L’avevamo visto quest’estate al Museo Diocesano in dialogo coi Maestri, per una mostra che ci riservava un bocconcino di quello che avremmo visto in toto da Federico Rui in questo inizio d’autunno.
Andrea Mariconti torna alla grande, la sua ultimissima produzione è produzione d’arte doc.
Se nella basilica e nei chiostri di S. Eustorgio le opere del pictor optimus Mariconti interagivano non solo coi “gioielli di famiglia” ma anche con l’osservatore secondo una disposizione ragionata (e Kanon, titolo della mostra che in Greco significa “ordine”, “misura”, già ne anticipava il senso dell’ordinamento), ora nella galleria milanese di Federico Rui Andrea Mariconti presenta una grande novità: il colore, anche se nel suo caso la parola va usata con parsimonia.
Vero è che, se prima i suoi colori erano il bianco del cielo che si dipanava sulla tela come un lago di nebbia e il nero della terra che vibrava in superficie sotto forma di cretti e impasti materici, ora il suo film pittorico si arricchisce di un elemento visuale in più, che conferisce alle composizioni nella loro complessità un respiro di carattere letteralmente organico -cosa che d’altro canto è in linea con il retroterra estetico di Mariconti, basti pensare alla sua personale del 2011 allestita nella Sala del Consiglio dei Decurioni presso il Palazzo comunale di Cremona il cui titolo wertmülleriano era nientemeno che La natura organica della memoria genera l’opera.
Si diceva della novità. I materiali di origine naturale, cenere, cera, terra, olio combustibile esausto, che noi già conoscevamo bene come parte integrante dell’opera di Mariconti, si arricchiscono in questa occasione del rame, che il pittore tratta tramite un procedimento di ossidazione per mezzo del quale ottiene un “sospiro” di colore associabile al verde/celeste.
In questo senso, se da un lato le opere della nuova produzione di Andrea Mariconti ottengono un dinamismo che prima era in via di apparizione perché altre erano le funzionalità estetiche -si pensi alla sua personale Storia Naturale del 2012 ordinata presso la Fondazione BPL– e di cui in seguito avremmo invece avvertito i prodromi grazie all’uso del rame virato sull’arancio in occasione della sua personale nel 2013 sempre da Federico Rui Arte Contemporanea, dall’altro questo Mariconti 2015 ci presenta una serie di lavori improntati a una vera e propria organicità palpitante, nel senso che il rame ossidato, con l’andar del tempo, determina una brillantezza cangiante sulla superficie pittorica -soprattutto quando l’opera si trova esposta nel tempo in particolari condizioni ambientali.
Già nell’opera intitolata Keramos kalkos attualmente in mostra da Federico Rui il colore della cima montuosa è diverso da come era prima che l’opera venisse collocata a parete nello spazio espositivo. Insomma, la storia organica, da sempre terminus ad quem della ricerca di Mariconti, qui vibra, si sviluppa in un processo non predeterminabile.
Un appunto, last but not least: questa personale si intitola Keramos (κέραμος), che, sempre in Greco, significa “argilla”, “terra”.
C’è tutto Andrea Mariconti in questa mostra, per usare le sue stesse parole “ogni colore è dato esclusivamente dalla cromia naturale di ogni materia”.
Perché, come direbbe il filosofo di Treviri, qui si sale dalla terra al cielo.
Andrea Mariconti | Keramos
Federico Rui Arte Contemporanea
via Filippo Turati 38, Milano
federico@federicorui.com
www.federicorui.com
No comments