Il mito, l’inconscio, il disagio della malattia e il presagio della morte sono i temi esistenziali di Agostino Arrivabene (1967), maestro del colore, cultore del disegno, colto e sperimentatore d’immagini. Agostino Arrivabene sembra dare corpo alla domanda senza risposta di William Shakespeare:
Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?
Sono note le sue opere ispirate alle Metamorfosi di Ovidio, presentate nel 2008 in una surreale esposizione a cura di Vittorio Sgarbi, rielaborate in una delirante e apocalittica versione carica di esoterismo e simbolismo per rappresentare le angosce del nostro tempo, come la paura dell’HIV e della morte.
Ora Arrivabene è di nuovo a Milano nella Galleria di Giovanni Bonelli con una mostra dall’enigmatico titolo Vesperbild (letteralmente: immagine del vespro, quindi punto di unione fra la morte e la resurrezione, icone di meditazione crepuscolare, trait d’union tra la notte e il giorno e viceversa) a cura di Pietro C. Marani, studioso di Leonardo e del Rinascimento. Le vesperbild di Arrivabene, che piacerebbero al pittore e regista inglese Peter Greenaway, sono materializzazioni visive di incubi sospesi tra vita e sogno, luce e ombra, mito e storia.
La sua personale si ispira alle sculture diffuse in Germania nel XIV secolo che rappresentano la Madonna con in grembo il corpo del Cristo morto. I volti e le figure dipinte dagli artisti tedeschi, inclusi i corpi della Pietà , sono particolarmente espressivi, anche deformi, come incarnazioni della sofferenza.
Arrivabene ruota intorno alla caducità della vita umana, alla fragilità di corpi malati di una malattia mortale, la vita. Le sue inquietanti apparizioni dell’ignoto sorprendono per virtuosismo tecnico e inquietano per immagini che s’ispirano al mondo antico, analizzato senza nostalgia, come nel trittico Monatto dai muti campanelli (2014) – ispirato a Ciparisso, un personaggio ovidiano -, in cui l’artista dipinge un appestato che si trasforma in un’indefinibile creatura vegetale.
Come nel suo omologo mitico, il monatto piange senza pace, restando muto. Intorno due prefiche ispirate alle tavole anatomiche di Bernhard Siegfried Albinus, secondo e terzo elemento del trittico.
Oli su tela e su tavola, realizzati con pigmenti macinati secondo ricette classiche, che prevedono anche l’uso di foglia d’oro per impreziosire le opere e la punta d’argento per farle vibrare di luce, sono la cifra distintiva di Agostino Arrivabene, capace di unire pittura e scultura, con perizia da orafo, alla Bevenuto Cellini, anche nella rivisitazione dell’icona dei Diòscuri, in cui l’artista innesta nuovi e mostruose figure con le teste cinte da strane corone ossee tratte dal mondo iconografico di Ernst Haeckel. Pittura e scultura dialogano anche nelle microsculture realizzate in materiali preziosi, prototipi per gemelli da polso per valchirie e dandy del nostro tempo, create dal gioielliere Mirco Baroso invitato da Arrivabene a trasformare in gioielli le sue visioni.
Agostino Arrivabene | Vesperbild
Galleria Giovanni Bonelli
via Porro Lambertenghi 6, Milano
info@galleriagiovannibonelli.it
www.galleriagiovannibonelli.it
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