ALTARS OF MADNESS – CASINO LUXEMBOURG

0 Posted by - July 14, 2013 - Recensioni

Che rapporto c’è tra la musica death e black metal nata nell’ambito dell’underground americana  della seconda metà degli anni Ottanta e l’arte contemporanea? Quali  immaginari in bilico tra  simbolismo, surrealismo e compiacimento del disgusto e delirio visionario continua a produrre la cultura brutta sporca e cattiva relativa ai movimenti black? Queste e altre domande sono il perno della mostra Altars of Madness, titolo emblematico che prende il nome dal disco di debutto (1989) dei Morbid Angel, band della Florida osannata dai cultori di ogni età di un genere estremo che continua a mietere successo di critica e di pubblico.

Diciassette artisti internazionali, invitati dai curatori Damien Deroubaix e Jérôme Lefèvre con la collaborazione di Kevin Muhlen (dal 2009 direttore artistico del Casino di Luxembourg – Forum d’Art Contemporain, nonché chitarrista del gruppo Soleil-noir, profondo conoscitore del metal e della cultura underground), esplorano temi, ideologie, miti, culti e ossessioni.

Il Casino dalle austere sale ottocentesche per l’occasione si presenta come un palcoscenico del grottesco, dell’assurdo, della  trasgressione permeata nella cultura metal  di forte impatto scenografico con dipinti, disegni, installazioni, fotografie e video,trasformando un progetto – prima realizzato per la fanzine C. S. (Conservative Shithead) Journal – in una mostra da ascoltare oltre che da guardare.

E’inutile ricordare che alla base del metal estremo, all’origine le band sono composte per lo più da adolescenti , anticonformisti e più liberi di sperimentare nuove sonorità.

Per i fans della musica metal tutto ruota intorno a una frase del Paradiso Perduto (1667) di John Milton:

Better to reign in Hell than to serve in Heaven

frase che rappresenta una verità per i ribelli adolescenti contro ogni forma d’autorità, come del resto esprime la loro musica e l’immaginario che produce, qui ben documentato.

Il viaggio nell’oscuro mondo del metal, nell’abisso della ragione, ai confini dell’estremo, è suddiviso in tre sezioni: nella prima, denominata Lucid Fairytale, si analizza la dimensione politica, partendo dalle sottoculture punk degli anni Ottanta (anarchia, anticapitalismo, ribellione), rappresentata dalle opere di Mark Titchner, Damien Deroubaix, Juan Pablo Macias, Nicholas Bullen e Gee Vaucher, Larry Caroll, che invitano a riflessioni sull’antiestetica dell’arte contemporanea.

La seconda sezione, chiamata Death is Just the Beginning, ruota intorno al culto del memento mori e qui la morte diviene una metafora dell’erranza, della condizione umana: un presupposto tematico per esplorare dimensioni più introspettive, cariche di angosce, visioni ambigue ai limiti tra surrealtà e follia, come testimonia Cremaster 2 di Matthew Barney, in cui l’artista incarna il leggendario criminale Gary Gilmore. Di Steven Shearer, rappresentante del padiglione canadese nell’ultima Biennale di Venezia,  è imperdibile il poema murale, opera site-specific trascritta a caratteri monumentali sulle scale, da considerare quasi un manifesto che permette ai neofiti di scoprire la dimensione anche nichilista metal. Affascinante la serie di disegni a biro Band, che riprende una foto del gruppo Obituary e altre opere ispirate a gruppi estremi. Gregory Jacobsen con un organo sessuale femminile in via di decomposizione e una donna supina stuprata da una verga, contornata da esser immondi, nani e animali, ha suscitato polemiche dei soliti benpensanti e pare che queste opere non saranno mostrate ai bambini, anche se le scene sono risolte in chiave grottesca e naif. S’imprime nella memoria un ritratto di scimmia, forse decapitata, dalla pelliccia verde acido e un’espessione molto umana e sofferente, di Mael Nozahic. Gregory Cuquel conquista per sculture con elementi musicali, come i pedali per batteria adagiati su lastre di vetri rotti, queste e altre  istallazioni sono strettamente legate  con  il mondo musicale e cariche di citazioni che hanno incorporato i simboli metal anche attraverso strumenti, look, loghi e frasi idiomatiche diventate immagine.

La terza parte della mostra, intitolata Dark Matter Landsacape, è consacrata al black metal, dove la fascinazione per la violenza, il crimine e il macabro incarna una cultura che inneggia a culti satanici  e culmina con paesaggi apocalittici, immagini antireligiose o figure di condannati all’inferno. In questa sezione, tra Torbjorn Rodland, Banks Violette, Harmony Korine, Elodie Lesourd e Seldon Hunt, c’è un pittore e illustratore norvegese, Theodor Kittelsen (1857-1914), la cui opere sono state utilizzate da alcune band come Burzum e Satyricon  e la sua danza macabra come due  paesaggi neoromantici, d’ispirazione simbolista, configurano luoghi dell’oblio, solitari e rarefatti, ricoperti di neve dove tutto è calma ed eterna maledizione.

Altars of Madness

a cura di Damien Deroubaix, Jérôme Lefèvre, Kevin Muhlen

Casino Luxembourg Forum d’art contemporain
41, rue Notre-Dame L-2240, Luxembourg
www.casino-luxembourg.lu

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