ANDREI MOLODKIN | TURM-OIL

0 Posted by - December 8, 2012 - Recensioni

L’avevamo visto a Milano presso Galleria Pack con le mostre Liquid black after liquid sky e Sincere e Nina Lumer.

Alla Biennale di Venezia di quattro anni fa catturò l’attenzione del pubblico internazionale con Le Rouge et Le Noir, Vittorie alate pervase di petrolio e sangue.

E dopo le mostre in location istituzionali e internazionali quali il Museo di Arte Moderna di Saint Etienne e lo Station Museum of Contemporary Art di Houston e il successo in Germania con la mostra Liquid Black al Museum Villa Stuck di Monaco, Andrei Molodkin ritorna a Milano, negli spazi della BY Gallery, dove ha realizzato opere che ci parlano della globalizzazione e delle sue crepe: tensioni economiche, politiche e culturali narrate con la stessa materia della questione.

La mostra, Turm-oil, è minimal ma decisa come uno schiaffo in piena faccia.

Su uno snello piedistallo bianco, un prisma a base rettangolare in resina trasparente racchiude l’esatta riproduzione di un cuore umano. All’interno delle concavità che riproducono in maniera anatomicamente impeccabile il muscolo cardiaco – completo di arterie, aorte e valvole -, la nitidezza della resina viene interrotta dalla presenza di un liquido oscuro. Non è sangue, è petrolio. Oro nero. Linfa vitale che scorre nelle arterie del globo terreste. Heart è uno dei primi lavori Andrei Molodkin e ne sintetizza manifestamente la ricerca, che muove dall’urgenza di veicolare, ad un pubblico sempre più vasto, un importante messaggio sociale. Perché l’operazione artistica può essere – ed è – strumento di tutti. Un idioma universale, capace di strattonare le coscienze, provocare reazioni e generare cambiamenti. Ma l’alta comunicabilità di un’opera d’arte comincia dalla scelta dei materiali e degli strumenti. Per questa ragione il petrolio diventa la chiave interpretativa per eccellenza: testa di ponte tra Oriente e Occidente, l’oro nero è ormai la vera divinità del globo. Livella le religioni.

Il percorso espositivo prosegue lungo un candido ed essenziale vano rettangolare che accoglie, fissate a parete, altre opere realizzate con lo stesso materiale. Questa volta, però, non si tratta di organi o muscoli, ma di parole. Esclamazioni, esortazioni, provocazioni. Fuck you apre la sequenza e a seguire un secondo blocco di resina, al cui interno sono state scavate le quattro lettere della speranza: Hope, si accompagna alla terza estensione della trinità laica, Fuck off.

In ognuno di questi lavori le lettere appaiono come cavità accuratamente sagomate, all’interno delle quali il petrolio greggio viene aspirato grazie all’utilizzo di pompe ad azionamento pneumatico. La pompa si comporta come un muscolo cardiaco: se il cuore pompa sangue, gli ingranaggi ad azionamento pneumatico di Molodkin pompano oro nero nelle arterie dell’opera. E la rendono viva.

Tutto il resto è nitore. Pareti bianche. Essenzialità. E al centro del vano, ancora due opere aspettano di interagire con il fruitore: a destra, sempre scavato in un blocco di resina, un cherubino pare essere uscito da una bottega del primo Quattrocento. E’naturalmente pieno di petrolio, come anche gli ideogrammi arabi scavati nel blocco adiacente, che si impongono come un grido: Allah Akbar.

Le due opere, poste su pallets di legno, non sono che l’emblema di uno spianamento delle due religioni antagoniste.

L’Occidente ha per secoli cercato di relegare l’Est sul palcoscenico di un orientalismo erudito, che è in realtà mero predominio intellettuale. Allo stesso modo, l’Oriente arabo-islamico ha lanciato un’importante sfida all’Occidente. Una sfida politica ed economica, insieme. Agita a suon di petrodollari.

Andrei Molodkin ha vissuto tutto questo in maniera piuttosto diretta negli anni in cui si è arruolato come soldato sovietico. Trascorreva intere giornate su treni che trasportavano cisterne di petrolio. Le sue riflessioni sulle perverse dinamiche dei rapporti tra Est ed Ovest – tra gli altri e noi –, sono state tradotte a biro su carta. Per disegnare, l’artista adoperava le stesse biro che soldati come lui ricevevano per scrivere alle proprie famiglie.

I suoi primi lavori erano tele di notevoli dimensioni, sulle quali giganteggiavano figure e parole interamente campite a biro. L’impatto visivo era impressionante. Poi scelse il sangue. E dal sangue passò al petrolio. E il petrolio – che riempie e sporca trasparenze –, è una metafora vincente. Rende inequivocabile il messaggio. Apre un discorso in cui tutti siamo coinvolti. Ci sporca e corrode. Fluisce, esattamente come il sangue. Ma pur somigliando alla vita, sembra minacciarne il collasso.

 

Andrei Molodkin. Turm-oil

BY Gallery
via Garofalo 31, Milano
www.bygallery.it
info@bygallery.it

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