AGOSTINO ARRIVABENE | VESPERBILD

0 Posted by - June 3, 2014 - Recensioni

Il mito, l’inconscio, il disagio della malattia e il presagio della morte sono i temi esistenziali di Agostino  Arrivabene (1967), maestro del colore, cultore del disegno, colto e sperimentatore d’immagini. Agostino Arrivabene sembra dare corpo alla domanda  senza risposta di William Shakespeare:

Ma tu chi sei  che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più  segreti pensieri?

Sono  note le sue opere ispirate alle Metamorfosi di Ovidio, presentate nel 2008 in una surreale esposizione a cura di Vittorio Sgarbi, rielaborate in una delirante e apocalittica versione  carica di esoterismo e simbolismo per rappresentare  le angosce del nostro tempo, come  la paura dell’HIV e della morte.

Ora Arrivabene è di nuovo a Milano nella Galleria di Giovanni Bonelli con una mostra dall’enigmatico titolo Vesperbild (letteralmente: immagine del vespro, quindi punto di  unione fra la morte e la resurrezione,  icone di  meditazione crepuscolare, trait d’union tra la notte e il giorno e viceversa) a  cura di Pietro C. Marani, studioso di Leonardo e del Rinascimento. Le vesperbild di Arrivabene, che piacerebbero al pittore e regista inglese Peter Greenaway, sono  materializzazioni visive di incubi sospesi tra vita e sogno, luce e ombra, mito e  storia.

La sua personale si ispira alle sculture diffuse in Germania nel  XIV secolo che rappresentano la Madonna con in grembo il corpo  del Cristo morto. I volti e le figure dipinte dagli artisti tedeschi, inclusi i corpi della Pietà , sono  particolarmente espressivi,  anche  deformi, come incarnazioni  della  sofferenza.

Arrivabene ruota intorno alla caducità della vita umana, alla fragilità di corpi malati di una malattia mortale, la vita. Le sue inquietanti apparizioni dell’ignoto sorprendono per virtuosismo tecnico e inquietano per immagini che s’ispirano al mondo antico, analizzato senza nostalgia, come nel trittico Monatto dai  muti campanelli (2014) –  ispirato a Ciparisso, un personaggio ovidiano -, in cui l’artista dipinge un appestato che si trasforma in un’indefinibile creatura vegetale.

Come nel suo omologo mitico, il monatto piange senza pace, restando muto. Intorno due prefiche ispirate alle tavole anatomiche di Bernhard Siegfried Albinus, secondo e terzo elemento del trittico.

Oli su tela e  su tavola, realizzati con pigmenti macinati secondo ricette classiche, che prevedono anche l’uso di foglia d’oro per impreziosire le opere  e la punta d’argento per farle vibrare di luce, sono la cifra distintiva di Agostino Arrivabene, capace di unire pittura e scultura, con  perizia da  orafo, alla Bevenuto Cellini, anche nella rivisitazione  dell’icona dei Diòscuri, in cui l’artista innesta nuovi e mostruose figure con le teste cinte da strane corone ossee tratte dal mondo iconografico di Ernst Haeckel. Pittura  e scultura  dialogano anche nelle microsculture realizzate  in materiali preziosi, prototipi per gemelli da polso per valchirie  e dandy del nostro tempo, create dal gioielliere Mirco Baroso invitato da Arrivabene a trasformare in gioielli le sue visioni.

 

 
Agostino Arrivabene | Vesperbild

Galleria Giovanni Bonelli
via Porro Lambertenghi 6, Milano
info@galleriagiovannibonelli.it
www.galleriagiovannibonelli.it

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