anche in religione l’occhio vuole la sua parte. In un connubio mirabile fra eros e agape, vuoi spiegarci il senso dell’erotofilia che informa di sé la religione cattolica?
Per non andare troppo lontano vorrei limitarmi a citare la Deus caritas est, la prima e più entusiasmante enciclica di Benedetto XVI. In questo straordinario documento il Papa si dimostra più erotofilo di qualsiasi mestierante della trasgressione dicendo che eros e agape non sono mai nettamente separabili, che in quello che il volgo chiama sesso c’è sempre almeno una traccia di quello che il volgo chiama amore. Una simile affermazione è possibile solo grazie a Cristo, a Dio che incarnandosi ha divinizzato la carne. Solo i cristiani (e quando dico cristiani dico cattolici e ortodossi, non i protestanti che sono degli strumentalizzatori di Cristo) valorizzano sia l’anima che il corpo. Gli atei non danno valore all’anima, mentre i puritani, i moralisti, gli gnostici non danno valore al corpo.
In questo numero di Kritika parliamo anche del rapporto fra l’essere umano e il suo ambiente naturale, la città. In che modo la bellezza può aiutare l’abitante contemporaneo della città ad avvicinarsi a Dio?
Coeli enarrant gloriam Dei , dice uno dei Salmi più belli e io per non contribuire a rendere incomprensibile il racconto del Cielo ho deciso, da molti anni, di non usare l’aereo. Questa felice astinenza mi ha anche risparmiato la tentazione del meretricio cubano e brasiliano caro a tanti miei amici. Le periferie delle città sono brutte perché sono senza Dio, costruite non attorno a una cattedrale ma a un centro commerciale, confluenti non su una piazza per gli uomini ma su una strada per le automobili. La Milano grattacielara di Formigoni e Moratti vuole diventare periferia di Shanghai e per farlo umilia la Madonnina del Duomo: questi superbi governatori di Babele stanno tentando l’assalto al Cielo e ne avremo disastri urbanistici e sociali.
E dal momento che, senza tema di passar per comunisti, pubblichiamo anche una riflessione sull’arte ecosostenibile, ti chiedo perchè secondo te l’homo tecnologicus ha bisogno delle candele di cera e non di plastica.
Nel suo intimo l’uomo è sempre lo stesso di sempre, tecnologia o non tecnologia. Sempre nasce, sempre ama, sempre muore. Anzi, proprio perché la tecnica è invadente si sente il bisogno di spazi incontaminati dove accostarsi a simboli eterni. La candela di plastica viene comunemente detta “candela finta” ed è percepita come una truffa spirituale da tutti, non solo da noi esteti: ho verificato molte volte che le offerte crollano, quando in una chiesa la fiamma ardente viene sostituita dalla fredda lampadina.
La riforma liturgica di Paolo VI è stato uno spartiacque: dal 1969 preti in blue jeans e preti operai, chiese moderne con gli esperimenti liturgici i più assurdi e canti e danze con chitarre, cembali e tamburi al posto dell’organo. Il rifiuto del concetto stesso di tradizione, considerata alla stregua di anticaglie e residuati medievali di cui disfarsi (Vittorio Messori definì gli anni Settanta come gli anni di piombo della chiesa cattolica). Ora Benedetto XVI ha ripristinato l’antica riforma liturgica: qual è il motivo di tanta opposizione anche all’interno della chiesa?
La messa gregoriana e la messa paolina non sono solo due diverse liturgie, sono due diverse teologie. Al centro della prima c’è Dio, al centro della seconda c’è l’uomo per non dire il prete, che col messale anni Sessanta può pavoneggiarsi da presidente (non c’è nulla di più clericale di questo tipo di messa). Ovvio che i sacerdoti non vogliano cedere le loro prerogative. Ma è un problema anche dei laici, in particolare delle bizzoche. In moltissime parrocchie questo tipo umano monopolizza le letture, le preghiere dei fedeli, i cori sub-sanremesi e le schitarrate, e quindi vuole mantenere lo status quo per salvaguardare gli spazietti della propria maldestra espressione, costruita intorno a sentimenti imparati dalla tivù.
Come giudichi l’architettura sacra contemporanea?
In Italia è un disastro. Gli architetti chiamati dalla Cei (Piano, Meier, Botta, Fuksas…) non credono nell’Incarnazione, è evidente. Anche i burocrati della Cei non sembrano crederci molto, altrimenti non approverebbero progetti nichilisti di chiese senza campanili, senza inginocchiatoi, senza immagini. In America è diverso, hanno ricominciato a costruire chiese che assomigliano a chiese.
Caro Camillo, da critico liturgico che s’intende anche d’arte: un tuo giudizio sulla critica d’arte.
Non la leggo, mi annoia solo a sentirla nominare. Guardo le opere d’arte e mi faccio la critica da solo. I critici mi sembrano scarsi non solo sul piano teorico (non hanno idee) ma anche su quello letterario (non sanno scrivere) e su quello umano (non sono persone interessanti). Mille volte meglio gli artisti: non sanno quello che fanno ma, a volte, lo sanno fare.
Sante parole. Secondo te dove andrà a finire la pittura? Quali possibilità ci sono per una sua rinascenza, per il suo approdo verso nuovi e insospettati lidi? Oppure il suo spodestamento da parte della concorrenza più moderna, come sound art e video arte, è ormai definitivo?
Da amante della pittura mi compiaccio di un Padiglione Italia mai così pittorico da moltissimi anni. Curiosamente Bondi ha chiamato a curarlo il bravo Beatrice e non il bravissimo Langone: io avrei coinvolto ancora più pittori, anzi, avrei coinvolto solo pittori, e ai vari Cingolani, Galliano, Pignatelli avrei aggiunto Luigi Serafini, il massimo artista italiano vivente, tale sia perché molto artista, sia perché molto italiano, sia perché molto vivente. La pittura quindi è viva e lotta insieme all’uomo che non accetta di farsi marginalizzare dalla tecnica ma vuole restare al centro del mondo.
Leggi Camillo Langone anche su Kritika onpaper # 4
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