Il Ventunesimo secolo nasce dal crollo del Muro di Berlino, dalla disgregazione degli ex- paesi sovietici e dall’attacco alle Torri Gemelle di New York. Il nuovo millennio si edifica sulla vulnerabilità e sulla precarietà, all’insegna del nomadismo transnazionale.
Adrian Paci (pronuncia: Pazi), nato a Scutari nel 1969, in Albania è un artista pluripremiato, che vanta esposizioni nei più importanti musei internazionali e dal 1997 ha scelto di vivere a Milano. L’artista vive sulla propria pelle la condizione dell’esule e lo sradicamento dalla madre terra (ma non è solo, perché, su questa terra, in transito lo siamo tutti). A Milano, al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, il 5 ottobre è stata inaugurata, in occasione della Nona Giornata del Contemporaneo, la mostra Vite in transito, presentata al Jeu de Paume di Parigi lo scorso febbraio, nella versione milanese curata da Alessandro Rabottini e Paola Nicolin e promossa da AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiana). La retrospettiva comprende un’ampia selezione delle opere realizzate da Adrian Paci dalla metà degli anni Novanta fino a The Column (2013), aprendo i battenti lo stesso giorno della vergogna, l’“olocausto” di naufraghi disperati, non di immigrati, bensì di individui alla ricerca della libertà.
La mostra è di scottante attualità e Adrian Paci dosa narrazione, rigore formale, riflessione sociale e poesia, puntando il dito sulla condizione di precarietà umana senza documentare la storia degli emigrati nello specifico. In Italia, Paci arriva in aereo con regolare visto sul passaporto per studiare arte, dopo aver vinto una borsa di studio indetta per un concorso di “Arte e liturgia” dall’Istituto Beato Angelico di Milano e fin dagli esordi si caratterizza su tematiche complesse: le trasformazioni umane e politiche in Europa post ’89, l’abbandono della propria terra, il lavoro, il moto di persone in divenire nello spazio e nel tempo alla ricerca di un “altrove” umano più che geografico, negli anni in cui il regista Gianni Amelio realizza il film Lamerica (1994), incentrato sul tema dell’immigrazione.
Al PAC il percorso espositivo inizia con acrilici su bobina (I Racconti di Canterbury, 2010) e continua con una serie di gouaches montate su tela Secondo Pasolini (2006), un omaggio al regista attraverso la trasposizione pittorica di alcune scene del film Decameron e un corpus di opere (disegni, dipinti, sculture, video e fotografie) che rispecchiano la sensibilità e la ricerca artistica di Paci , senza punti di riferimento fissi s con il transito come codice narrativo.
L’esposizione è itinerante: dopo la tappa milanese approderà al Musée d’Art Contemporain di Montreal, al Roda Sten Konsthall di Gotebourg e al Trondheim Kunstmuseum di Trondheim e ogni volta dovrà relazionarsi con spazi differenti presentando varianti nella scelta delle istallazioni e dell’allestimento. Le opere di Adrian Paci mantengono la loro attualità e nessuna è solamente autobiografica, anche se lui compare in prima persona in molti lavori, come per esempio nel video Piktori, in cui si reca nell’atelier di un pittore a chiederne il certificato di morte sviluppando così un monologo che tocca tematiche più ampie dell’arte e del suo rapporto con la vita. O nel video Vajtojca, in cui partecipa al proprio funerale, diventando poi il protagonista di The Encounter (2011), dove lo si vede stringere la mano alle persone. Paci, pur non perseguendo uno stile, ricerca una poetica che lega i lavori dall’interno e tra loro: una coerenza narrativa nella trasformazione e nella diversità.
Non si dimentichi il video Centro di Permanenza Temporanea (2007), ambientato nell’aeroporto di San Jose, California , in cui si vedono immigrati in attesa di essere rimpatriati accalcati su una scala di un aereo che non arriverà mai.
Ma il protagonista della mostra è il video The Column (2013), presentato in anteprima nel museo Jeu de Paume di Parigi, un film che documenta l’estrazione di un blocco di marmo da una cava cinese e la successiva lavorazione eseguita sulla nave-officina, in transito dalla Cina all’Europa, sulla quale si plasma una monumentale colonna classica che vedrete dal vero affiancata al video. In questo lavoro intenso, summa della poetica di Paci, si affrontano i temi dell’autenticità culturale, della circolazione delle idee e delle merci, della delocalizzazione del lavoro, fino a diventare metafora della vita, dell’esistenza come viaggio che ci trasforma. Al primo piano del PAC, Giovanni De Lazzari, che ha lavorato con Paci durante gli anni dell’Accademia di Belle Arti di Bergamo, ha pensato ad un allestimento originale per una selezione di materiali, per lo più inediti, che raccontano gli esordi di Paci, pittore di stati d’animo di vite erranti, con opere che al di là del mezzo scelto, emozionanti per l’analisi del presente, cruda e insieme poetica, alla ricerca di una identità.
Adrian Paci | Vite in transito
Pac Padiglione d’Arte Contemporanea
via Palestro 14, Milano
www.pacmilano.it
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