“Per il momento una impressione indiziaria, non avendo compiuto tutto il percorso fino ai Giardini; ma una singolare considerazione: in tutta la Biennale non c’è un solo dipinto”. Così Vittorio Sgarbi alla vernice della Biennale 2017.
Che bravo fotografo sono eh?
Bon, nemmeno io sono arrivato ai Giardini, ma qualche quadruccio, almeno all’Arsenale, l’ho visto: oltre al padiglione Filippine (che, per chiosare il succitato Sgarbi quando si riferiva a una nota parlamentare, era più intelligente che bello), ho visto opere di Giorgio Griffa e Riccardo Guarneri ma ne convengo, almeno all’Arsenale di pittura ce n’è pochina. Mi riservo di estendere il giudizio ai Giardini quando tornerò nella Serenissima.
Quest’anno ho voluto fare le cose con calma, niente vernice, dove pare che mercoledì scorso fossero presenti in legione: tutti operatori del settore?
Ormai l’arte contemporanea è diventata un’attrazione per presenzialisti come alle milanesi fashion week, dove quelli che veramente contano non si fanno vedere e in mezzo c’è il carnaio dei protagonisti dell’estate che non contano un cazzo. (Ph. Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia)
Sabato, giorno di festa per il volgo, l’Arsenale era così poco frequentato che potevi entrarci in macchina e posteggiare in testacoda all’ingresso di ogni padiglione. E così, per la prima volta, me lo sono guardato e riguardato da cima a fondo -l’Arsenale.
Andateci. Solo per il Padiglione Italia la Biennale 2017 vale il prezzo del biglietto (mi spiace, se non siete infiltrati come i presenzialisti della vernice non c’è storia, lo spettacolo lo dovete pagare).
Ammetto di essere stato pregiudizialmente ostile: affidare il Padiglione Italia a tre-artisti-tre mi era sembrata una cafonata snob.
Il fatto poi che il suddetto padiglione fosse concettualmente inquadrato nell’egida de Il mondo magico di Ernesto de Martino mi aveva fatto dar ragione a Gino De Dominicis quando stigmatizzava la venerazione per i curatori e la follia di credere ai loro capricci intellettuali.
E, last but not least, sapere che ABO (Achille Bonito Oliva) ne enfatizzava le magnifiche sorti e progressive all’insegna del multiculturalismo mi aveva fatto desistere dal visitare una rassegna che con quella presentazione mi si annunciava troppo conformista e politically correct.
Niente di tutto ciò: i pre-giudizi sono veramente duri a morire e per sputtanare un libro di Saviano devi almeno averlo prima letto.
Pensavo che il Padiglione Italia potesse vincere il Leone d’Oro (è andato alla Germania), ma non importa: Cecilia Alemani ha fatto centro e i “suoi” artisti (almeno Giorgio Andreotta Calò e Roberto Cuoghi, Adelita Husni-Bey è ancora piccola anche se promette bene) hanno fatto cose egregie.
Quel che si vede nel Padiglione Italia non c’azzecca col saggio Il mondo magico dell’antropologo Ernesto De Martino, ma è una questione del tutto irrilevante ai fini del risultato finale (Ph. Italo Rondinella. Courtesy: La Biennale di Venezia)
Andreotta Calò, per chi scrive, ha realizzato un’opera strepitosa, memorabile e tassativamente non fotografabile, mentre Roberto Cuoghi l’ha sfangata con un lavorone “strappa-oooooooh” e fotografatissimo.
Di Adelita Husni-Bey ho già detto, aggiungo solo che la sua opera video si inquadra perfettamente nella temperie culturale dei millennials -e questo non è poi così bello
Secondo classificato (sempre a insindacabile e soggettivo giudizio del sottoscritto) il Padiglione Cina, a dimostrazione di come l’arte non sia solo viva (Viva Arte Viva è il titolo della Biennale 2017 che la creativa Christine Macel s’è voluta inventare), ma anche bella (aggettivo fuori moda in questo campo da almeno mezzo secolo).
Terzo in classifica il Padiglione Messico: non ci ho capito un cazzo, ma il lavoro di Carlo Amorales è splendido, solo mancavano i riferimenti ai cartelli della droga (scherzo veh).
E poi le opere di singoli artisti dislocate lungo l’ingresso dell’Arsenale: Maha Malluh (Food for Thought), Guan Xiao (David), Ernesto Neto (Um Sagrado Lugar-A Sacred Place), Rina Banerjee e Mariechen Danz.
Viva l’Arte, viva la Christine Macel e viva la Cecilia Alemani. Ma, soprattutto, vivano loro: gli artisti, senza i quali nessuno di noi sarebbe occupato.
Seguiranno aggiornamenti sui Giardini, quando li visiterò.
LEGGI ANCHE L’ARTICOLO DI LIVIA DUBHON BOLIG SU VENEZIA 2017
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Venezia 2017 – Arsenale – Instagram
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Photo Andrea Avezzù – Courtesy la Biennale di Venezia
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PHILIPPINES, The Spectre of Comparison, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia
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Mariechen Danz, Various works, 2011-2017, Mixed materials, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia Mariechen Danz and Alicja Kwade, Clouded in Veins: A Subjective Geography, 2017, performance by Mariechen Danz, installation by Alicja Kwade, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia
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Rina Banerjee, In noiseless soils underground,a distanced poor from below touch fine air rooted in piles upon piles weeded and watered to then have no light shared, 2017, sculpture,91.44 x 68.58 x 58.42 cm, 57th International Art Exhibition, La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia Rina Banerjee Addictions to leafand nut aroused, curled currency and culture to itch and moan as arrivals of plants from plantation, not just servants or slaves exploded, swelled to levels fantastic but without majestic magic hurt to ripen, 2017 sculpture,86.36 x 86.36 x 45.72 cm La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezi
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Ernesto Neto, Um Sagrado Lugar (A Sacred Place), 2017, organic dyed cotton voile crochet, cotton wadding, cotton voile, cotton canvas, jute fabric, cotton voile little knots, wood, plywood, water filter, soil, sand, instruments, ceramic vases, plants, photograph, Huni Kuin drawing, weavings, and chants, Una Isi Kayawa books, fabric book dimensions variable, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Andrea Avezzù, Courtesy: La Biennale di Venezia
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Maha Malluh, Food for Thought “Amma Baad”, 2016, audio tapes, thirty wood bread baking trays, 272.5 x 636 x 8.5 cm, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia
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MEXICO, The life in the folds, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia
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VIVA ARTE VIVA_Macel & Baratta, Photo Andrea Avezzu’, Courtesy La Biennale di Venezia
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CHINA (People’s Republic of), Continuum-Generation by Generation, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by:Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia
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ITALIA, Il mondo magico, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia
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ITALIA, Il mondo magico, 57th International Art Exhibition – La Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, Photo by: Italo Rondinella, Courtesy: La Biennale di Venezia
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