ANTONIO MENON | INTERVISTA KRITIKA

0 Posted by - July 7, 2017 - Approfondimenti, Interviste

Quando acquisisco un’opera non penso mai che sia “mia”: mi sento come una sorta di conservatore dell’opera dell’artista

Questa dichiarazione del collezionista Antonio Menon è un po’ atipica, ma del resto è straordinaria -cioè, fuori dell’ordinario- la mostra di una collezione privata -la sua- che, pur nella sua “mole”, è distante e distinta dalle raccolte dei collezionisti potenti che nel bene e nel male dettano le regole del mercato in combinato disposto con gli altri operatori del settore: gallerie, aste, stampa specializzata (notare che escludo dal gruppo i critici: come disse Jerry Saltz, noi non contiamo un cazzo. Non disse proprio proprio così ma il senso della sua dichiarazione era questo).

Non è infrequente che una collezione d’arte privata trovi degna collocazione, temporanea o permanente, in uno spazio espositivo istituzionale; lo è invece quando la suddetta è una collezione che deve fare i conti con una “concorrenza” fatta di milionate di euro e pezzi, più che da novanta, direi à la page

Un Pistoletto qualsiasi son capaci tutti di comprarlo, no? e del resto per mostrare i muscoletti al campionato di Formula 1 dell’arte non occorre uscire dai confini patrii, anche se rispetto alle raccolte d’oltre Manica e al di là dell’Atlantico qui siamo al campionato di Formula 4.

Ma l’ “originalità” dell’approccio di Antonio Menon, che si rivolge sia ai grandi (Busci, Papetti, Frangi, Guida, Petrus, Pignatelli, Serafini) che ai “giovani” (Bisandola, Gasparro, Giurato, L’Altrella, Padovani, Sorgato, Robboni et alia), sta anche in questa sua attitudine a non volersi né dichiarare né sentire come il proprietario delle sue opere: un atteggiamento che a me ricorda molto quello del saggista Roland Barthes, il quale disse che lo scrittore, una volta che ha pubblicato, chessò, il suo romanzo, non può più a buon diritto considerarlo “suo” e soltanto suo.

Un atteggiamento raro nel mondo dei vanesii, che è quello degli scrittori e degli artisti. E dei collezionisti.

Di questo e molto altro parliamo con Antonio Menon, la cui collezione (solo una parte, peraltro) è visitabile fino al 2 settembre al Museo di Bassano del Grappa.
 
 
Caro Antonio, tu collezioni o acquisti?

Non lo so, di sicuro non acquisto, forse colleziono, anche se non mi sento a mio agio con questa definizione. Quando acquisisco un’opera sono molte le emozioni che provo. Quindi forse alla fine né acquisto e né colleziono, ma mi curo.

Solo pittura? Se sì, perché?

Sì lo ammetto: solo pittura. Non posso darti una risposta “tecnica”. Anche in questo caso è l’istinto che mi spinge solo verso la pittura; è una questione di emozioni, sensazioni, vibrazioni, ma soprattutto è quel “tonfo al cuore” che solo la pittura mi sa dare. Potrei rimanere ore davanti a una tela e poi, riguardandola il giorno dopo, scoprirla diversa e provare altre emozioni.

Nelle tue stanze delle meraviglie c’è posto anche per artisti non italiani?

Si, anche se prediligo gli italiani. Preferibilmente giovani e non affermati.

Ti capita di fermarti e guardare a lungo e in silenzio, da solo, qualcuna delle “tue” opere o preferisci che siano sempre in qualche modo “condivise”?

Credo che il “dialogo” con l’opera sia molto personale, se ti riferisci a questo. E’ difficile poter condividere le sensazioni che si provano, è una sorta di rituale quasi “religioso”, succede con gli artisti ed è bellissimo. E con qualche amico che condivide con me questa passione travolgente, ma è diverso. Questo è il rapporto “personale” che ho con l’opera e credo che sia comune a tutti quelli che si trovano di fronte ad un quadro. Quando acquisisco un’opera, invece, non penso mai che sia “mia”: mi sento come una sorta di conservatore dell’opera dell’artista. Pertanto non godo nel poterla osservare in solitudine, ma mi piace farlo come se fossi in una galleria o in una mostra, condividendo, in questo caso sì, la possibilità di godere delle opere con altri.

La tua collezione ti sopravvivrà: in un giorno che ci auguriamo tutti il più lontano possibile, pensi che sarà donata a un museo o il tuo lascito passerà a qualcuno dei tuoi cari che si occuperà di ampliarla?

Sai che mi imbarazza molto questa domanda! Non dovresti rivolgerla a me, ma ai grandi collezionisti che poi creano una fondazione. Comunque non ci ho pensato e non credo ci penserò, almeno ancora per tanto tempo. Quando penso al futuro legato a questa mia passione, l’unica considerazione che faccio è che sono fortunato perché so che potrò “curare” lo spirito con le sensazioni che mi daranno le opere che ho raccolto.

Come si può stabilire che cosa è buono o cattivo tra tutte le cose che vengono prodotte oggi?

Semplice. Ascolta il cuore. Lascia perdere la testa. Perché il buono deve essere buono per te, non necessariamente per gli altri.

Secondo te quanti pittori riescono a ottenere quello che vogliono?

Ti stupirà forse la mia risposta, ma credo molti. Mi capita molto spesso di parlare con loro e in pochi ho trovato quella che si può definire “ansia da risultato”. Certo, a tutti fa piacere trovare gratificazione, anche economica, in quello che esprimono, ma ciò che li anima è poter esprimere quello che provano, le loro emozioni, la loro sensibilità, quello in cui credono, la loro cultura che è quasi sempre molto accentuata, attraverso la loro arte. E quando il “sistema” impedisce loro di farlo, o cerca di condizionarli, ne fuggono.

Molte persone non “capiscono” l’arte contemporanea: disponibilità finanziaria a parte, secondo te l’arte dev’essere per tutti?

Se penso a quello che dà a me, allora la risposta non può essere che sì. Bisogna sfatare però un mito: l’arte contemporanea, e la pittura in particolar modo, è accessibile a tutti. Sai anche tu meglio di me che ci sono artisti bravissimi le cui opere costano meno di un cellulare. E’ purtroppo una questione di cultura, se si ha la fortuna di acquisire un’opera poi tutto viene da sé. E si capisce che i soldi spesi non sono buttati.

Ma secondo te perché un quadro costa tanto?

Se ti riferisci all’arte contemporanea la risposta che ti posso dare è perché l’artista, oltre ad essere bravo, ha attirato l’attenzione di chi vede in lui la possibilità di fare business. Ma non è un problema nostro. Queste cose le lasciamo a chi ha la possibilità e “investe”. Io preferisco con la stessa cifra acquisire dieci opere di dieci artisti diversi piuttosto che una di un solo artista.

Avremo modo di vedere la mostra “Paintings” in altri spazi espositivi in futuro?

Non lo so. Me lo auguro per gli artisti. Questa mostra è nata su invito del Museo Civico di Bassano del Grappa e in particolare su iniziativa della direttrice Chiara Casarin, una forte. E’ una bellissima esperienza di condivisione, c’è la possibilità di far vedere le opere di questi grandi pittori. E per me la sensazione più bella è stata la notte dell’inaugurazione, seduto in piazza a Bassano assieme agli artisti, a parlare di pittura. C’eri anche tu.
 
 
Paintings. Percorsi nella pittura contemporanea da una collezione privata
11.06 – 2.09.2017
Galleria Civica
Museo Civico
Piazza Garibaldi, 34
36061 – Bassano del Grappa
T 0424 519901 / 519904
museo@comune.bassano.vi.it

Artisti in mostra:
Giorgio Albertini, Paul Beel, Greta Bisandola, Danilo Buccella, Alessandro Busci, Saturno Buttò, Angelo Davoli, David De Biasio, Giovanni Frangi, Ettore Frani, Giovanni Gasparro, Alfio Giurato, Jonathan Guaitamacchi, Federico Guida, Maurizio L’Altrella, Magdalena Lamri, Andrea Martinelli, Matteo Massagrande, Harding Meyer, Tommaso Ottieri, Sergio Padovani, Alessandro Papetti, Marco Petrus, Luca Pignatelli, Alejandro Quincoces, Mauro Reggio, Filippo Robboni, Eric Serafini, Chiara Sorgato, Marco Tamburro, Walter Trecchi, Santiago Ydanez.

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