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Marco Lomonaco
Alla M77 Gallery di Milano è stata da poco inaugurata la doppia personale UNO+UNO, con testi a catalogo di Michele Bonuomo, di Dimitri Agnello e Ieva Petersone: un dialogo incentrato sul colore e sulla sua assenza, che riflette, con metodi e risultati opposti, una comune indagine artistica sulla percezione dell’immagine.
Dimitri Agnello (Carrara, 1995, già finalista del Premio Cairo nel 2014), nonostante la giovane età presenta tracce di grande maturità, preparando un lavoro realizzato per l’occasione con la tecnica dell’olio su cotone. Il percorso prende inizio da un disegno a grafite di piccole dimensioni rappresentante un corridore a fine gara accasciato a terra, probabilmente sconfitto; si susseguono poi su “lenzuoli” di cotone immagini prese da vecchie riviste e archivi, scene dell’immaginario collettivo che qui assumono significati completamente nuovi. Agnello passa da immagini sacre a scene del quotidiano, muovendosi dalla crocifissione e dal rito eucaristico ad un coro di scolari o ad un atleta in trionfo. Il gioco di luce creato dall’olio su cotone fornisce un effetto vedo-non vedo quasi al limite dell’iconoclastia, l’immagine c’è ma non si vede chiaramente: si intuisce, al di là di ciò che viene banalmente visualizzato.
Anche Ieva Petersone – nata nel 1984 in Lettonia ma ormai italianizzata dai 10 anni trascorsi a Milano – crea un filone espositivo apposito per M77, denominato Allegoritmica. Con questa serie di grandi tele dipinte, Petersone prosegue la sua ricerca nell’ambito del design, lavorando sulla ripetizione di un singolo oggetto. La banale quotidianità di singole sedie e tavoli, va a formare nella ripetitività un unico soggetto che rimanda a concetti diversi da quello di partenza, rendendo il singolo straordinario se osservato nella sua collettività. Sedie verdi accostate che ricordano una foresta (Allegoritmica9), tavoli impilati gli uni sopra gli altri e rovesciati rimandano a delle ciminiere (Allegoritmica1), e ancora sedie pieghevoli rosse ammucchiate e capovolte ricordano il flusso sanguigno (Allegoritmica8); i significati individuabili nelle composizioni sono, come dalla stessa artista confermatoci, estremamente vari.
Nella mostra troviamo quindi il tentativo di “sfidare” l’osservatore con lo sguardo: che, alle prese con la presenza-assenza dell’immagine, è influenzato dai rimandi che si nascondono dietro alla mera “rappresentazione” visiva. In una società come la nostra, fondata sul culto dell’immagine, la ricerca dei due artisti ci ricorda che il visibile non è mai scontato.
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