ANDREA MASTROVITO | AT THE END OF THE LINE | GAMEC BERGAMO

0 Posted by - March 25, 2014 - Kritika segnala, Recensioni

Spazio, tempo, identità e memoria e altri mix di riferimenti poetici dai rimandi foscoliani, fino a Thomas Eliot, dai versi enigmatici, quanto le opere metafisiche di Giorgio de Chirico: queste e altre reminiscenze del passato in chiave contemporanea sono i presupposti della mostra personale di Andrea Mastrovito, classe 1978, bergamasco doc, ancorato alla cultura popolare, fedele al disegno, appassionato di cinema, musica, calcio, non disdegna la banalità del quotidiano perché può diventare fonte d’ispirazione e arte, quando si cristallizza in soluzioni formali fuori dal tempo; tutto dipende non da come la si rappresenta, ma da come  la si evoca.

Andrea Mastrovito vanta un curriculm invidiabile e ottime quotazioni nel circuito del mercato internazionale. Dopo numerose mostre in Italia e all’estero, torna a casa nella sua città, alla GameC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo con una mostra intitolata At the end of the line a cura di Sara Fumagalli e Stefano Raimondi, che comprende  tre grandi installazioni, realizzate appositamente per l’occasione. Mastrovito predilige la carta, anche ritagliata, che nell’epoca presa d’assalto dalla digitalizzazione  risulta desueta; è il materiale effimero per eccellenza, che per l’autore diventa laboratorio di progetti ambiziosi, fino a configurare ambienti, luoghi di meditazione. Sono noti i suoi quadri-scultura che compongono installazioni ambientali di forte impatto teatrale, cariche di suggestioni evocative, come quest’ultima pensata per la GameC,  poetica, che tocca temi  universali senza passatismi nostalgici come l’identità, la trascendenza, la caducità della vita, l’ambiente e la rinascita. Varcata la soglia dello Spazio Zero del museo, entrerete in una sorta di white room asettico dal pavimento interamente ricoperto da cento frottages a matita  di  tombe cercate  in cimiteri, musei e lapidari  italiani e americani. Queste lapidi dal medioevo ad oggi  raccontano metaforicamente la storia di un individuo che ha vissuto cent’anni e attraversato gli ultimi duemila  anni  della  storia dell’umanità,  facendo tesoro delle biografie  individuali di bambini mai nati, persone sconosciute la cui vita è durata soltanto pochi anni. Tra questi  non ci sono eroi, martiri o  condottieri, né personaggi dello spettacolo, del cinema o della  musica.

I cento frottages su carta sono ricoperti da un delicatissimo plexiglass trasparente, calpestabile dallo spettatore con  copri scarpe, rigorosamente bianche, simili a quelle che si indossano in alcuni reparti ospedalieri, dove l’uomo è  portatore di virus mortali. In quest’ambiente algido e abitato dal  silenzio gli attori sono simulacri di gente comune, mentre i giochi di luci al neon che si riflettono sul pavimento in plexiglass sembrano smaterializzare le lettere che compongono i nomi e le date di nascita e di morte delle epigrafi. Tra la vita e la morte c’è una linea impercettibile e qui la memoria delle persone vissute sembra dissolversi nel vuoto dal quale veniamo.

Sulla parete di sfondo, come nelle scenografie ancora disegnate a mano nel Teatro alla  Scala di Milano, catalizza l’attenzione un disegno che rappresenta un paesaggio bucolico, atmosfere del   pousseniano  Et in Arcadia  Ego: oltre cinquanta metri quadrati che ricoprono interamente la parete e le statue davanti ad essa. La matita, disegnando, ha cancellato la tridimensionalità delle sculture di foggia classicheggiante e non potrebbe essere altrimenti, per riportarle all’origine, proprio come il tempo che divora tutto. Un pezzo di carta contiene potenzialmente un mondo inesplorato, narrazioni possibili, immagini,  pensieri e riflessioni sui quali tempo dell’arte potrà raccontare vissuti come attitudine del fare.

Chiude il percorso espositivo della  mostra una struggente proiezione sulla parete ricoperta di foglia d’oro su cui viene proiettata una video animazione di una silhouette di un fragilissimo trapezista in bilico tra l’essere e il nulla.

Le opere ambientali di Mastrovito fanno da preludio alla  mostra collettiva dal titolo Il Classico nell’arte Modernità dellaMemoria dall’Arte Greca aBernini, Paolini e Pistoletto a cura di Giacinto di Pietrantonio, docente  all’Accademia di Brera a Milano, oltre che direttore della GameC, che  da anni concepisce mostre con l’obiettivo di far conoscere il patrimonio culturale della  storia dell’arte antica e moderna, annullando le barriere tra passato e futuro, mettendo a confronto opere  della vicina Accademia Carrara, ancora chiusa per restauri, con quelle di importanti artisti del presente, perché il classico è un linguaggio non soggetto a mode.

Andrea Mastrovito | At the end of the line GameC Bergamo

GameC –Galleria d’Arte Moderna di Bergamo
via San Tomaso 53, Bergamo
www.gamec.it

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